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10 frasi su C. Simic e J. Cornell

di Luciano Mazziotta

Su Il cacciatore di immagini. L’arte di Joseph Cornell di Charles Simic (Adelphi 1992; trad. di A. Cattaneo)

simic

I.
A Venezia, al Palazzo Vernier dei Leoni, leggevamo cos’è che Peggy scriveva di Pegeen Guggenheim, la figlia morta suicida nel ’67: “Per me era come una madre, un’amante”. Mai che scrivesse MIA FIGLIA. Pegeen dipinge donne al servizio, tristi bambine, lacrime agli occhi, cromature arancioni. Vuole essere figlia. Poi recide la vita. Interrompe volontariamente il rapporto. Anch’io mi sarei suicidato al suo posto. Pensa che allora ho letto sul pacco di Winston, anziché il fumo uccide, il fumo suicida. Ma non era possibile. Il pacco non ha a che fare col sé. Trovammo le Boxes di Cornell, nel percorso, in una sala diversa, un po’ prima. Il cacciatore di immagini, invece, di Simic era a casa, riposto a scaffale.

II.
Il titolo originale è Dime-Store Alchemy. Qualcosa come Alchimia spicciola. Dunque perché Il cacciatore di immagini? Chi è il cacciatore? O è Simic o è Cornell. Dime-Store Alchemy è che si addice ad entrambi. Il cacciatore di immagini, invece, non so. Non tutte le immagini sono alchimia. Non sono spicciole sempre. Dunque perché Il cacciatore di immagini? Non conosco l’inglese. Non capisco. Ci penso. Mi arrendo. Non ci penso più.

III.
Simic sogna. Intravede Cornell per caso a New York. Nel sogno le cose sono mute. Non si rivolgono la parola. Non si rivolgono lo sguardo. Del resto Cornell è così: chiuso, introverso, riservato. “Non avrei voluto essere così riservato”, confida alla sorella il 20 dicembre del ’72. Poi muore. È il commento definitivo. L’ultima scatola da sigillare.

IV.
È un sogno di terzo grado. Come una volta un mio sogno che interpreto il sogno di un altro. Lui a tavola a cena, più in là un bambino che piange, dopo aver fatto ridere adulti. Qualcuno impedisce di andarlo a calmare. Era così vicino che per un attimo/ pensai di singhiozzare anch’io. Ma io non sono un analista. E neppure un bambino che piange.

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Senza titolo (Pappagallo che predice il futuro per Carmen Miranda) 1939 c. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia

 

V.
Simic e Cornell guardano le vetrine. Li guardo. Nel frattempo G. De Nerval passeggia per le strade di Parigi con un’aragosta viva al guinzaglio. Ma non siamo a Parigi, a New York, a Manhattan, a Belgrado. Sta diventando una trama, una selva, un bosco, un labirinto, lo stesso che Simic, il mostro, lo ama. Cornell lo crea. Si incontrano.

VI.
Il voyeur solitario si muove lungo una rete di forze occulte. Voyeur è Cornell. È Simic. L’uno spia oggetti nella città, modesti, infrattati, furtivi, invisibili al caos. L’altro spia Cornell che spia gli oggetti. L’uno spia raccoglie ingabbia compone. L’altro spia, da un palo nascosto, finestra, sedile anteriore di un’auto. Altre cose, intanto, evitano di esistere.

VII.
Simic si aggira nel labirinto di Cornell, come Teseo. Mentre Arianna e il Minotauro si recano altrove. Gira a vuoto, trova pappagalli, pipe, cartoline, volti, primi piani, che una volta insieme fanno un’opera d’arte. Tutto è accumulo dietro un vetro, potato dal tempo. Il cosmo deve stare lì, chiuso.

VIII.
La scatole sono libri della memoria, ricordi trascorsi, alchimia spicciola. Fatti osservati con occhiali da sole in una notte di pioggia. Materia non vista o malvista. Le scatole Simic le pensa che Cornell fa il mago. Assembla appone. Ma Cornell costringe gli oggetti. Dalla vita li salva. Li immortala per sempre. A me le scatole mi sembrano bare.

IX
Il quotidiano è in scatola col cavatappi dentro. È rimasto solo il posatoio, una piuma caduta, una molla d’orologio, e una crepa. Nessuno può aprirlo. Il quotidiano è dentro tre volte: è l’io che agisce, che sogna, che è ossesso. Ormai ha lavorato abbastanza ed è ora di mettersi in mostra al museo. Muto. Simic e Cornell ognuno ritorna al domestico uso: l’uno a leggersi l’altro a guardarsi. [E]terniquotidianità diceva Cornell: l’incubo di una giornata elevata a potenza.

X.
Un foro sul vetro fa esplodere il mondo
Un vandalo sadico trapunta la scatola
Con chiodo e martello ma il vetro non regge
L’aria che entra sconvolge
Sparpaglia le scaglie
Reliquie d’Egitto, un piano meccanico
Il vandalo sanguina
Il mondo ritorna nel mondo.
Scompaiono entrambi.

[Tutti i corsivi sono estratti da C. Simic, Il cacciatore di immagini. L’arte di Joseph Cornell, Adelphi 1992 (trad. di Arturo Cattaneo), oppure da C. Simic, Hotel Insomnia, Adelphi 2001 (trad. di Andrea Molesini). Questo testo avrebbe dovuto essere una recensione, un saggio, una trattazione approfondita su Il cacciatore di immagini di C. Simic e, in pratica, sul rapporto tra la poesia di Simic e l’arte di Cornell, poi, però, sono venute fuori solo queste frasi.]


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