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Sarebbe piaciuto all’Emilio
andare a convivere nella Metropoli:
forse per poter essere in prima fila
ai cortei sul precariato o per sentirsi
in un racconto di Buzzati.
Torna sulla provinciale canticchiando:
“Quello che mi resta dei tuoi giorni…”
Domani un’altra vuota lezione
quasi parlando al vento,
quella brezza che spettina i passi zigani
d’un uomo. Nato chissà dove,
sotto un ponte a Est o in Andalusia:
viaggia con un carrellino di stracci,
pantaloni un tempo chiari
masticando uno stecchino da mezzo secolo.
Quei bambini accanto forse giù rubano
e magari uno diverrà decisivo
in una finale di coppa.
Ancora si sente l’odore dei giardini bagnati
all’alba per non bruciarli di sole
e calde sfogliatelle da mescolare ai mattini.
*****
Herr Fritz padre esemplare,
nonno affettuoso, nessuno dei vicini
in un villaggio della Bassa Sassonia
sospettava essere il boia di Borgo Santo Spirito:
duecento vittime tra vecchi, donne e bambini.
A lui inneggeranno ragazzi annoiati
un sabato sera bastonando a sangue un negro.
All’Enrico non dispiace troppo il Paesone,
pér lú che oltre il fiume è un altro mondo
e non ricorda le ultime vacanze:
sempre qualche lavoro tra capelli stempiati
dopo ogni doccia.
Teresa e Fiulin tra viali mielosi di tronchi secolari
e ville d’un’altra epoca,
in un dopo pioggia che ammanta viali di profumi
e biciclette; dal satellite sveleranno resti
mentre loro masticano una pizza nel sogno d’un vicolo
di Napule tra quadri pop e canzoni di Pino Daniele.
*****
È rimasta la carcassa
del palazzo in costruzione,
spolpata da vento e pioggia;
accanto ruderi d’un casale
transennato… pericolante
– dicono sia una storia
di eredità e testamenti –
L’Enrico dopo un sabato di lavoro,
un giro in piazza e una sùppa riscaldà
nel cucinino tra montagne di piatti
e la televisione vociante.
Fiulin tra strade longobarde:
solcate da Franchi, Asburgo, Fascisti
e Partigiani ma si sente sempre il profumo
delle sere di studenti tra antiche chiese
e acque a riflettere stagioni.
Da quella casa, di notte, pare di sentire
il rumore del mare ma sono solo auto
in corsa verso la festa.
*****
Come l’era bel il tò aniversari,
con la torta di panna del pasticciere,
i bignè a macchiare le labbra,
la maglietta alla marinara
e le nonne a guardarsi in cagnesco
come in una commedia all’italiana.
Ora è una festa democratica
con una foto sbiadita di Togliatti
e un titolo de L’Unità
da Guerra Fredda e militanti incanutiti.
Leggerai altri libri tra un giallo estivo…
delitto passionale… ondate di caldo
da portare gli anziani al supermercato
e prezzi della frutta alle stelle.
L’Enrico come un’ombra in fondo al tavolo
tra un piatto di salumi e bistecchine
osserva ragazzine – quelle mai avute da fiò –
e una serata da ballare fino a notte fonda.
Moriranno come mosche in nome del Capitale…
– disan – ultimi regali di un secolo a venire.
*****
La luna capolina sul torrente
dove nutrie scavano argini:
merli e fringuelli porteranno
suoni di primavera tra gru e operai
sopra i tetti: da un abbaino
si mescolano case e balconi.
La signora Lina fuggita di notte
a ottant’anni – come suo padre un tempo –
voleva morire tra quei boschi
dove bambina coglieva more, lamponi
e la guerra era il passo di partigiani
con la barba lunga e rossi foulard.
Ancora si sentirà parlare di faccendieri,
poliziotti corrotti, munnezza e pesci
scomparsi ogni giorno come lingue e dialetti.
Teresa in un incedere di lucertole e cespugli
tra rondini in volo a mangiare moschini
e una sera a presagire un’estate
di riti pagani e propiziatori.
*****
L’Emilio al crepuscolo correrà
nella Metropoli
– coi suoi bei palazzi Liberty
affumicati da rivoluzioni industriali –
ad annaffiare le piante della murusa
in vacanza ma domani… di nuovo il cibo
della mamma… “Ah, come la cucina di casa!”
L’Enrico per una sera staccherà la spina
dal lavoro, dal ricovero dove ha rivisto
il vecchio sacrestano: il sciór Domenico
ogni domenica a messa a cantare
in prima fila e ancora dopo l’ictus
“Osana… Osana… nel alto dei cielii!”
Mangerà a qualche sagra con l’Andrea
la busècca: “Se sa un po’ no de merda l’è no bóna…”
come dicevano i vecchi del Borgo.
Fiulin da quella stanzina d’ospedale,
tramonto vista padiglioni, case e alberi riposanti
da quasi un secolo: la nèbbia in ti oeùg
e Teresa che s’allontana per strada;
un’altra notte in un letto troppo grande
per vedere le stelle dal vetro.
*****
Teresa in un porto antico
dove rimangono poche merci, navi da crociera
e cantieri spianati da villette monofamiliari;
rivede suo padre e racconti di mare
che ancora odoravano di guerra e dittatura:
potrebbe essere Barcelona o Marseille
in un lungomare di bagnanti da giorno di festa.
Fiulin rivede la nonna stirare davanti a un film
in bianco e nero, un melò che riga zigomi,
di come sarebbe potuto essere… di come…
se avesse conosciuto un altro uomo…
E l’Andrea ogni giorno indaga su movimento terra,
strani giri, sentendosi un po’ Siani…Saviano;
alla pensione mai ci arriverà e nemmeno una targa ricordo
in periferia per un libro mai stampato.
Si alza un vento atlantico che asciuga sguardi,
fischia le orecchie e alzando gonne
lascia passi traballanti come dopo troppo vino a una cena.
*****
Passeggi sul lungomare
con sguardo forestiero
ma da lì viene il tuo sangue:
c’è ancora l’addore’e mare,
di cordami nell’acqua
dove si sedimentano civiltà,
tracce di epoche sfumate.
Tuo padre volto di fame
da dopoguerra e un sorriso
ragazzino mangiando frutti di mare;
li vedi ora contaminati gettati
sulla banchina con malagrazia
tra munnezza e navi in partenza.
Dici che lui rinnega la sua terra
ma anche l’Andrea vorrebbe un figlio
con stipendi da sottoproletario…
non ci fossero mamma e papà…
Anche Teresa non lo crescerebbe qui
senza lo stesso sapore di salso,
di macchia mediterranea,
mentre spedisci cartoline
come un gesto antico.
*****
«Una giornata al mare…”
canta l’Enrico verso la riviera:
leggerà poesie e steso
tra bagnanti e ciottoli respirerà
macchia e salso.
In alto colli e orti di basilico al sapore
del pesto della nonna;
alla radio la storia di Marco
scambiato per un guappo al tavolo:
«Ma tu che buò?»
In mano un trancio fumante
e il pomodoro confuso nel sangue.
Il sciur Carlo una vita a vendere pesce
nei mercatini, una notte l’ha sentita venire:
tutto scorso in un soffio
pensando ai suoi cagnetti.
Non c’erano cozze alla diossina,
erano lì dai tempi di Niceforo Foca,
vanto antico della popolazione locale:
si mescola il nero guscio ai fumi degli scarichi.
*****
C’è una strada inerpicata sulle colline,
accanto a un santuario,
di notte illuminata solo di lucciole;
quel castello avamposto di battaglie
tra Guelfi e Ghibellini è un nastro rosso
e ponteggi: ALT! PERICOLO DI CROLLO!
Teresa e Fiulin dopo una tortellata
– come ogni giorno ormai, in tante trattorie,
a pochi passi da campi di zanzare e grilli,
odore d’erbette e borragine,
di sere d’estate con la curiosità bambina
di scoprire il mondo.
In un’aria da Finis Austriae l’orgia della festa
è una sbornia passata di monete e manette,
fiumana schiumante
come un fiume dopo il temporale,
scontro di cicloni e anticicloni a lasciare
carcasse urbane sull’asfalto.
Teresa con il naso all’insù osservando
fiori di magnolia a rinverdire casermoni.
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nota biografica:
Nato a Mortara (PV), Luca Ariano vive ora a Parma. Ha pubblicato la raccolta di poesie Bagliori crepuscolari nel buio nel 1999. Numerose sue poesie sono apparse su riviste, blog e siti letterari su internet. Collabora con le riviste «ALI», «clanDestino», «La Barriera». Nel 2005 è uscita una sua plaquette ne La coda della galassia (Fara) e la sua seconda raccolta di poesie Bitume d’intorno (Edizioni del Bradipo), con la prefazione di Gian Ruggero Manzoni, per le Edizioni del
Bradipo di Lugo di Romagna. Con Enrico Cerquiglini ha curato per Campanotto l’antologia Vicino alle nubi sulla montagna crollata (2008). Fa parte dello staff della casa editrice Kolibris. Nel 2009 una parte della sua plaquette Contratto a termine è stata pubblicata ne La borsa del viandante curata
da Chiara De Luca (Fara). Sempre nel 2009 ha curato con Luca Paci l’antologia Pro/Testo (Fara).
Nel 2010 per le edizioni Farepoesia di Pavia è uscita la plaquette Contratto a termine con una nota di Francesco Marotta.


5 risposte a “Luca Ariano – Poesie”
da leggere, gustare e condividere!
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Grazie per l’ospitalità a tutti e Gianni Montieri per aver pubblicato le mie poesie.
Grazie anche a Enzo Campi per il commento.
Un caro saluto
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La poesia di Luca è limpida, cristallina, è uno squarcio sul mondo che porta refoli d’aria buona, una boccata d’ossigeno. La poesia di Luca è bella.
La signora Lina fuggita di notte
a ottant’anni – come suo padre un tempo –
voleva morire tra quei boschi
dove bambina coglieva more, lamponi
e la guerra era il passo di partigiani
con la barba lunga e rossi foulard.
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sono molto contento di aver ospitato le poesie di Luca. Poesia come piace a me, vera.
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Grazie Natalia per le belle parole e grazie a Gianni, questo blog lo seguo sempre in silenzio e l’ho trovato di estrema qualità, davvero sono onorato di aver pubblicato le mie poesie.
Un caro saluto a tutti
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