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Speciale Premio Strega Poesia 2023: viaggio all’interno della cinquina (una rubrica a cura di Annachiara Atzei)

Roma, Curia Iulia, 26 ottobre 2022
PRESENTAZIONE PREMIO STREGA POESIA
©Riccardo Musacchio & Chiara Pasqualini /MIP

 

Il 2023 è l’anno della prima edizione del Premio Strega Poesia. Molto si è discusso – non senza accese polemiche – sull’autorevolezza di questo e di altri premi letterari e sul valore delle opere che vi partecipano. Queste polarizzazioni nulla aggiungono all’interpretazione collettiva di un testo o alla lettura critica di un percorso autoriale, ma qui vale un discorso a parte, proprio perché di poesia si tratta.
Seppure sembri che la diffusione del romanzo a oggi coincida con il perimetro dell’intero panorama letterario, lasciando a margine altri generi come il fumetto, la recensione, il teatro e molto spesso proprio la poesia – destinata a un mercato minuscolo e all’attenzione di pochi – invece, ogni diverso tipo di scrittura contribuisce prepotentemente a un’idea di letteratura che formi il pensiero. 

D’altra parte, col tempo la poesia si è ritagliata uno spazio di nicchia in cui è difficile entrare e dal quale – una volta che si è catturati – è altrettanto complicato liberarsi per il fascino e per quella capacità di cogliere l’essenziale che le è proprio. Chi familiarizza coi versi, infatti, raramente riesce a sottrarsi alla loro suggestione.
Ha senso chiedersi, allora, quale sia – o quale dovrebbe essere – il luogo della poesia: se quello dei premi, appunto, o quello della scuola – che si occupa più che altro dell’insegnamento degli autori classici – o ancora quello dell’Accademia, o – ciò che sarebbe auspicabile – quello delle case dei lettori che mostrano di essere sempre più attenti a questo piccolo pezzo di mondo. Purché sia autentica, ognuna di queste alternative è potenzialmente valida e dunque anche i premi, pur dibattuti, possono rivelarsi, insieme al resto, una via praticabile e di certo molto significativa per diffondere il genere. A monte resta, in ogni caso, un ulteriore interrogativo che ha a che fare con il vero senso dello scrivere: se fregiarsi del titolo di poeta (ammesso che esista), se la brama di un posto negli scaffali delle librerie, oppure se sia la ricerca dell’elogio di pochi a scapito, talvolta, della libera espressione artistica e della personalità dello scrittore. Più di un secolo fa, un grande nome della letteratura diceva la sua in merito: “C’è una sola via. – scriveva Rainer Maria Rilke a un giovane poeta nel 1903 – Penetrate in voi stesso. Ricercate la ragione che vi chiama a scrivere; esaminate s’essa estenda le sue radici nel più profondo luogo del vostro cuore (…). Questo anzitutto: domandatevi nell’ora più silenziosa della vostra notte: devo io scrivere?”. Ciascun autore, in cuor suo, darà la propria risposta.
Lasciando solo per il momento in sospeso il ragionamento per andare a curiosare tra le opere finaliste di questa prima edizione – due scritte da donne e tre scritte da uomini – si noterà che si tratta di raccolte pubblicate sia per le maggiori case editrici che per editori considerati a torto minori perché pur sempre molto noti nel panorama editoriale poetico, e che toccano i più diversi e riconoscibili stili di scrittura e tematiche. Si inizia con Vivian Lamarque e la sua apparente leggerezza in L’amore da vecchia (Mondadori), si continua con la scrittura misteriosa e incantatrice di Silvia Bre, che è in finale con Le campane (Einaudi), e poi ancora con Sotto falso nome (Pequod) di Stefano Simoncelli, che ha fatto di quest’opera un punto di contatto con gli affetti perduti. Segue Christian Sinicco – il più giovane tra i finalisti – con Ballate di Lagosta (Donzelli), che tenta di raccontare le vicende della piccola isola dell’Adriatico, e infine Umberto Fiori e il suo lavoro di ricerca dell’identità con Autoritratto automatico (Garzanti).

 

L’annuncio della cinquina durante il Salone del Libro ti Torno 2023 – ©Musacchio, Ianniello, Pasqualini & Fucilla

Le tappe del premio che hanno portato al vaglio di questi nomi sono state più di una. Nel mese di febbraio di quest’anno, 120 editori hanno presentato un titolo ciascuno del loro catalogo – pubblicato tra il mese di gennaio 2022 e febbraio 2023 – cui si sono aggiunti 15 ulteriori testi richiesti dal Comitato scientifico – che rimane in carica un anno – composto da Maria Grazia Calandrone, Andrea Cortellessa, Mario Desiati, Elisa Donzelli, Roberto Galaverni, Valerio Magrelli, Melania Mazzucco, Stefano Petrocchi, Laura Pugno, Antonio Riccardi, Enrico Testa e Gian Mario Villalta. A marzo, sono state scelte le 44 opere che hanno avuto accesso alla selezione della cinquina tra i 135 autori che hanno partecipato a questa prima edizione. A maggio poi, in occasione del Salone Internazionale del Libro di Torino, è stata annunciata la cinquina finalista.
Senza entrare nel merito del calibro di ciascuno dei testi in gara, che il lettore amerà o detesterà a piacimento, fuori dai codici e dalle convenzioni, da etichette o caste, non può negarsi che lo spazio dedicato dallo Strega alla poesia promette di catalizzare l’attenzione di appassionati e non su quest’arte. E, critiche a parte, di diventare un luogo di rilievo della scrittura in versi così come lo è già per la prosa.
Ma, a voler tornare sulla riflessione interrotta in precedenza, e cioè al tentativo di individuare una posizione della poesia, provando a superare incasellamenti e giudizi che riguardano talvolta anche il significato di “emozione” e “comunicazione” – come fa notare Gian Mario Villalta nel saggio La poesia, ancora? – immaginare la poesia stessa come lente di ingrandimento sulle cose o come luogo, appunto, in cui qualcosa viene a nascere capovolge il punto di vista e fa venir meno condizionamenti e tendenze letterarie di sorta.
Non c’è inizio – e questa è la forza di ogni punto di partenza – dal quale non scaturisca un ricordo o una impressione, un giudizio critico o un insegnamento, che non sia anche orizzonte o rivoluzionario passaggio. Forse è proprio così che dovremmo concepire un testo poetico: come soglia o, meglio ancora, come membrana permeabile in cui il possibile e l’impossibile si incrociano e si insinuano, mescolandosi continuamente.
Non si pensi, allora, alla poesia né come materia che debba trovare una collocazione (probabilmente il suo posto l’ha già trovato), né come limite invalicabile, ma piuttosto come centro di gravità che contemporaneamente attira verso il suo nucleo o proietta verso un oltre non misurabile.
Nessuno è il detentore della chiave d’accesso a questo spazio – che resta aperto e libero – ma ognuno può contribuire a renderlo più vasto, profondo e multiforme, compreso il lettore. “Sempre un poeta offre al suo lettore/ una magica lente che ingrandisce/ ciò che l’occhio è abituato a guardare./ Non è solo una lente: l’invisibile/ è oltre quel portale”, scriveva Maria Luisa Spaziani. Ed è davvero così.

***

In attesa che l’ampia giuria composta da personalità di spicco della cultura determini l’opera vincitrice il prossimo 5 ottobre 2023, Poetarum Silva dedicherà uno spazio speciale all’evento, con un focus su ciascuno dei testi candidati, volto ad accompagnare le lettrici e i lettori verso la premiazione finale.

Di seguito, le date di uscita dei nostri approfondimenti:

l’8 settembre parleremo di L’amore da vecchia, di Vivian Lamarque;

l’11 settembre sarà la volta di Sotto falso nome, di Stefano Simoncelli;

il 18 settembre ci occuperemo di Ballate di Lagosta, di Christian Sinicco;

il 25 settembre sarà il turno di Le campane, di Silvia Bre;

il 29 settembre, infine, chiuderemo con Autoritratto automatico, di Umberto Fiori.

 

Il viaggio comincia, seguiteci.

 

 

Una rubrica a cura di Annachiara Atzei



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