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Il Simurg (Jorge Luis Borges)

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Jorge Luis Borges, Manuale di zoologia fantastica (trad. di F. Lucentini), Einaudi, 1962

Il 24 agosto ricorre la nascita di Jorge Luis Borges (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986), uno dei più importanti scrittori, poeti e saggisti del XX secolo. Passando per letterature e mitologie, affascinato dalle strane entità sognate dagli uomini e tramandate dalla letteratura antica e moderna, Borges affida al suo Libro degli esseri immaginari una delle sue più appassionate ricerche che hanno per tema l’immaginario e il fantastico. Inizialmente pubblicato con il titolo Manual de zoología fantástica, scritto in collaborazione con Margarita Guerrero, il libro fu pubblicato in Italia nel 1962 nella traduzione di Franco Lucentini (Manuale di zoologia fantastica) da Einaudi. L’opera fu poi ripresa e integrata da Borges, sempre con la collaborazione della Guerrero, nel 1967 e nel 1969 e ripubblicato con il titolo definitivo El libro de los seres imaginarios la cui versione italiana è apparsa per Adelphi nel 2006 (Il libro degli esseri immaginari, a cura di Tommaso Scarano con traduzione di Ilide Carmignani).

Esseri immaginari
Jorge Luis Borges, Il libro degli esseri immaginari (a cura di T. Scarano, trad. di I. Carmignani), Adelphi, 2006

Nell’inconfondibile fusione tipicamente borgesiana del saggio e del racconto, Il Simurg, che parla del noto uccello della mitologia persiana – presente già nella versione originaria del Manuale di zoologia fantastica e che qui si propone nella versione adelphiana – fra le varie fonti cita il noto poema allegorico Il verbo degli uccelli (o Dialogo degli uccelli) di Farīd ad-Dīn ʿAṭṭār, mistico e poeta nato, come Khayyam, a Nīshāpūr. Borges, ci ricordano i curatori, conosceva la versione inglese del poema, tradotto da Edward FitzGerald. Il poeta inglese, appassionato di lingua e letteratura persiana, è soprattutto noto per aver tradotto e fatto conoscere in terra anglosassone le quartine di Khayyam (1859). In Italia il poema sapienziale di Farīd ad-Dīn ʿAṭṭār è stato pubblicato con la curatela di Carlo Saccone (Il verbo degli uccelli, Milano, SE, 1987, 1999).

@davidezizza

 

 

Il Simurg

Il Simurg è un uccello immortale che fa il nido tra i rami dell’Albero della Scienza; Burton lo compara all’aquila scandinava che, secondo l’Edda minore, conosce molte cose e fa il nido tra i rami dell’Albero Cosmico, chiamato Yggdrasill.
Il Thalaba (1801) di Southey e La tentazione di sant’Antonio (1874) di Flaubert parlano del Simorg-anka; Flaubert lo riduce a servo della regina Belkis e lo descrive come un uccello dal piumaggio aranciato e metallico, con una piccola testa umana, quattro ali, artigli d’avvoltoio e un’immensa coda di pavone.
Nelle fonti originali il Simurg è il più importante. Firdusi, nel Libro dei re, che raccoglie e mette in versi antiche leggende iraniane, ne fa il padre adottivo di Zal, padre dell’eroe del poema. Nel Duecento, Farid al-Din Attar, nella sua opera Mantiq al-Tayr (Dialogo degli uccelli), lo innalza a simbolo o immagine della divinità; la trama di questa allegoria, composta da circa quattromilacinquecento distici, è curiosa. Il lontano re degli Uccelli, il Simurg, lascia cadere in mezzo alla Cina una splendida piuma; gli uccelli, stanchi del loro stato di anarchia, decidono di cercarlo. Sanno che il nome del re vuol dire «trenta uccelli»; sanno che il suo castello è nel Kaf, la montagna o cordigliera circolare che cinge la terra. All’inizio, alcuni si scoraggiano: l’usignolo adduce il suo amore per la rosa; il pappagallo, la bellezza che è la ragione per cui vive in gabbia; la pernice non può fare a meno delle colline, né l’airone delle paludi, né il gufo delle rovine. Alla fine, però, partono per la disperata avventura. Superano sette valli o sette mari; il nome del penultimo è Vertigine, l’ultimo si chiama Annichilimento. Molti pellegrini disertano; altri muoiono nella traversata. Trenta, purificati dalle loro fatiche, raggiungono la montagna del Simurg. Finalmente lo contemplano: si accorgono che sono loro il Simurg e che il Simurg è ciascuno di loro e tutti loro.
Il cosmografo al-Qazwini, nelle sue Meraviglie del creato, afferma che il Simorg-anka vive millesettecento anni e che il padre, quando il figlio è cresciuto, accende una pira e si brucia. Questo, osserva Lane, ricorda la leggenda della fenice.

Jorge Luis Borges


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