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Giovanni Catalano – L’amico di Wigner

Giovanni Catalano – L’amico di Wigner – ed. Lampi di Stampa  – 2011

“Allora resto a guardarti / come si guardano i cantieri. // Perché è nel sonno / che si costruiscono le case / i ricordi si fissano. // Noi no, se gli altri avranno / una distrazione, noi / dobbiamo sempre / dimostrare / di poter esser di più // di queste città distrutte / dal terremoto.” Il guardare, l’osservare, il registrare: un oggetto, una donna, persone e cose fuse nell’andare giornaliero, sono tra le componenti più importanti della poetica di Giovanni Catalano. In particolare lo sono di questo suo secondo libro “L’amico di Wigner”. Libro davvero riuscito, maturo (nonostante la giovane età dell’autore) e molto bello. La capacità di Catalano di osservare, descrivere, scene di vissuto urbano, è associata a quella di saper evocare situazioni immaginarie. Realtà e immaginazione vanno a braccetto, fuse – spesso – in maniera assai convincente. Così efficace da farci percepire da parte del poeta uno sforzo minimo, ovviamente non è così. “Si può dire: piove / anche prima della pioggia, / quando può piovere / da un momento all’altro.” Catalano cerca di comprendere anche ciò che non è  semplice, il non tangibile. Sa perfettamente che da un semplice gesto, accendere o spegnere la luce, bruciare un toast o fare una carezza, si può estrarre un “dietro” alla ragione. Un nascosto che sta alle spalle degli occhi. Ciò che è poi l’essenza. Il tutto non è altro che la somma di dettagli. Giovanni Catalano prova a non perderseli. “A Palermo non si vede il mare / che a tratti – c’è / qualcosa di sale / e di limone che brucia / qualcosa di veloce /  come un taglio.” Palermo, la Sicilia, Milano, il riflesso appena distante di New York e della poesia americana (Frank O ‘Hara ma non solo) sono i canali conduttori dei versi di Catalano. La scelta di alternare poesie brevi a testi più lunghi, sembra ragionata, sperimentale, ma anche esigenza di accompagnare l’idea un po’ più in là, come quando si portano i figli a scuola e sul portone li si tiene per mano ancora un attimo, per un’ultima parola o per fare una carezza. L’autore sa, però, che quando suona la campanella, il bambino deve essere in aula. L’ultimo verso è sempre l’ultimo, mai superfluo. “C’è un pensiero che viene / dietro come un cane // ma qui oggi c’è abbastanza di cui essere felici: / basta X per diventare Y. // Quello che non abbiamo / quello a cui rinunceremo / per ottenerlo. // Le scarpe nuove, / offrire un posto da sedere / oppure questo, l’undicesimo verso, / il dodicesimo adesso.” Si trova conforto leggendo questa raccolta, lo stesso che (forse) ha trovato Giovanni Catalano scrivendola e, poi, assemblandola. L’altra sensazione è quella che su questo libro si potrà tornare spesso, per leggere versi qua e là, o a rileggerlo tutto. Aspettando, ne siamo certi, altri libri di Giovanni Catalano, diversi da questo ma ugualmente belli. “Domenica è l’unico giorno / in cui dormo dieci ore / non undici o nove / dieci ore di fila. // Non è una scelta / o un bisogno, / non ha a che fare con la sete / o con il resto del sonno. // Non ha a che fare con l’amore / né tanto meno / con la luce del bagno.”

Gianni Montieri

4 risposte a “Giovanni Catalano – L’amico di Wigner”

  1. Questo libro mi è piaciuto molto, quindi non posso che essere d’accordo!
    Sopratutto qui: “Catalano cerca di comprendere anche ciò che non è semplice, il non tangibile. Sa perfettamente che da un semplice gesto, accendere o spegnere la luce, bruciare un toast o fare una carezza, si può estrarre un “dietro” alla ragione. Un nascosto che sta alle spalle degli occhi. Ciò che è poi l’essenza. Il tutto non è altro che la somma di dettagli.”
    A volte si resta sospesi in un’atmosfera indotta e risuonano alcune parole, brevi frasi, ma che riconducono al tutto. Bravo Giovanni e grazie Gianni.

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