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I poeti sono vivi – (In classe una poesia al giorno)

La poesia? Quest’anno si legge in classe sul blog
La poesia sta scomparendo dall’orizzonte quotidiano e quando rimane ancora in vista appare come qualcosa di speciale e in fondo stravagante. Anche la scuola, uno dei pochi posti dove ancora si sente menzionare questa parola, quasi sempre la tratta come una cosa lontana dal presente e assolutamente incomprensibile se non attraverso concetti complessi, che scoraggiano qualsiasi entusiasmo.
E poi, diciamo la verità, tutti i poeti di cui si parla sono morti  e stramorti. Così si dà l’impressione che anche la poesia non sia che un singolare ricordo di qualcosa che si faceva un tempo, quando erano vivi uomini e donne che adesso non lo sono più. Inutile aggiungere che fino agli anni ’80 del secolo scorso si studiavano e si portavano all’esame di stato molti autori di poesia veramente contemporanea, cioè viventi, operanti nel nostro stesso tempo, e che condividevano una parte della nostra esperienza. Anche se spesso la differenza di età, rispetto a quella degli studenti, era notevole, i poeti erano vivi, come erano vivi i genitori, gli zii e i nonni. E quelli che erano morti, appartenenti alle stesse generazioni, condividevano una reciproca donazione di senso con i vivi, come sempre, come accadeva per la morte di un genitore, di uno zio e di un nonno.
Eppure i poeti sono vivi. I poeti sono vivi perché la poesia vive nel presente, si nutre ed è nutrita dalla vita, dal tempo, dall’esperienza che attraversiamo ogni giorno.
E, nei fatti, possiamo cambiare la situazione a cominciare dalla scuola.
Che cosa fare per cambiare il senso di un manuale scolastico che appare come una vasta e complicata necropoli?
È da qui che nasce l’idea promossa dal Liceo Majorana e realizzata da Gian Mario Villalta e Roberto Cescon (con l’aiuto di alcuni importanti compagni di strada come Piero Simon Ostan e Francesco Tomada) di creare il blog http://ipoetisonovivi.com in cui verrà pubblicata una poesia al giorno (solo di poeti viventi) da leggere in classe. Una poesia da leggere, preferibilmente senza commenti, solo il titolo e il nome dell’autore. Una poesia al giorno, perché c’è, la poesia, perché abbiamo bisogno di riprendere confidenza e intimità nei confronti di quest’arte. Dentro e fuori dalle classi.
Male che vada, tra qualche anno, quando un ex alunno sentirà parlare di poesia, potrà dire:”Ah, sì! Mi ricordo, a scuola abbiamo avuto l’anno della poesia”.

62 risposte a “I poeti sono vivi – (In classe una poesia al giorno)”

  1. Una generazione senza grandi poeti è una generazione amorfa,
    priva di vita. Quando io leggo una bella poesia, per dirla
    all’Ungaretti maniera, m’illumino d’immenso.ud

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  2. Ma cosa faranno mai le persone con le idee e la passione? Qui c’è solo da reinventarsi!
    [Cristina Donà]

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  3. Iniziativa molto bella e “viva”. Mi piace molto anche l’idea di leggere e lasciar leggere senza commento; specie senza commento obbligatorio.
    I poeti sono vivi e la poesia parla anche da sola.
    Stupendi i vecchi libri non scolastici, quelli che si pubblicavano con il nome dell’autore e i testi e basta.
    Perchè la poesia viva è necessario che, anche lei come noi, respiri; e quando la poesia respira dilatandosi tra di noi che altro serve?
    :)

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  4. Sogno o son desta? Questa proposta ha dell’incredibile. E’ già noto che il livello culturale nel paese è già bassino a livello che si scambia un Manzoni per Garibaldi, a livello che l’uso corretto della lingua italiana è utopia, insomma mancava questa per farcire la torta. Sono proprio curiosa di vedere quali poeti si intenderà presentare. Ma ciò che più mi fa sbellicare di questo articolo, è la codesta frase: ” Una poesia da leggere, preferibilmente senza commenti, solo il titolo e il nome dell’autore. ” Ma dico: siamo al catechismo o in un liceo? Togliere il commento è decisamente ridicolo. Solo alle preghiere non è ammesso, o almeno non è ammesso per i ciechi credenti ed adulatori. Cancellate questo post, che molti stanno già ridendo.

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    • La poesia come oggetto religioso è proprio quella che necessita di un clero, per la precisione di teologi, se ne deduce, di una esegesi (termine che si sovrappone nella critica letteraria e nello studio della bibbia). La poesia come oggetto religioso è quella che, per stare dritta sulle sue gambe, ha tutori alle ginocchia, li chiameremo ‘contributo critico’. Viviamo in una realtà ipertestuale che ci fa perdere di vista il fatto che possano esistere testi poetici che, di per sé, hanno un loro valore letterario, e se non meramente dal punto di vista filologico al meno da quello della teoria delle comunicazioni o, di studio linguistico o, e non è da meno, nella prospettiva di una filosofia continentale.
      Chissà come mai, anche a un laureato in lettere, tanta poesia di qualità che si discute e si dibatte nelle Università Italiane, se mai la dovesse ricevere nuda, schietta, senza la nota di quello o di quell’altro luminare, sembrerebbe proprio diversa, grigia e fangosa. Di un giovanile entusiasmo resterebbe ben poca cosa, perché questo stato d’animo, questa estasi psichica, ha più dell’appartenenza a uno specifico gruppo sociale, a una setta, non è il sintomo del libero pensare. Allora, nell’idea stessa di un addestramento umanistico c’è indottrinamento e, nel caso di Laura, lo possiamo dire ben riuscito.

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  5. Iniziare un futuro senza dare importanza al passato?
    La Poesia a mio avviso sta scomparendo perchè sommersa dai poeti della domenica, che riempiono, anzi ammorbano i lettori, che poveretti alla fine preferiscono ascoltare il pulcino pio e mettere da parte i libri, perchè c’è così tanto che quel tanto copre il poco che merita.
    ma quel poco che merita parte da molto lontano, il passato è il pedigree del futuro, cercate di far ricongiungere i giovani alla Poesia, non solo ai poeti della domenica.
    E questo solo perchè han pubblicato due poesie in croce sono meritevoli d’attenzione? e il futuro che tanto caldeggiate?

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    • Gentile Cesara, l’articolo non nega l’importanza del passato, né cancella il passato dai programmi scolastici e quindi dallo studio e dalle letture degli studenti; al contrario, l’iniziativa mira ad avvicinare le nuove generazioni alla poesia mostrando loro l’intera gamma e possibilità che essa – come scrittura – offre e attua, sì che non si pensi e non la si ritenga un “fatto” strettamente legato a modi e tematiche del passato, alleggerendone la fruizione e lo studio. grazie.

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      • Signora Castaldi, io ribadisco che la scelta di dare qualcosa di nuovo alle nuove generazioni sia errato.
        Se non imparano dal passato dice che si metterenna ad imparare dal futuro?
        Lo studio per come la vedo io ad oggi non acchito.
        Un tempo, nonostante le due palle così e la forzatura di certi autori alla fine qualcosa nella testa entrava.
        Io farei l’unione passato futuro, un ponte salvifico di qualcosa che non deve morire mai.

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        • Gentile Cesara, lei insiste nel ribadire cose qui già dette e non negate dall’articolo né dall’intento della presente iniziativa. A questo punto, mi perdoni, ma mi pare superfluo che io, Tomada o chicchessia continuiamo a ripeterci all’infinito.

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  6. A me questo post non fa ridere, anzi conforta. I giovani continueranno a studiare (con buona pace di chi ha espresso critiche e perplessità), il nostro fulgido passato letterario, ma riuscire a trovare consonanze anche nel nostro presente, penso sia altrettanto importante. Che poi ci siano in giro poeti della domenica è altrettanto vero, ma se leggo poesie di Andrea Inglese, Massimo Gezzi, Giuliano Mesa, tanto per fare dei nomi (ma potrei farne molti altri, e se questi nomi non dicono molto a chi critica, non è colpa mia, ma di una certa ignoranza in materia) sono convinto che sappiano parlare alle nuove generazioni e scatenare in loro curiosità, riflessioni e (spero) amore per la parola scritta. Se poi così non fosse, non avremo certo tormentato nessuno, più di quanto non succeda già nella nostra scuola italiana.

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  7. Assai più interessante sarebbe, a mio avviso, invitare i ragazzi a recuperare testi poetici, o sedicenti tali, in assoluta libertà, allo scopo, poi, di confrontarsi, in classe, con le scelte effettuate da altri. In caso contrario, anche cambiando la datazione del prodotto artistico ‘propinato in nome di scelte eteronome’, sempre e solo di ‘prodotto propinato’ continuerebbe a trattarsi! :) Suvvia, che si abbia il coraggio di porsi a valle di una scelta reale e disinteressata dello sguardo altrui, prima di presentarsi ad esso dicendo “Buongiorno, sono pincopallo e sono un artista”! (Secondo me).

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  8. Mi piace paragonare la poesia alla musica.
    Ecco, nella musica difficilmente mi metto a studiare uno strumento senza esserne stato incuriosito. Ho sentito un amico, un cd, un concerto. Oppure ne ho sentiti tanti, alcuno mi piacevano, altri no. Dopo, per imparare a suonare, ci vogliono applicazione, studio, fatica.

    Vedo questa iniziativa allo stesso modo. Non si vuole negare l’importanza dello studio, che è fondamentale e deve costituire il passo successivo; si cerca una delle possibili strade per generare la motivazione, e spesso la motivazione più efficace è la curiosità. Dunque sinceramente non trovo spazi per nessuna polemica: questo non è un modo per imparare la poesia, ma per avvicinare alla poesia, il che è del tutto diverso. Non l’unico modo, ed Anna ne suggerisce uno differente che anche io ho già provato in classe. Ed è probabilmente più efficace, ma da un blog non si può entrare come parte attiva nelle singole scuole perchè lì l’insegnante è insostituibile. Speriamo che in molti intraprendano iniziative come quella che Anna suggerisce.

    Ecco, per questo motivi io trovo l’iniziativa di Villalta e Cescon sicuramente positiva, molto positiva. E ringrazio Poetarum Silva per averla segnalata.

    Francesco t.

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  9. Signor Tomada, la poesia e la musica si possono paragonare solo nel caso in cui chi scrive ha quel qualcosa in più, nella musica è mille volte più facile davvero passare da nessuno a musicista, quando si sa suonare uno strumento, non sempre lo stesso vale per chi manovra parole!
    Se non hai qualcosa che fa la differenza sei il solito poeta della domenica.
    Non ci sono ma e non ci sono se.

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  10. Io credo che ci si dovrebbe tutti mettere da parte di fronte alle necessità che l’Arte chiede e impone. Il dramma sta, a mio avviso, nella superficialità con la quale si affronta lo strumento artistico e nella confusione cronica fra Arte stessa ed emozione.
    Tento di spiegarmi meglio. La vista di una madre che protegge il suo piccolo mi suscita enorme emozione; i disegni strampalati e decontestualizzaNTI dei miei nipotini mi commuovono; mio padre ormai curvo su tutte le sue certezze mi strazia l’animo; il mio figlioccio di quattro anni che strimpella una chitarra più grande di lui cantando improponibili testi liturgici mi culla l’anima e mi infonde attimi di gioia purissima… ALCUNCHÉ di questo ventaglio emozionale, tuttavia, mi spinge a dichiarare che io mi trovi di fronte a prodotti “artistici”. Allo stesso, impietoso, modo la si dovrebbe piantare di pensare che se ciò che faccio suscita emozione in qualcuno (o più di qualcuno), che magari partecipa delle mie stesse emozioni per casualità esistenziale o quant’altro, questa sola circostanza basti a fondare il valore artistico di ciò che ho fatto.
    Chiarendosi e accettando pacificamente questo punto (che potrebbe apparire in sé fuori tema rispetto all’argomento), a mio avviso (e sempre a mio avviso), la questione fra vecchio e nuovo, classico e moderno, ufficialmente riconosciuto o meno, diventerebbe secondaria. Perché ciò che maggiormente disturba, me e tanti altri con i quali mi confronto spesso, è questo abuso delle terminologie e delle intenzioni che si perpetua scandalosamente e sembra consentire a chicchessia di scrivere/comporre/dipingere minchiate e definirle Poesia/Canzone/Quadro! MA ANCHE NO, invece.
    L’Arte ha dei canoni non detti, delle incombenze, degli impegni, degli obblighi che non possono essere disattesi solo perché “la minchiata che abbiamo fatto ha giustamente emozionato chi ci partecipa o ci ama”!
    Chiarito questo, allora, via libera al nuovo, al vecchio, al pop, al classico, al rock, al romantico, all’illuminato, al moderno, a qualunque “intenzione di modi e maniere”. Problema non v’è!
    E, per carità divina, che la condivisione artistica non si debba veder mutilata della sua componente esterna principale: LA CRITICA! Che sia saggio, che sia applauso, che sia pernacchia, la CRITICA é un arto dell’Arte, nel suo momento essenziale di condivisione.
    Un Artista che assista alla proposizione del suo operato dovrebbe, invero, sentirsi profondamente oltraggiato da un pubblico che non avesse la libertà di comunicargli il proprio pensiero! Che senso avrebbe? Quelle nutrimento potrebbe mai trarre, un Artista, dalla condivisione della sua Arte con un pubblico impedito nel suo ruolo essenziale di referente attivo e consustanziale?
    Non diventiamo eretici, via! Questo lasciamolo fare ai “buoni cristiani” che i buoni artisti devono macchiarsi di ben altre colpe!
    :)

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  11. In effetti è difficile comprendere il problema C’è qualcuno che vuole diffondere la poesia. Potrebbe non farlo e lasciare grigio sul grigio. Che vuole farlo senza annettere alcuna nazione del mondo della parola, lasciando a chi legge la facoltà di varcare la frontiera della comprensione o restare sull’uscio. Dov’è l’orrore?

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  12. Signor Sansone, di mio posso dirle che credo di essermi espressa in un Italiano quanto meno universale e non credo, quindi, che sia necessario rilevare che il suo intervento riporta la questione alle origini, come se alcunché di ciò che è stato detto in opposizione sia stato realmente detto!
    Se trattasi di scherzo, beh, posso anche sorridere :)

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  13. un patetico tentativo di trovare il loro angolino di protagonismo da parte dei poeti che si credono ‘vivi’ in antitesi a quelli ‘morti’ del passato … la smania di apparire degli autori di poesia non è diversa da quella delle sedicenni di sgambettare in mutande sul palcoscenico di Veline o di altri trampolini mediatici, sebbene per una ribalta molto più modesta: oggi tutti bramano e smaniano per essere visti, essere notati! forse è una reazione all’inghiottimento nell’anonimato della società di massa… Già immagino quanti, esclusi dalla rosa dei letti in classe, storceranno il naso leggendo di chi, immeritatamente al posto loro,….

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  14. Buonasera sig.ra Cesara, sul serio, qual’è il problema? I poeti della domenica? Il Villalta? Il Villalta che è un poeta della domenica assieme agli altri poeti della domenica?
    Mi faccia capire, sul serio, è una definizione che ultimamente ricade così spesso, sono curioso. E’ lì che dobbiamo andare a parare?

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    • Il problema è che forse prima di dare in pasto ai giovani, che oggi amano più cazzeggiare con smartphone, fb e twitter e che dallo studio sono poco attratti, lo dico da madre che vede e sente, i giovani poeti d’oggi, insegnate loro la poesia del passato quella da cui nasce quella di oggi.
      Perchè nessuno nasce “imparato”.
      E mi duole dirlo ma Villalta non lo conosco, forse perchè fa parte di un gruppo di poeti viventi che non mi lasciano il sapore che mi lasciava Pavese quando studiavo forte sui libri, ma ora sono davvero curiosa di leggerlo, tra l’altro conosco un’amica di palazzo con cui prendo spesso il thè che lo conosce, lo ammira, andrò da lei per farmi istruire, peccato che mi ha detto che da lui una cosa così non se la sarebbe mai aspettata, dice che era convinto delle radici del passato, che son sempre da mostrare orgogliosamente.
      E con questa chiudo.
      Buon weekend.

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  15. Faccia con comodo per Villalta, non sta certo tardando all’appuntamento con la storia della poesia italiana. Per il resto siamo d’accordo fino al punto in cui lei pensa che una iniziativa come questa possa arrecare danno: se con la stessa passione in quella classe viene trasferita la poesia di Gozzano ( per dirne una, per dirle tutte) allora qui parliamo soltanto di un frame che non può nuocere alla pellicola nel suo insieme, di un tratto di biro in più in cui andare a cercare il significato di tutto.

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  16. Apprendo adesso che se ne è andato Roberto Roversi, un poeta vivo, vivo ieri e vivo nella memoria di chiunque abbia avuto la fortuna di leggerlo, ascoltarlo, fare di lui un maestro. Mi dispiace veramente tanto che questa iniziativa non sia scattata un anno fa, due, 10 anni fa e che la sua poesia non abbia incontrato, anche grazie ad essa, gli occhi affamati di tanti giovani uomini e donne, prima di doverlo rimpiangere.

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  17. Sempre mantenendosi vigili rispetto alla eventualità che una fetta, più o meno consistente e rilevante, di pubblico possa, invero, leggere Roversi ed esclamare: “Uhm! Non è proprio il genere di Poesia che mi attrae e che mi rende partecipe!”.
    Vero?

    L’importanza fondamentale della Critica, per favore!

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    • Questo accade anche con D’annunzio (che a me, ad esempio, non piace) o con Pascoli, o Montale; resta il fatto che la critica è ben altra cosa e non si occupa, né si deve occupare, del “non mi piace”, “non mi attrae” o “non mi dice nulla”, per fortuna.

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  18. un po’ viene da sorridere, leggendo i commenti. sembra quasi una resa dei conti tra poeti viventi embedded, poeti viventi free, poeti della domenica e via poetando, quasi a spogliare le carni degli studenti, ognuno tirando un brandello di carne dalla sua.
    mi auguro che gli studenti non facciano da cavie umane, ben venga un pavese (morto) e un…marotta? (perchè no, è ancora vivo) vivo.
    e ben vengano i bravi insegnanti, che non hanno bisogno di libri di testo e di blog, per insegnare…..
    la mia cara prof romano portava dei libricini da casa, e ci inchiodava ai sogni e alla realtà……

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  19. Signora Castaldi, mi creda sulla parola (pensi un po’ cosa vengo chiedendole :) se le dico che so bene cosa e quanto sia la Critica!
    Detto questo, resto ferma nella convinzione che una Critica sacrosanta ben si generi, e guai se così non fosse, in una dimensione squisitamente soggettiva, per poi dimenarsi alla meglio in proiezioni altre ed innumerevoli, la cui valenza sarà, purtroppo e sempre, nelle grinfie dell’intelletto di chi si mostra, nelle proprie espressioni artistiche, e di chi, tali espressività, guarda e riceve.
    Diversamente, ci ritroveremmo, nostro malgrado, catapultati in quel limbo che, poco o tanto non è dato sapere in via universale, ci inebetiva tutti nelle classi, quando il Professore si sentiva legittimato a ‘spiegarci’ cosa il Poeta, o lo Scrittore o qualsivoglia altro Artista di turno “volesse dire con la sua opera”! Una Critica che si preoccupasse di affermarsi, a gran voce, avulsa da implicazioni soggettive di sorta non avrebbe, invero, a mio parere, il diritto di qualificarsi come tale; dovendosi, piuttosto, accontentare di essere ‘commento’ (e portare al ‘discente’ al quale è rivolta la medesima innovazione intellettuale ed intellettiva che potrebbe regalargli l’acquisto di un merluzzo fresco).

    Mi sono espressa in maniera meno ‘grezza’, Signora Castaldi?
    Ci tenevo tanto ad essere all’altezza del consesso (ché, in fondo, è sempre meglio ‘con’ che ‘senza’)!
    :)

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    • Si è espressa, benissimo, ma io continuo a non capire l’astio (non mi riferisco unicamente al suo commento, ci mancherebbe) verso questa iniziativa e mi lascia basita il non voler conoscere quello che offre il presente trincerandosi nel passato; e non lo dico perché mi ritenga appartenente a una schiera di poeti del presente, non mi sono mai definita o autoinvestita di titoli, quindi mi metto totalmente fuori discussione, ma mi riferisco a quei “poeti vivi” che se fossi una diciassettenne avrei piacere di conoscere e magari mi aprirebbero mille porte da scoprire; il che non toglie nulla, lo ripeto, allo studio e alla lettura di quanto e QUANTI il passato ci ha lasciato come eredità da custodire e tramandare, ma… ecco, visto che “ci sono” i vivi e bravi, perché rimpiangerli solo domani? solo questo.

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  20. Mah! Io ho letto i motivi che hanno originato i dissensi altri rispetto al mio e, devo dire, non mi sembrano così occulti o incomprensibili!
    Mi sembra, quindi, chiaro che, laddove non li si comprendesse, il motivo della sedicente incomprensione sarebbe da rinvenirsi, piuttosto, in una mancanza di volontà a voler rispondere puntualmente ai rilievi fatti!
    Personalmente, ho ben chiarito che, vivi o morti che siano, gli Artisti dovrebbero nutrirsi fondamentalmente di due circostanze: la ricerca delle loro opere da parte del ‘pubblico’ e l’ascolto, imprescindibile, del parere in esso generato. Circostanze che, mi pare, questa nobilissima iniziativa disattenderebbe entrambe e, mi permetta di sottolinearlo, ben volentieri.
    Se l’appunto non dovesse essere colto nemmeno a valle di tale ulteriore chiarezza… “mi pare superfluo che io, altre voci dissenzienti o chicchessia continuiamo a ripeterci all’infinito”, citandola!

    ;)

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    • mah! io tutta questa chiarezza non la vedo né la leggo, ma sarà un problema mio di certo. Quanto alle risposte mi sembra siano state puntuali, ma anche in questo posso sbagliarmi.
      Faccine non ne inserisco a commento, e sempre certamente sbagliandomi, resto dell’idea che molte delle motivazioni espresse per dissenso, in realtà non siano “le” reali motivazioni.
      Grazie per la citazione, che ribadisco.
      nc

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  21. Non capisco una cosa: perché un’iniziativa che propone a scuola la lettura di una poesia al giorno (oltre e non escludendo quella che è già materiale di studio) dovrebbe creare danno agli studenti o alla poesia stessa. Io trovo che sia interessante, conosco personalmente tre dei quatto poeti ( e docenti) organizzatori (Tomada, Cescon e Simon Ostan), soprattutto ne apprezzo la competenza, me lo confermano i testi (e i poeti) letti in classe nella prima settimana.
    De Gregori, un cantautore non un poeta, una volta ha detto: “bisognerebbe portare i poeti in tour nelle scuole”, questo mi pare un buon modo, forse migliorabile, di portarci almeno i testi.

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  22. Perdonatemi, ma, a questo punto, vorrei sapere, per evitare di riservare interesse ed energia in uno scambio vacuo, se si tratti di uno scherzo.
    Non che la cosa mi disturbi, per carità, ma almeno potrò attribuirle la legittima dimensione!

    Quanto alla veridicità delle motivazioni fondanti i dissensi, signora Castaldi, credo che il ritenerla esistente sia il presupposto fondamentale per continuare il confronto. In caso contrario, scusi, che senso avrebbe?

    :) ;) :D :( :/ :) :@ :)
    (io non temo la valenza potenzialmente inficiante di una ‘faccina’ rispetto alle parole che metto in fila; probabilmente perché ho grande stima del mio intelletto e di quello di coloro con i quali vado a dibattere :))

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  23. Sono anni, ormai, che coltivo e, addirittura, cullo l’idea che la libertà di parola sia l’arma più potente che l’essere umano abbia in pugno!
    Utilizzarla per farsene vanto o dirigerla impietosamente verso sé stessi è un attimo, e, al termine, non v’è più scampo! E restiamo giustamente nudi, senza più scuse che tengano, di fronte a tutti!
    Come me e lei adesso, qui!
    … io sto beatamente gustandomi questo delizioso ed evidente esito dibattimentale! Lei? :)

    La saluto anch’io, non mancando di togliermi il cappello, prima, davanti a tanta capacità di confronto con punti di vista educatamente divergenti dal suo!

    :)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))) (Ops!)

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  24. Gianni, rispondo, invece, a lei, nella eventualità che sia disposto a sostenere un confronto educato e pacato, seppur recante in sé punti di vista necessariamente divergenti (se così non fosse, non potrebbe, invero, generarsi alcun confronto) :)

    Dunque, per quanto riguarda il mio personalissimo punto di vista, trovo tutt’altro che ‘indecente’ l’idea che la Poesia o altre forme di comunicazione artistica facciano il loro ingresso nelle classi in maniera più diffusa, sottraendo, magari, spazio agli sms e ai giochini virtuali, ci mancherebbe! Io mi nutro di Poesia e, in genere, di parole e ne avallo, assolutamente, la comunicazione e la proiezione.
    Quello che mi lascia perplessa è il fatto che si voglia scegliere a priori quale prodotto far conoscere ai ragazzi, proprio con la stessa arbitrarietà con la quale si è ritenuto che Manzoni e Dante dovessero fondare lo sviluppo scolastico-letterario per decenni.
    Io non ho mai sottolineato differenze di sorta fra l’autorevolezza del Vecchio e la non autorevolezza del Nuovo e sono ben lontana da queste chiusure mentali e intellettive abominevoli.
    Dico, soltanto, che sarebbe assai più stimolante, per chi diffonde e per chi riceve, invitare i ragazzi a cercare essi stessi (Feltrinelli potrebbe, invero, essere un buon inizio alla portata di chiunque) dei testi poetici che li intrighino (l’Arte é appassionata come una storia d’amore e il rapporto con essa non può che originarsi da una invadente attrazione fisica iniziale :)), per poi portarli in classe e confrontarli con quelli scelti dagli altri!
    In questo modo, e solo in questo modo, l’Arte potrebbe diventare motore agente dei momenti di ciascuno e non ennesimo prodotto propinato, alla stregua di Leopardi, Manzoni, Dante!

    :))

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  25. Avevo una professoressa alle superiori, ora è in pensione ma siamo rimasti ottimi amici, aveva la splendida abitudine di consigliarmi letture al di fuori dei programmi scolastici. Questa splendida abitudine unita – chiaramente – alla mia curiosità ha fatto sì che io mi abituassi a leggere con la stessa attenzione e passione sia i classici che i contemporanei, questo succedeva – per mia fortuna – più di vent’anni fa. Io riesco a leggere con lo stesso stupore e rispetto, nella stessa giornata, Leopardi, Pasolini, Socci o Gezzi o Cavalli o Carpi senza che la bravura o la novità di uno vada a minare l’eccellenza di un altro.

    Questo commento non vuole rispondere a nessuno in particolare, è soltanto una testimonianza.

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  26. Ah, e nel caso in cui si dovesse, giustamente, sollevare la mozione dell’eventuale carico economico che deriverebbe dall’acquisto di testi ulteriori rispetto a quelli scolastici, chiarisco che non intendevo dire che i ragazzi debbano necessariamente acquistare un libro di Poesie, ci mancherebbe.
    Basterebbe, invero, sfogliare ciò che le librerie offrono allo sguardo, annotare nomi ed effettuare una ricerca internet relativamente al nome individuato (o delegarne la pratica al professore, questo ha poca importanza ai fini del discorso).
    Ne verrebbe fuori, a mio avviso, una pratica assai più stimolante per i ragazzi e, allora sì, si potrebbe anche affermare una evidente apertura, anzi, delNuovo rispetto al Vecchio. Fin dagli intenti, che sono, per la verità, i più difficili da scardinare :)

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    • ricordiamo che gli scaffali delle librerie hanno un’offerta – riguardo alla poesia – molto vicina allo zero

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  27. Credo che il ruolo di Professori di questa caratura sia fondamentale nell’assimilazione stessa delle conoscenze da essi comunicate.
    Credo anch’io che le pratiche possano assolutamente convivere e condividersi.
    Lei dice bene quando pone l’accento anche sulla sua curiosità, che ritengo essere proprio il fattore discriminante nel discorso.
    Vale, a mio avviso, lo stesso discorso che vale per la Chiesa. Io credo fortemente in Dio (per quali ragioni non mi è dato sindacare definitivamente) e i dogmi abominevoli della Chiesa non hanno il potere di farmi desistere o dubitare di Lui! Fondamentalmente, non me ne frega un accidenti di ciò che la Chiesa propina; in alcune cose la mia anima si allinea ad essa, in altre no, ma non è l’atteggiamento della Chiesa a destabilizzarmi in tal senso. Tuttavia, quella stessa Chiesa, con i suoi dettami decontestualizzato, i suoi comportamenti osceni, le sue leggi senza senso, ha, purtroppo il potere subdolo di allontanare quanti non siano così decisi nelle loro scelte, spingendoli, anzi, a ribellarsi, ovviamente, a regole di sorta che alcunché a che fare sembrano avere con Dio e il concetto che ne deriva.
    Lo stesso accade, secondo me, con l’Arte. Su di me, il consiglio di un esterno, avrebbe il medesimo potere che ha avuto su di lei, ma non sono certa che avrebbe il medesimo effetto su qualcuno che sia, magari, disposto a vivere e recepire qualunque consiglio come un ennesimo dogma propinato.
    Queste considerazioni hanno mosso il mio parere rispetto a questa iniziativa.
    Tutto qui.
    :)

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  28. Sì, concordo. infatti, le librerie maggiormente conosciute potrebbero costituire soltanto un punto di inizio, dal quale, poi, eventualmente, muovere i passi nel caso si intendesse conoscerne di più.
    Insomma, io sono una fautrice estenuante (ma mai estenuata) della libertà; tutto ciò che nasce da una scelta mi rassicura infinitamente. Di tutto il resto, non ho certezza alcuna.

    Grazie del confronto educato e sereno.

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  29. ero tornata per cercare di dire meglio quello che cercavo di esprimere.
    mi piacerebbe un blog dove i ragazzi postassero la loro poesia del giorno, invece di avere altre perle di saggezza dall’alto, che a volte possono essere delle vere perle, altre ennesime “cazzate” da leggere (almeno io così, adolescente, vedevo le iniziative degli adulti, imposizioni, a meno chè non mi avessero convinta, e convincere gli adoloscenti è un’arte e un dono)
    quindi pensavo questo blog al contario, i ragazzi ad insegnare ai professori….tra tante canzonette, poesiole, slogan, magari escono perle che stupiscono, basta dar loro fiducia, e se le perle sono le loro, magari sono più stimolati a difenderle e a cercarle.

    non avevo letto anna, che non conosco, e che seppur un pochino logorroica (ci metto la faccina) :) dice delle cose non troppo assurde,,,scremando.
    salut

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  30. voglio dire, un “giovane” poeta vivo e vegeto, per un giovane ancora più giovane, può essere già vecchio e stramuorto….perchè non lasciare la palla direttamente a loro?
    fossi un insegnante mi piacerebbe assai far fare (anche) a loro.

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  31. DISCLAIMER
    se sono intervenuta è perchè il tema (giovani vite in formazione) mi interssa.
    nessuna polemica con nessun tenutario del sito e/o commentatore in corso.
    questo ci tenevo a precisarlo.

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  32. Nessuno mai mi aveva dato della ‘POCHINO’ logorroica!
    Grazie infinite dello sconto! Ahahahahahahahah!

    Magari i confronti fossero sempre sorretti da una sana autoironia! Ma… Ci vuole una personalità troppo stabile per tenere la botta allo sguardo dell’autoironia! E pretenderla da tutti sarebbe utopia!
    Certo, la bella educazione basterebbe comunque a qualche scopo… :)

    Il punto sul ‘DonobarraArte’ di insegnare ai ragazzi è proprio la chiusura che mancava al mio discorso. La prendo!
    Cià.
    ;)

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    • Signora Anna, se per buona educazione intende quella che ha tenuto nei suoi ironici “con e senza sessi”, allora no, non sono ironica, ma salda al punto da decidere in nome della stessa libertà per la quale lei e altri si esprimono di smettere di esprimermi, perché anche la mia libertà, oltre al mio tempo e alla mia vita, è preziosa.

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  33. Ehm… le rispondo perché lo devo a me stessa (avendo lei tirato in ballo una mia battuta): credo che la stessa non sia stata da lei colta, né nella forma né nella sostanza di ‘banalissimo giochino di parole’. :)
    Ma, la prego, finiamola qui. Siamo assolutamente incompatibili e, fortunatamente, possiamo entrambe continuare a dormire sonni intatti da siffatta differenza!

    Non le risponderò oltre, perché è ben chiaro che le si sia sentita toccata personalmente dai miei interventi, cosa che non corrisponde alle mie intenzioni né, in specie, ai miei interessi.
    Ho pensato di intervenire su un punto, non su una persona, e continuerò ad esprimere il mio parere sull’Arte e su quant’altro la fondi, la circondi e la proietti, riservandomi di interfacciarmi soltanto con coloro che non mostrino ingiustificate reazioni nei confronti dell’espressione del parere altrui!
    Io sono abituata a confrontarmi con il sorriso; con veemenza e convinzione, certo, ma sempre con il sorriso, e mi ritiro immediatamente laddove ciò sia reso impossibile da qualsivoglia circostanza. Perché il confronto astioso e minato, alla base, da fantasmi o fragilità di sorta non mi stimola e non mi interessa.
    Mi perdoni davvero, ma preferirei chiudere definitivamente.

    La saluto. :)

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  34. @Stalker, leggendoti mi è venuta in mente una storia, che poi è la mia storia-incontro con la scrittura e qui la racconto.
    Avevo tra i quattordici e i quindici anni e un grandissimo professore di Ginnasio, Domenico Franciò, grandissimo umanamente e didatticamente.
    Come la tua prof Romano, portava libretti in classe, ma ci faceva “vivere” qualunque cosa che il “noioso” programma scolastico di per sé prevedesse: la lettura dei promessi sposi era un’avventura nel linguaggio, un viaggio nella storia, una recitazione continua di parti e personaggi: era uno studio dinamico, partecipe e in movimento.
    Quando facevamo i compiti in classe, lo sviluppo delle tracce dei temi era un mettersi alla prova sfidando sempre di più la scrittura, per spingersi sempre più oltre, indagando noi stessi. Sono gli anni che ricordo con più piacere, quelli in cui lo studio era non solo arricchimento nozionistico, ma partecipazione attiva.
    Ci portava spesso poesie di “illustri sconosciuti” per le antologie previste dai programmi ministeriali, contemporanei (di ventisette anni fa!), probabilmente qualcuno lo conosceva direttamente e altri erano nomi che diversamente non avremmo mai incontrato, né incontrerei adesso: sconosciuti.
    Al di là del valore dei testi, quello che mi piaceva era proprio ritrovarmi in qualcosa di diverso che parlava il mio stesso linguaggio, facendomi soffermare su un accostamento, una parola, un’immagine, che in qualche modo appartenevano al mio pensiero, al mio modo di assorbire ciò che fuori dalla scuola mi girava intorno, il presente, il mio mondo.
    Non facevamo le solite 4 prove quadrimestrali di scrittura, si può dire che tenevamo una media di una prova ogni dieci giorni, ma la cosa più bella era il giorno della correzione dei temi. Il prof ovviamente li leggeva prima a casa, li valutava, li correggeva e segnava a bordo pagina tutte le note opportune al testo; ma poi fissava una giornata che sarebbe stata dedicata interamente alla rilettura in classe di ogni elaborato, perché tutti potessimo confrontarci con i vari testi, suggerire, apprendere, correggerci, crescere insieme.
    Un giorno spuntò con una rosa di quattro tracce, una di letteratura, una d’attualità, una di storia e la quarta, a sorpresa, consisteva in una poesia. Una traccia senza traccia, senza richiesta o indirizzo di sorta, una poesia nuda e cruda che parlava di un pioppo a bordo strada. La lessi a lungo, mi piaceva, quelle parole mi avevano dato altre parole, altre immagini e nuovi suoni: la mia prima poesia. Scrissi di getto due quartine e una terzina di chiusura, in cui riflettevo sulla solitudine; era una poesia spontanea senza pretese poetiche, era una cosa mia, viva, intima al punto da scrivere tutto nel corso della prima ora e stare ad aspettare altre due ore fissando il foglio, interrogandomi sull’opportunità di consegnare un compito che contenesse solo undici righe di inchiostro e tutta la mia nudità.
    Lui girava tra i banchi, aveva compreso, sbirciò il foglio e tornò a sedersi alla cattedra con un sorriso sornione: aveva vinto la sua sfida, ora toccava a me vincere la mia.
    Consegnai, tra noi ci fu uno sguardo lungo e un sorriso complice.
    Non era importante la bellezza della poesia, il suo valore, era importante la conquista della scrittura, l’amore trasmesso per il mezzo.
    avevamo vinto entrambi.

    Tutto questo per dire, che sì, si possono coinvolgere i ragazzi di più e meglio e non credo che i promotori di quest’iniziativa mancheranno di farlo; però mi riallaccio al sintetico commento di Gianni, che lapidario ha scritto una verità inconfutabile:

    ricordiamo che gli scaffali delle librerie hanno un’offerta – riguardo alla poesia – molto vicina allo zero

    il punto, purtroppo è anche questo e anche con questo punto bisogna fare i conti; se un Roversi non si trova (e fino a tre giorni fa non si trovava, ora magari qualcosa verrà riesumata all’uopo del coccodrillo) negli scaffali delle librerie, come possono giovani, ma anche vecchi lettori accostarsi a questo genere sperando di conoscerlo se già non dentro i percorsi ed i canali della poesia stessa?
    E’ una bella domanda, no?

    per cui, se per suo interesse e già per sua formazione, un giovane ha di per sé conoscenza degli autori, certamente potrà suggerire e partecipare, ma se non aveva di suo questo interesse e se non gli è mai capitato altro che confrontarsi con i testi di canzoni (apro parentesi per dire che a tal proposito si potrebbe imbastire un’altra discussione, essendoci testi per canzone diversamente ma altrettanto validi rispetto a tanta poesia, e l’esempio Roversi non è pertanto casuale, essendo stato autore di testi bellissimi cantati da Lucio Dalla) sarà difficile che possa proporre e introdurre dei testi; non impensabile, ma difficile e comunque, perché lo faccia e/o senta la spinta e l’esigenza a farlo dovrà essere previamente incentivato, stimolato, coinvolto, affascinato dal lavoro che si cerca e si vuole fare.
    Non parlo di indottrinamento, ma della stessa guida che tu stessa ricordi nella prof Romano e io nel prof Franciò.

    stavolta sono stata un pochino logorroica, ma spero anche chiara.

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  35. natalia, non ci crederai ma è stato un piacere leggerti, mi sono ritrovata in percorsi comuni, emozionanti, e oserei dire fortunati. ho immaginato la tua prima scrittura e lo sguardo complice, ma appunto, di sguardi complici parliamo, di esseri umani, capaci di traghettarti…dentro di te, tramite la scrittura e la passione per la scrittura, e la capacità non ovvia di saper insegnare e trasmettere.
    con simili persone, si potrebbe fare un blog con le pagine gialle, e da un nome partire…..per arrivare chissà dove…..
    ricordo una vecchissima intervista di cerami, riconosciuto sceneggiatore, figlio di un ferroviere, alunno di pasolini a ciampino. da brividi la sua gratitudine a pasolini, al mondo che gli ha aperto.

    secondo me va benissimo qualsiasi strumento “pedagogico”, ma senza un bravo “maestro” (non mi va neanche di chiamarli insegnanti, se si ha avuto la fortuna di incontrare un/una maestro/a) rimangono pixel su uno schermo.

    era solo questo il mio appunto.

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    • e infatti avevo capito perfettamente il tuo intervento ed è indubbio che ci vogliano bravi “maestri”, ma se ho capito bene l’iniziativa consiste proprio in questo, nel parlare con tutti i mezzi possibili e ad uso comune e quotidiano dei giovani, la lingua della poesia, che però non può e non deve fermarsi su uno schermo, ma continuare in classe, guardandosi, ascoltando le letture, sentendo le inflessioni della voce e il linguaggio del corpo. certo!
      io spero che quel blog venga popolato di commenti, quelli dei ragazzi, non i nostri, e che continuino a leggere, a chiedere, ad ascoltare in classe, e spero davvero che si sentano prima di tutto “capiti” e “sfidati”, perché senza sfide non si cresce…. e anche i maestri, a volte, hanno bisogno di sfide.
      grazie, ciao.

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  36. voglio dire, l’importante è il lavoro che poi si fa, su qualsiasi scritto.
    a tantissimi anni di distanza mi ricordo ancora le ore di “spremimento di cervelletti immaturi” su una frasetta tipo: beato il popolo che non ha bisogno di eroi.
    la romano aveva portato in classe il galileo di brecht, fuori programma, ed è stato come se ci avesse detto…arrangatevi, cercate di usare il cervello e dire qualcosa di non banale, o anche di banale, basta che sia una vostro pensiero, mediamente articolato.
    ne sono uscite bellissime lezioni, eravamo presenti, avevamo ri-messo in moto i nostri giovani cervelletti….

    scusate la logorrea :)
    notte

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  37. Devo confessare che è dura, dopo tanta buona speranza e non leggera fiducia, incocciare nei primi sconfessabili esempi presenti sul sito…

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  38. studiate i classici, studiateli davvero. sennò diventate come i poeti di oggi, che non sanno niente e non sanno fare niente, eppure catechizzano sulla poesia. povera italia…

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