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Il demone dell’analogia #35: Padre e Figlia

«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano». Mario Praz

Collage digitale di Dina Carruozzo Nazzaro (foto NASA + 🖼 Margarita Sikorskaia)
Il demone dell’analogia #35: Padre e Figlia

 

MERLETTO

Babbo c’è un assassino
non lo fare bussare
Babbo c’è un indovino
non lo fare parlare […]
E c’è un forte rumore di niente.

Francesco de Gregori

 

«Aspetto papà» ha detto. Aveva
quattro anni, due di chemioterapia.
Papà, due di immotivati sensi di colpa.
Era mia sorella. Se n’è andata tra le lenzuola
del merletto di pizzo di mamma, che ha scelto
la morte per aprire il corredo avuto in dote.

«Non è stata la malattia a portarsela via»,
dice papà. «Non ho saputo proteggerla».
Papà si crede Dio, che di vita e morte decide.

da Sangue corrotto di Felicia Buonomo

 

Is thy face like thy mother’s, my fair child!
ADA! Sole daughter of my house and heart?
When last I saw thy young blue eyes they smiled,
and when we parted, – not as now we part,
but with a hope.

Simile il tuo volto è a quello di tua madre, mia bella bambina,
Ada, unica figlia della mia casa e del mio cuore?
Sorridevano i tuoi giovani occhi azzurri quando per l’ultima volta li vidi,
e poi ci separammo, – non come ora,
ma con speranza.

da Il pellegrinaggio del giovane Aroldo di George G. Byron
(trad. di Serena Baiesi)

 

RITRATTO DELLA MIA BAMBINA

La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi color del cielo
e dell’estiva vesticciola: «Babbo
– mi disse – voglio uscire oggi con te».
Ed io pensavo: Di tante parvenze
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.

da Il canzoniere di Umberto Saba

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