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Il demone dell’analogia #59: Settembre

«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano».
Mario Praz

Collage digitale by Dina Carruozzo Nazzaro

LA LUNA DI SETTEMBRE

La luna di settembre su la buia
valle addormenta ai contadini il canto.
Una cadenza insiste: quasi lento
respiro di animale, nel silenzio,
salpa la valle se la luna sale.
Altro respira qui, dolce animale
anch’egli silenzioso. Ma un tumulto
di vita in me ripete antica vita.
Più vivo di così non sarò mai.

da Poesie di Sandro Penna

 

PRIMI DI SETTEMBRE

Si è fatto raro
e incerto, il canto
assordante delle cicale,
canto cupo
e ossessivo dell’estate
che di veleni ci cerchia
e ci minaccia,
e più non si prolunga
nella notte, oscurando
ogni voce e fremito
che da sotto la terra
sale o trema
e vibra tra le foglie,
adesso è la musica tenue
dei grilli, musica

che i bei campi d’erba spagna
ancora azzurri per la morbida
luna che li inonda,
percorre e illumina
e almeno un poco
ci consola
ma presto arriva il gelo
che quella voce stronca,
tacciono i grilli nelle oscure
tane sprofondati,
si fa muta la terra
in questa lunga attesa
del risveglio

da Campi d’ostinato amore di Umberto Piersanti

 

I PASTORI

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.

Ah perché non son io cò miei pastori?

da Alcyone di Gabriele D’Annunzio

Una replica a “Il demone dell’analogia #59: Settembre”

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