«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano.»
Mario Praz

Telefono
TELEFONO
Sei tu, sei tu, sei tu. Mentre ti parlo,
mentre t’ascolto, immobile, mi pare
che la tua voce seguiti a vibrare
in questo orecchio mio per lacerarlo.
Sei tu, sei tu. La tua voce mi giunge
da una profondità d’anima oscura.
Io ti rispondo, amica, ma ho paura,
ché vicina mi sei tu che sei lunge.
Ho paura di te, di questo ordigno
che al povero cuor mio che più non sogna
dona la voce tua, la tua menzogna
come per uno spirito maligno.
Che vuoi da me? Che mi domandi ancora?
L’ultimo sogno cadde come un frutto.
Io nulla vedo, nulla voglio, tutto
ciò che fu mio lasciò la mia dimora.
E mi par quasi che fra tanto fasto
d’illusioni solo questo ordigno
fedele al muro, come un vecchio scrigno
pieno d’accenti tuoi, mi sia rimasto.
Tu parli e io vedo il tuo bianco profilo
un po’ chinato sopra l’apparecchio
mentre raccogli nell’intento orecchio,
più che il mio dire incerto, il mio respiro:
tu parli e io non t’ascolto: non t’ascolto
perché ti vedo: vedo d’improvviso
una lieve penombra di sorriso
ch’erra nel volto tuo, chino e raccolto…
Ah ridi ridi ridi tu che sei
bella e ami solo la tua gioventù.
Io? Ti rispondo, ma non sono più
che due numeri: 10-36.
da Poesie scritte col lapis di Marino Moretti
Telefono (s.m.): Infernale invenzione che elimina purtroppo parte dei vantaggi inerenti alla saggia abitudine di tenere a distanza le persone sgradevoli.
da Dizionario del diavolo di Ambrose Bierce
EL POETA HABLA POR TELEFONO CON EL AMOR
Tu voz regó la duna de mi pecho
en la dulce cabina de madera.
Por el sur de mis pies fue primavera
y al norte de mi frente flor de helecho.
Pino de luz por el espacio estrecho
cantó sin alborada y sementera
y mi llanto prendió por vez primera
coronas de esperanza por el techo.
Dulce y lejana voz por mí vertida.
Dulce y lejana voz por mí gustada.
Lejana y dulce voz amortecida.
Lejana como oscura corza herida
Dulce como un sollozo en la nevada.
¡Lejana y dulce en tuétano metida!
IL POETA PARLA AL TELEFONO CON IL SUO AMORE
La duna del mio petto nella dolce
cabina in legno la tua voce intrise,
e al sud dei piedi primavera irrise
e al nord della mia fronte fior di felce.
Cantò un pino di luce in quel rettangolo
senz’opera di seme né d’aurora,
e il mio pianto intessé una corona
di speranze, la prima, verso l’alto.
Dolce e lontana voce per me effusa.
Voce dolce e lontana alla mia sete.
Lontana e dolce voce che si smorza.
Lontana come oscura cerva in fuga.
Dolce come un singhiozzo tra la neve.
Lontana, dolce e infitta nelle ossa.
da Sonetti dell’amore oscuro di Federico Garcìa Lorca (traduzione di Mario Socrate)