John Ash (1948- ) è un poeta inglese, nato a Manchester. Quando poi si è trasferito in America è presto entrato in contatto con la scuola di New York (John Ashbery è quasi un suo omonimo). Hanno detto di lui: “John Ash could be the best English poet of his generation. Yet somehow it seems inappropriate to play the old ratings game with him. Ash lives as an expatriate in Istanbul, a vantage point from which the machinations of ‘po-biz’ must seem very far away. And that distance isn’t merely a geographical fact but a condition of his work (P. Campion)“.

Starting from Clouds
In what sense can be said to ‘gather’ –
isn’t it more a question of them advancing
over the landscape, ironing-out differences in the light?
They ought to resemble a very grandiose
kind of public building –
Piranesian, for example:
the Palais de Justice, Bruxelles.
*
A munitions factory in the rain
jets of steam rising from the steel plant
visible beyond the contaminated marsh
a din of sirens:
civilians are being evacuated –
say, 60,000 of them
in a calm orchestrated manner.
The sky is clear –
for the moment.
*
A landscape of broken dice, ice-floes…
The city is being carried away by its river.
From the tower of the Exhibition Centre
the coin-operated telescope
reveals a scene of square-jawed actors
conversing with exiled dictators.
Diamonds and blue-prints spill
from instrument cases: the whole
is subject to a rigid geometry.
*
The hospital for tropical diseases
is closed by strikes. A gull dips
at the splash of a gun dropped in the river.
*
The clouds mass into the fierce head
of a political theorist above the cold bay water
from the shape of their mouths
we know the drowned negroes have raised their voices.
*
The tourists are astonished to find themselves
standing on the open hand of liberty
as the rain slants in towards them
from the empty houses and the snarled highway,
the bridge that might as well be inverted
for the good it does: the irises
of their camera shutters
open.
*
from the classical
façade of the disused factory
issues a nauseating, sweetish
smell: the dead cannot be buried here
and a hedge of a barbed-wire surrounds them.
It is a place where once the taxi-driver
has dropped you
he will not wait.
A cominciare dalle Nuvole
In che senso si può dire che siano “in arrivo” –
non è più una questione che riguarda il loro passare
sulle pieghe del paesaggio, appianando le differenze nella luce?
Dovrebbero somigliare a una specie
di grandiosa costruzione pubblica –
piranesiana, per esempio:
il Palais de Justice, a Bruxelles.
*
Una fabbrica di munizioni nella pioggia
getti di vapore dall’acciaieria
visibili al di là della palude contaminata
un lungo fischio di sirene:
i civili saranno evacuati –
diciamo, 60.000 di loro
con calma, secondo un piano.
Il cielo è chiaro –
al momento.
*
Un paesaggio di dadi rotti, banchise…
La città verrà portata via dal suo fiume.
Dalla torre del Centro Esibizioni
il telescopio a gettoni
rivela una scena di attori dalla mascella quadrata
che conversano con i dittatori in esilio.
Diamanti e stampe blu fuoriescono
dalle custodie degli strumenti: il tutto
è soggetto a una rigida geometria.
*
L’ospedale per le malattie tropicali
è chiuso per sciopero. Un gabbiano vola
tra gli schizzi d’una pistola caduta nel fiume.
*
Le nuvole si ammassano nella testa feroce
d’un teorizzatore politico sull’acqua fredda della baia
dalla forma delle loro bocche
sappiamo che i negri annegati hanno alzato la voce.
*
I turisti si stupiscono nel ritrovarsi
in piedi sulla mano aperta della libertà
mentre la pioggia s’abbatte obliqua verso di loro
dalle case vuote e le autostrade prese d’assalto,
il ponte che potrebbe anche essere invertito
per il bene che fa: il diaframma
delle loro macchine fotografiche
si apre.
*
Dalla classica
facciata della fabbrica in disuso
viene un odore dolciastro,
nauseante: i morti non possono essere sepolti qui
e li circonda una siepe di filo spinato.
È un posto in cui il tassista
dopo averti fatto scendere
non aspetterà.
(Traduzione di Giovanni Catalano)
4 risposte a “John Ash – A cominciare dalle nuvole”
Ogni volta che piove o che nevica ci penso, sono quasi certa che non è reale, quella produzione industriale di nuvole fradice di polveri chimiche, che puzzano lontano più di un miglio e ci chiodano la testa con punture di nano fibre, cordoni di spie, ugelli non più uccelli che fischiano l’alba o il tramonto. Sì, ci pensavo leggendo questi testi, che tutto è anormale, artificiale, dannoso e sciupa, rovina quel poco che ancora si ostina a restare natura. Grazie,ferni
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Grazie a te, ferni… e si, questo non è il migliore dei mondi possibili… spero…
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le trovo bellissime, grazie
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stiamo perdendo piano piano questo mondo soffocato da tutto
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