Lucianna Argentino, Le stanze inquiete, La Vita Felice 2016
Le stanze inquiete di Lucianna Argentino vanno in una direzione che, scopro percorrendole e ogni ritorno alla lettura lo conferma, vado cercando da sempre, non solo in poesia. È una direzione che si profila chiara, narra di sé e degli altri nei testi qui raccolti con una finalità esplicitata in apertura, nel risvolto di copertina, dalla stessa autrice: «Ho scritto questo libro perché non volevo andasse perduto quanto vissuto durante undici lunghi anni alla cassa di un supermercato. Soprattutto non volevo che andasse perduta la memoria, seppur minima, di alcune delle persone con cui sono venuta in contatto.» È una direzione che l’est-etica di Lucianna Argentino mette al centro, senza nominarla, ma rendendola con il nitore dei gesti: è il servizio, quello che conosce la cura e l’abnegazione e che rifugge dai termini fatti rimbalzare come moneta sonante, fosse anche quello, così “carezzevole” al poeta (per dirla con le parole di Oskar Pastior) di «vocazione»; è, ancora, come si legge negli Appunti per una est-etica del lavoro, prefazione dell’autrice alla propria raccolta, «un reciproco riconoscersi nell’umanità». Da quei foglietti stipati nel camice da cassiera, verde e uniformemente, verrebbe quasi da dire inesorabilmente e impassibilmente, illuminato dalle luci al neon del luogo di lavoro, nasce un poema in tappe e incontri, che la «pellegrina dell’umano» non fa entrare in collisione, ma, al contrario, fa dialogare con i propri punti di riferimento spirituali: tra questi, Baruch Spinoza e Simone Weil menzionati nella prefazione, René Char nel corso di un componimento. Mettersi al servizio, prestare servizio, compatire, non significa affatto sospendere, bensì accrescere la comprensione. Tuttavia, non è di mero buon senso che si tratta, ma, rovesciando tessuto, trama e rapporti di forza, di «senso buono». Quel senso buono si adopera per dare carne e ossa alle virtù teologali (qui fede, carità e speranza sono, smorzata ogni tentazione celebrativa, le qualità della «memoria stanca/ che ormai sa solo i volti e dimentica i nomi»); quel senso buono si chiede, nell’alzare lo sguardo dai tasti e dal lettore di fibre ottiche, nell’andare oltre la meccanica riproduzione dei gesti (quanti non ne compiamo anche noi, ogni giorno, anche apparentemente liberati dalla servitù di un ruolo?), se non rischia, limitandosi ad essere solo registratore di cassa del tempo ostile, l’ennesimo «complice di un destino avverso». Le storie di incontri e testimonianze superano la soglia della cassa di un supermercato, rendono questo osservatorio particolare l’unione stretta di postazione di lavoro e punto di partenza per il dispiegarsi di una vera e propria “attenzione creatrice” (nuovamente, Simone Weil). Lavoro e umanità, nel senso più alto e maggiormente minacciato di estinzione, aspirano a costituire una cosa sola. Gli efficaci strumenti di questo originale poiein, di questo fare e divenire, sono messi, ancora una volta, al servizio, non della facile commozione o dell’istintiva indignazione, nonostante chi legge possa a più riprese commuoversi e indignarsi, bensì di un’espressione limpida e con condensazioni degne di nota, sia che descriva, sia che narri, sia che mediti, sia che, semplicemente, porga l’orecchio.
© Anna Maria Curci
***
Sto qui senza vocazione, ma ogni giorno rispondo,
ogni giorno, pellegrina dell’umano, vado di volto in volto,
piegata al sì dagli occhi e quando l’anima stanca
cede al disamore li faccio tornare bambini,
li riconsegno all’infanzia o a Dio,
così mi stanno dentro per amore e non per dovere.
*
È questione di buon senso. Non credi?, dice la donna all’amica
che annuisce ma come assorta in altro.
E penso che più che buon senso un senso buono potrebbe farci strada,
essere varco verso quel piegarsi pietoso, quel corpo genuflesso in noi
che non ha nome e non si può invocare,
ma lo senti a perdifiato, lo tocchi dal rovescio.
*
(ALCUNI)
Vibrano piano, stanno in me
come un granello di sabbia
nell’ingranaggio di un orologio,
anime al macero, anime asfittiche
di case da tempo chiuse.
Si portano dentro un dio abortito.
*
(ALTRI)
Vibrano forte, stanno in me
come la mano di un padre
che ti spinge sull’altalena,
anime ariose, anime senza età.
Li abita un dio partorito ogni giorno.
*
Mi fa trasparente,
mi fa il tasto zero di questa cassa,
l’uomo che paga e va via senza uno sguardo,
senza sapere che c’è un modo più vero
di stare nella vita. Lo sapeva Giulio,
quando mi donava mazzetti di margherite
legati con un filo d’erba, o Jaime che
mi lasciò una rosa rossa sulla cassa e scappò via.
Lo sa Eugenio che teme io possa fraintendere
le sue intenzioni quando mi offre un caffè
o Raffaele che mi portò un bicchiere di vino bianco
fingendo fosse tè. Ed è bellezza umana e fiori e caffè
sono aria, sono ossigeno,
sono la salvezza terrena dell’anima.
*
Soli lo siamo a imbastire nomi, verbi, aggettivi
per poter dire di quel luogo di maree dietro le parole
come me, ancorata a un foglio tra i flutti di un silenzio visibile
dove è un andare e un tornare.- senza la distanza.
Dove mi sgravo di versi scritti in piedi,
in fretta prima che sfuggano alla memoria stanca
che ormai sa solo i volti e dimentica i nomi.
Eppure ha fede, ha carità e continua a nominare,
ad annusare il vuoto, a dire meglio la speranza
e questa vita in paragrafi.
2 risposte a “Lucianna Argentino, Le stanze inquiete”
E’ attenta e acuta questa lettura critica delle ” Stanze Inquiete” di L. Argentino a cura di A. M. Curci la quale, condivide il pathos e l’ethos che animano tali versi. L’impegno, la solidarietà, il forte senso di umanità e generosità verso la vita e verso gli altri accomunano le due autrici così distanti nello stile, ma così vicine nel modo di essere e nel sentire. L’ascolto è la costante che le accomuna e che le rende forti nel valorizzare quei particolari contenuti, quelle piccole differenze che esaltano l’incisività della scrittura e impreziosiscono la realtà che ci circonda rendendola meno anonima di quanto possa sembrare.
Un caro saluto a Lucianna e Anna Maria che in comune hanno pure parte del nome: Anna!
Rosaria Di Donato
ps Auguri di Buon onomastico! (con lieve anticipo).
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Grazie, Rosaria, per la lettura attenta e piena di sensibilità, un caro saluto.
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