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Robert Frost: la natura e il tormento (a cura di Giulia Bocchio)

Robert Frost, uno dei maggiori (se non ‘il’ maggiore) poeta americano del Novecento è il solo, nel suo genere, a essere stato insignito per quattro volte del premio Pulitzer, ma non sono i premi che contano, in questo caso. Un premio non racconta necessariamente chi è uno scrittore o una scrittrice, nel migliore dei casi un premio racconta un culmine, una vetta, un lampo.
L’identità vera di un’anima d’artista sta nel mezzo, nella foschia.
E Robert Frost nella foschia esistenziale e poetica ha costruito mappe e sentieri. Principalmente per perdersi. E fra le intricate radici della sua esistenza, tante le lapidi lasciate indietro, le malattie psichiatriche, la depressione, la finitudine dei corpi amati. Sopravvivere a chi ami è una muta dolorosa, un cambiamento di pelle che fa di te un albero scorticato.
Sconquassato dal dolore e dal tormento, ecco la natura, così simile alla vita, all’eterno ritorno: spietata e neutrale, irresistibile magnificenza che non smette di né di stupire né di distruggere.
Frost, nella sua campagna del New Hampshire, farà della sacralità metafisica e del mistero un manifesto trasparente, fotosintesi ideale dell’esistenza.
La natura è la poesia di Robert Frost, c’è nei suoi versi il verso spiazzante dell’ancestrale, fra delicatezza e devastazione. E spesso, somigliare a tutto questo, non è più una scelta, ma una condizione, come un ramo che si spezza sotto il peso della neve, come l’eclissi che ricorda il sangue o un nido caldo di piume, distrutto dalla tempesta.
Vasta e imprendibile: così la sua produzione (se di Frost o se della natura stessa, è una lettura individuale).
Componimenti che permettono di percepire il clima di una stagione, il profumo di un pino, la mollezza delle cose: tutti i sensi sono coinvolti, riuniti in un sabba discreto e malinconico: non si piangono lacrime, si piange rugiada, perché “la felicità rende in altezza ciò che le manca in lunghezza”.

A cura di Giulia Bocchio


Le poesie che proponiamo di seguito appartengono a quella straordinaria raccolta che è ‘Fuoco e ghiaccio’: una vasta scelta di poesie, tratte dalla produzione intera di Frost, edita da Adelphi e curata da Ottavio Fatica, con la traduzione di Silvia Bre.

 

DEPOSTI

La pioggia al vento disse:
“Tu spingi e io picchio”.
Tanto l’aiola afflissero
che i fiori s’inginocchiarono,
deposti – ma non morti.
So come I fiori si sentivano.

 

LIBERI DI PENSARLA A MODO LORO

La pena avrà creduto fosse pena.
L’ansia avrà creduto fosse ansia.
Liberi di pensarla a modo loro,
la coppia che si dava tante arie.

No, ci volle tutta la neve appesa al tetto
basso sopra il suo letto, e questo
fin da quando era un ragazzetto,
per indurre l’unica l’unica neve sulla sua testa.

Ma ogni volta che il tetto si imbiancava
la testa nel buio sottostante era
sempre meno colore della notte
e sempre più colore della neve.

La pena avrà creduto fosse pena.
L’ansia avrà creduto fosse ansia.
Ma nessuno dei due aveva rubato
il colore corvino dei capelli.

 

FUOCO E GHIACCIO

C’è chi dice che il mondo finirà col fuoco
e chi col ghiaccio.
Per ciò che ho assaporato io del desiderio
sto con chi tiene per il fuoco.
Ma dovesse perire per due volte
so di saper dell’odio a sufficienza
da dire che a distruggere
anche il ghiaccio va bene
e basterebbe.

 

MODULI VOCALI

Certe cose non sono mai chiare.
Ma il tempo è chiaro stanotte
grazie alla schiarita di un piovasco
Le montagne si fanno più vicine,
ogni stella si fa più brillante.
La tua vecchia vena dolce-cinica
interverrebbe proprio come te:
“E non diciamo che non è chiaro niente”

 

IL DONO TOTALE

Era nostra prima che fossimo suoi.
Era la nostra terra più di cent’anni
prima che fossimo il suo popolo. Era nostra
in Massachusetts, in Virginia, ma noi
eravamo d’Inghilterra, coloni ancora,
padroni di ciò che non ci possedeva
ancora, posseduti da ciò che non
possedevamo più. E deboli, per qualcosa
che negavamo: negavamo
noi stessi a quella terra che ci dava la vita.
Finché trovammo salvezza nella resa.
Come eravamo ci donammo interi
(l’atto del dono molti atti di guerra)
alla terra che a ovest s’inverava in forma vaga
ma ancora senza storia, né arte, bruta,
a lei come era e poi sarebbe divenuta.


 

2 risposte a “Robert Frost: la natura e il tormento (a cura di Giulia Bocchio)”

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