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Inediti – “Quadri del consistere” di Gianfranco Fabbri: quattro prose

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da Estate 1997

2.

Ieri sera leggiucchiavo una nota su Caravaggio.
Di fianco, in due colonne, era riportato un suo ritratto giovanile che non ho potuto fare a meno di mettere vicino a quello fotografico di Picasso.
Chissà perché vicini.
Neanche ci fosse una reale somiglianza.
L’unica cosa in comune è il genio; l’essere considerati due dei massimi personaggi della storia dell’arte di tutti i tempi.
Eppure…
Sarà che i Grandi un poco si assomigliano, dentro.
Oppure sarà invece che anche Pablo una sua certa violenza, del tutto diversa da quella del Caravaggio, la possedeva.
La violenza della libertà di stile.
L’arrivare al Cubismo attraverso uno scandalo riconosciuto.
Ovvero, il Bacchino Malato del Lombardo come qualche toro arcionato dello Spagnolo.

da Autunno 1997

1.
Non le solite nebbie d’inizio autunno.
Ancora caldo, atmosfera insana.
Scuote la terra, nel cuore dell’Italia. Ferita è Assisi.
Scuote la febbre della stolidità: caduto è oggi il governo: che ne sarà di noi?

 Studio con estrema lentezza un poco di Platone e mi accorgo che la sua Utopia mi fa paura. Mi piace soltanto l’idea che ha del saggio, del filosofo. Costui dovrebbe governare la città della repubblica ideale, inseguendo il compromesso per il rispetto di ognuno. Ma l’ammazzare i figli nati deboli, o quelli nati da rapporti non previsti, mi inquieta assai.

 È ottobre, sì.
La sera cade in fretta, quasi di soprassalto. Pare un traditore che venga a fare il proprio mestiere. Alle spalle, di soppiatto, per soffocarti.
È il terz’ultimo ottobre del secolo e anche del millennio.
Cade il governo e tira il terremoto.
Il tempo non è più lo stesso di una volta.
Trenta gradi di giorno e la gente strana, che sbanda che non sa a quale santo appellarsi.
Qual è la ricetta per una buon’esistenza?
Mi diceva mio padre che è stata scoperta una stella cento volte più grande del sole; e nella nostra Galassia, per giunta.
Qualcuno afferma che, nonostante questo, tutto sia normale.

6.

…Poi giunse a Cesena la notizia che Renato era morto sul fronte. Era il 20 luglio 1915.
Poi giunse a Trieste il dispaccio che Scipio era perito in battaglia (non mi ricordo il giorno e il mese: l’anno era lo stesso)…

 Alla stazione di Bologna tanti soldati provenienti dal sud attendevano il cambio del treno. Sarebbero partiti per Udine, alla volta del Carso. Giovani sfocati nelle fotografie collettive: chi beve al dispaccio; chi dorme in un giaciglio ricavato nell’angolo della sala d’aspetto. Capigliature corte, a spazzola. Visi allegri, altri pensosi. Giovani d’Italia: giovani come sempre. Giovani infine di tutte le generazioni del mondo. Alti, bassi, forti e arditi.

 …Poi giunse la notizia che un militare ignoto era morto sul campo, il giorno l’ora il mese di quell’anno…ma lo pianse soltanto la sua mamma: la Patria.

da Inverno 1997-’98

1.

Qui non contano i giorni, il loro avvicendarsi. È importante invece lo stato dei fatti; quell’impercettibile movimento che spesso trascende lo stupore. Si parla tanto di romanzo, in questo finire di secolo; si parla di crisi del romanzo e si fa accenno a una variante delle sue forme. La narrazione quasi sempre ha bisogno di un tempo al passato e di una certa capacità a ritenere: valori questi in forte abbattimento; tanto, che è più facile leggere testi scritti “in diretta”, in ‘tempo reale’.
Schermo visivo prevalente.
Però l’occhio non accetta una simile responsabilità; l’occhio vede ogni elemento, ma non scorge il pensiero. La sintassi allora muta le sue forme e i suoi oggetti: le forme, intese come legamenti tra un periodo e l’altro del nuovo “sistema comunicante”; e gli oggetti, perché alle parole si sono sostituiti i colori.

 I giovani oggi scrivono per ‘tinte’, in sintonia col “tempo reale”. Si può dire che per loro Proust sia morto del tutto; infatti essi non scorgono alcun valore nella codifica mnemonica; non contengono il passato: macinano il presente, ignorando il futuro.

 L’atto del vivere.
Il piglio, più dell’apparire che del “sentirsi”.
Si scrive per ‘gags’, per ‘trovate’.
Si avanza per organico difetto di direzione e si “fanno le pulci” alla logica dell’impianto.
Lo stile, infine. Esso è ruffiano/orale/molto svelto; senza fronzoli e di veloce lettura.
Ma alla fine, tutto risulta vano.
Ricordate l’adagio di Mengaldo su Govoni?

«Bello, ma chi ne ricorda un verso?»

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Altre prose tratte da Quadri del consistere possono essere lette qui e qui.

11 risposte a “Inediti – “Quadri del consistere” di Gianfranco Fabbri: quattro prose”

  1. Non è solo assenso l’effetto suscitato dai “Quadri del consistere” di Gianfranco Fabbri, ma sprone, sì, strumento, scandaglio e lente e luce. Anche quando mi capita di stupirmi per un accostamento – Caravaggio e Picasso, tra le prose proposte qui da Fabio Michieli – avverto la precisione del gesto che indica la direzione di ricerca e provo riconoscenza.

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  2. Cara Anna Maria, scusa il ritardo con cui mi accingo a rispondere e ringraziare. Sono a te grato di questo giudizio. Mi piace il tuo dire e questa tua riconoscenza che ti investe nel confronto tra i due grandi artisti. Grazie davvero, sei andata nel fondo più riposto del mio dire. Un grazie a tutta la Redazione di Poetarum silva. A Fabio un abbraccio grande per la cura che riserva alla mia persona. Vi bacio tutti e vi abbraccio. Gianfranco.

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  3. Ho apprezzato molto Caravaggio e Picasso, un grande binomio
    (tanto per dire) Ma anche il resto non è proprio niente male.

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  4. ” I giovani oggi scrivono per ‘tinte’, in sintonia col “tempo reale”. Si può dire che per loro Proust sia morto del tutto; infatti essi non scorgono alcun valore nella codifica mnemonica; non contengono il passato: macinano il presente, ignorando il futuro”.

    Proust ,uno degli spiriti più puramente,più unicamente speculativi che siano mai comparsi su questa terra!
    Un amore di Swann,parte integrante del capolavoro di Proust ” à la recherche du temps perdu” , è in realtà un esempio perfetto di romanzo nel romanzo.C’è dentro di tutto ,l’unica cosa che non c’è è l’amore.Proust è prigioniero delle sue emozioni e solo la sua intelligenza vola e lo trascende.

    Che meraviglia leggere qui e imparare….Grazie.

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  5. Gianfranco Fabbri, sempre un poeta in Stato di vigilanza. Pronta a cogliere tutta l’immanenza dell’ “atto del vivere”.n

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  6. come scrissi quando pubblicai le prime prose tratte da “Quadri del consistere”, siamo oltre la dimensione vigile sia della prosa (o delle prosette incluse in quella raccolta) sia della poesia.
    qui c’è una summa di Fabbri che là, per ovvie ragioni, si intravede.
    vero è che ci sono, o posso esserci, delle coincidenze temporali tra quelle e queste composizioni; qui, però, la tensione è diversa anche quando il dettato è più intimo, diaristico (e tutto il resto che è venuto a galla nei commenti).

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