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Una frase lunga un libro #20: Mirko Volpi, Oceano Padano

9788858120200

Una frase lunga un libro #20: Mirko Volpi, Oceano Padano, Editori Laterza, 2015. € 13,00, ebook € 7,99

[…] negli occhi ho sempre quel panorama, immobile, nitido – non succede niente, qualche uccello ogni tanto si intromette nello spazio visivo, un pesce di fosso si azzarda sul pelo dell’acqua. Ovunque vada, io rimango qua. La stasi è vita, spostarsi una sua ipercinetica contraffazione.

Ho avuto un collega. Uno fra molti, ora è in pensione. Mi raccontava spesso di non essere mai andato oltre il Po, all’inizio non capivo, poi ho cominciato ad ascoltarlo con più attenzione, che significa guardare negli occhi mentre si ascoltano le parole, e seguire poi lo sguardo, che andava oltre la finestra dell’ufficio, mentre mi diceva. I suoi fine settimana passati in barca, da solo, a pescare. La partenza da Milano prima dell’alba, la barca a Bereguardo. Il ponte della Becca. Il risotto alle rane. Silenzio e nebbia, le due parole più presenti in quei racconti. Ero da poco arrivato da Napoli e un po’ mi commuovevo, come ti commuovono le cose che non ti appartengono, commosso per mancanza e fascinazione. Ci volle molto poco tempo per capire che il suo non aver mai attraversato il Po non contemplava il razzismo, se non quello per il movimento e per il luogo altro, non si muoveva perché per la sua natura si era già mosso troppo per venire a vivere a Milano. Pesca ancora, ogni tanto lo sento. Leggendo Oceano Padano di Mirko Volpi ho pensato a lui e poi a una certa forma di nostalgia che mi prende rispetto a cose che non sono mie o che non dovrebbero essere mie.

La ricerca della bellezza

La frase che ho scelto sintetizza abbastanza bene, secondo me, lo spirito di questo bel libro di Volpi. L’Oceano Padano, il piano, lo spazio sconfinato e allo stesso tempo ben delineato, quello che finisce dove sono messi i confini, cade fino a dove l’occhio può arrivare. Volpi parte da un elogio del non movimento «Ovunque io vada, rimango qua», la vita vera è un luogo dove le cose non accadono e quando accadono sono sempre poche, le stesse da secoli. Pochi gesti, quasi nessuna parola. Ti muovi quando ti muovi ma ti concedi a brevi spostamenti, vai ma è un non viaggio, è un movimento che ha l’unica funzione di aprirsi al ritorno. Vivere nell’Oceano Padano è, per Volpi, la quadratura del cerchio riuscita dall’inizio. La bellezza, però. Esistono due tipi di bellezza riconducibili ai luoghi: quella oggettiva, quella facile, la bellezza inevitabile di Roma, Napoli, Parigi. Ne esiste poi un’altra,  quella che arriva dopo, quella più piena che giunge quando acquisiamo la consapevolezza del luogo, ne apprendiamo la storia, scopriamo come sono le persone, quali storie hanno da raccontare, che lingua parlano. Quando comprendiamo questa seconda bellezza potrà capitarci, come è capitato al sottoscritto, di viaggiare una sera di qualche anno fa, tra Lodi e Piacenza, e provare un’inaspettata commozione nel vedere il sole scendere, ebbene sì, tramontare dietro un centro commerciale, esattamente come il tramonto dietro a un Brico di cui scrive Volpi.

L’Oceano Padano ha un suo mood e Volpi lo racconta con una bellissima prosa, molta forza evocativa, con la libertà di chi vuol raccontare un mondo: il proprio. Prima ancora, però, del senso di appartenenza viene la capacità di osservare, di registrare ogni dettaglio, ecco perché noi della parte di Lombardia di cui leggiamo arriviamo quasi a sentire l’odore. I campi, le rogge, i canali, le cascine, le vacche, lo sterco, il concime, i trattori, il lavoro, gli arnesi. Lo sguardo più allenato non potrà andare mai oltre l’ultima cascina e da questa consapevolezza, da questa esattezza, ci dice l’autore, viene la forza di chi vive in questo Oceano, in questo piano dal quale quasi nessuno va via, e se lo fa, fosse anche per le vicine Milano (guardata con diffidenza) o Pavia (già troppo grande), lo fa con dolore, lo fa come se fosse una mancanza di rispetto, non per la tradizione, ma per l’origine.

Ma i recinti sono stati aperti: non divelti con la forza o abbattuti, nessuna violenza è stata perpetrata apertamente, nessun lanzichenecco è sceso nei borghi dispersi a razziarli. Il gancio arrugginito si è sbriciolato dopo le piogge ai nuovi soli e la porta non ha più tenuto, piano piano spalancandosi tra  sinistri e inascoltati cigolii. Qualche bestia è scappata, altre hanno proseguito a ruminare fieno scelto, qualcosa indugia sul limite. Ma dai tempi del boom, dell’obbligo scolastico fino alla quinta elementare, della messa in latino e dell’amore nei covili, sono invecchiati i traghettatori da un’epoca all’altra, gli uomini di confine cronologico che, come mai nessuno nella nostra storia minima, hanno visto tutto, e tutto cambiato, cambiando anche loro insensibilmente.

Il centro di tutto è Nosadello, il paese d’origine di Volpi, e poi Pandino poco più in là, e Gradella, e Lodi, e la Paullese, un vero State of mind. Le donne e gli uomini raccontati sono quelli della terra, delle poche parole, dei sentimenti non dichiarati, delle occhiate, del lavoro duro. Dei mille dialetti. Persone sconvolte da niente. Donne use al pettegolezzo, ai mestieri di casa, alla cucina, con la stessa dedizione. Uomini a bere al bar dopo il lavoro, due azioni collegate molto più di quanto possa apparire. La resistenza in quelle terre delle quattro stagioni, l’importanza dell’acqua e della merda. La vita, dunque. L’Oceano Padano è un luogo dove non si fanno carezze, sono sostituite da un commento sulla pioggia imminente e buonanotte, perché niente di più c’è da dire. Mirko Volpi ha scritto un libro affettuoso (e potrebbe non perdonarmi questa parola) e malinconico. Prima, però, della dolcezza e della, più rara, tristezza della malinconia, qui se ne certifica la necessità. Tutto avviene stando fermi, nel ripetersi delle sagre e nei riti come quello dell’uccisione del maiale, a novembre. Se qualcosa è cambiato è nel clima, la nebbia non è più quella di un tempo, nevica più raramente. Infine, partendo da un piccolo paese qui si scrive anche che dove esistono molte differenze balenano altrettante somiglianze. Non credo che sorprenderei molto l’autore che molti dei silenzi, dei rituali, dei gesti, che ha raccontato ricordano, non da troppo lontano, altri luoghi, altri uomini e altre donne a me molto cari. Volpi non ama muoversi, ma scrive e scrive bene, questo per chi legge è sempre una fortuna, proprio come quando si manifesta la prima pioggia dopo giorni d’afa, nell’Oceano Padano.

Ma l’incanto è breve cosa.

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©Gianni Montieri su Twitter @giannimontieri

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