– Nie wieder Zensur in der Kunst –
Con gioia ripropongo a un anno di distanza questo articolo, che racconta con i limiti della lettura soggettiva, un bel libro che apprendo oggi essere in seconda ristampa. Le cose buone funzionano ancora.
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E’ ufficiale, da oggi il primo libro di Gianni Montieri è disponibile per l’acquisto online
Qui il collegamento al sito della LietoColle, da dove è possibile ordinare “Futuro semplice”
Poetarum Silva, che vanta la presenza di Gianni tra i suoi autori, saluta così il suo “Futuro semplice”
“A vele piene, Gianni!”
la redazione tutta.
***
Futuro semplice – Gianni Montieri
Le cose muovono incontro al giorno
ho sogni interrotti
senza un approdo a far da sponda
mi risparmio la paura
aspetto la seconda risposta
la carezza inattesa
l’accordo, l’apertura.
.
Cos’è un “futuro semplice”? Un tempo in-definito ancora da venire, una speranza, un progetto da realizzare, costruire o – semplicemente – da augurarsi?
Non solo, è nell’aggettivazione che la connotazione temporale acquista la sua valenza, il suo spazio semplice come il rituale e quotidiano ripetersi dei gesti, che nel reiterarsi segnano gli oggetti, consumano della nostra presenza le cose, imprimendo loro l’odore dell’appartenenza, il calore del guscio, quel senso “materno” di certezza.
la casa non sta nelle pareti colorate / sta nelle mani dove la testa appoggia / quando duole per la gravità del giorno
Avete mai fatto caso a come i vecchi siano attaccati agli oggetti più consunti ed a quanto sia difficile allontanarli da una vecchia coperta, un logoro maglione, una plurincollata tazza per la zuppa di latte?
Futuro semplice. L’essenziale? Essenziale come il necessario, il poco da portarsi dietro; essenziale come pregno della nostra essenza, perché vissuto, “certificato”.
“Certificato”: certus + factus, certo perché già fatto, già provato e sperimentato: semplicemente “rassicurante” nella sua certezza come l’odore del caffè “prima di berlo”.
conoscere l’azione successiva induce calma / riporre il libro sulla stessa traccia di scaffale /
annusare il caffè prima di berlo lo certifica
Ma come arrivare ad un “futuro semplice” se non vivendo nell’osservazione rituale del presente per impossessarsi dei suoi gesti, dei suoi “punti di riferimento”, degli incroci negli scambi repentini di tempo nelle sue frazioni tra passato e presente continuo?
Il tempo: una convenzione? – forse. Uno spazio? – probabile. Una condizione in itinere – (in)certezza. Ma che certezza può dare una cosa che sia “in itinere”, in viaggio, in divenire? A rollin’ stone doesn’t take musk – dicono gli inglesi –una pietra che rotola sempre non raccoglie muschio intorno a sé:
Io sto al sud proporzionalmente / appartenenza più che somiglianza / porto tracce degli umori, la durezza /
-certi sguardi- […] dicono che non ho l’accento / particolare privo d’importanza /
le parole tronche, questo conta / sono tutti i miei risparmi
Qualunque cosa sia il tempo, è il nostro passo a determinarsi misurandolo, è l’occhio a fissarne i cambiamenti di luci ed ombre, la pelle a percepirne gli sbalzi di temperatura nell’alternarsi delle stagioni. Cosa fare?
Io Milano l’ho imparata il sabato / nei passi lasciati ai bordi del naviglio
Cercare un’appartenenza che concilî nelle intercapedini di spazio e tempo la memoria per in-vestirsi della propria certezza.
tenersi un ricordo appeso a un chiodo / una voce sentita alla radio /
che quasi in ombra canti / per fortuna o per altro.
Muoversi lentamente apprendendo la fretta nella metropolitana tra gli scambi di passaggio.
l’istante in cui si mischiano i corpi / sulle scale della metropolitana /
quando nulla pare deciso / prima dei caffè, delle brioche / si fa finta di essere uguali.
Dalla lettura dei versi di Gianni Montieri emerge un disincantato spirito d’osservazione che restituisce senso di duale appartenenza ad ogni piccolo gesto del suo narrarsi in una Milano grigia eppure morbida, malinconica, come una decadente signora rimasta sola ad osservare, appollaiata tra i suoi piccioni, il convulso scorrere e scivolare via di incompiute esistenze dalle sue stesse tasche.
qui di questi tempi è pieno di gru / la città si espande verso l’alto / da ottomila al metro quadro /
[…] / anche Marta va in analisi / non cena mai al cinese / “vai a sapere che ci mettono in quei fritti” /
Milano sarà perfetta, in tempo per l’expo / piazza Duomo ripulita ancora più rettangolare /
-via i piccioni, via i neri e i braccialetti- / stamattina ci siamo salutati /
[…] / io Londra, tu altrove / cos’ha Milano che non va?
“Futuro semplice” è l’aspirazione di una intera generazione di precari, uomini e donne precari negli affetti, precari rispetto alle certezze apprese nell’infanzia, precari nelle abitudini che devono essere sottoposte al vaglio dell’incerto. Ne emerge un quadro generazionale di affetti spezzati, di incognite, di memorie, di corse frenetiche e sguardi lenti, un film neorealista collocato fuori tempo, o – forse – un monito, un allarmante grido nell’assordante silenzio di un individualismo forzato, impossibilitato alla costruzione di una “comunione” di intenti, di vite, che ci rimbalza indietro di mezzo secolo di storia, restando ancorato alle aberranti contraddizioni tra fasulli ottimismi capitalistici e l’ombra dei suoi stessi fallimenti.
Uno sguardo pregno degli umori di una terra che non ha offerto futuro che si muove su un terreno che promette frutti a caro prezzo: quello del tempo tramutato in profitto, soggetto ad ogni “cambio d’opinione”. Non resta che osservare, adattandosi, e “aspettare” (r)esistendo aggrappati alle poche ed importanti certezze del quotidiano, appartenedovi totalmente.
Le poesie di Montieri si possono leggere come capitoli di un’unica narrazione – descrittivi eppure musicalmente lirici nel verso naturalmente propenso all’endecasillabo, troncato e riallacciato in morbidi enjambement – dal procedere “minimalista” ed essenziale nel linguaggio, che rivela uno sguardo onesto e consapevole che non addita, non giudica, non infierisce ma, semplicemente, si racconta narrando.
natàliacastaldi
. AVANZI . Il gesto dell’apparecchiare possiede grazia così come la mano che chiede alla rosa di non sentir paura mentre l’altra pota è un rituale, una funzione non c’è spavento dentro l’abitudine conoscere l’azione successiva induce calma riporre il libro sulla stessa traccia di scaffale annusare il caffè prima di berlo lo certifica . la casa non sta nelle pareti colorate sta nelle mani dove la testa appoggia quando duole per la gravità del giorno -per il troppo vento- . *** . ANDIRIVIENI . Di grazia nei gesti di sfumature, polvere tolta e tornata dopo appena un minuto il coraggio che sta nel perdono già basterebbe . la tenerezza di una mano quando appena ti sfiora -farne a meno- tenersi un ricordo appeso a un chiodo una voce sentita alla radio che quasi in ombra canti per fortuna o per altro. . *** . RESTYLING . Di questi tempi è pieno di gru la città si espande verso l’alto da ottomila al metro quadro . (non ci sfioriamo, non ci parliamo gli extracomunitari puzzano la 90 prendila tu) . anche Marta va in analisi non cena mai al cinese “vai a sapere che ci mettono in quei fritti” Milano sarà perfetta, in tempo per l’expo . piazza Duomo ripulita ancora più rettangolare -via i piccioni, via i neri e i braccialetti- . stamattina ci siamo salutati ti ho detto ciao, mi hai dato un bacio io uno zaino, tu una borsa io Londra, tu altrove cos’ha Milano che non va? . *** . RISPARMI . Io sto al sud proporzionalmente appartenenza più che somiglianza porto tracce degli umori, la durezza -certi sguardi- . (ci allenavamo a sognare davanti alla chiesa di San Giovanni certi che Dio non sarebbe passato ma questo ci ha reso tenaci indossiamo una pazienza non concessa altrove) . se non fai attenzione nei miei occhi non vedrai le briciole di una purezza conservata a stento sotto strati di maglioni a fibra mista . dicono che non ho l’accento particolare privo d’importanza le parole tronche, questo conta sono tutti i miei risparmi . (all’una tornavamo a casa l’appuntamento per la partita il pomeriggio di nuovo urla, risate altri sogni). . *** . PARZIALMENTE TERRENI . Ci siamo spartiti molto dissolto in lontananza il resto tenendo bene in mente la scelta fra l'andarsene e il sognare . non abbiamo imparato a pregare accontentandoci dei nostri passi del suono certo del tacco sull'asfalto restare in una stanza vuota a noi non è concesso cerchiamo conforto nel rumore -nel suono grezzo- . coltiviamo speranze in curva non avendo mestiere per i rettilinei nessuna competenza sui tratti autostradali. . *** . MILANO, ORE 19.30 . C’è una luna gialla altezza guglie a illuminare le conversazioni gli aperitivi a Piazza dei Mercanti . passi rapidi verso le scale di Cordusio o in direzione opposta in coda per il cinema . un diniego negli occhi della donna dice all’uomo che tornerà da solo al tavolino fa di colpo freddo -il conto, per favore-. . *** . . . L’ASCESA . Precipito, rara acqua piovana come foglia d'inizio autunno prendo colore scivolando in basso . soprattutto non parlo in questo volo radente non pronuncio niente . è questo che ti sto spiegando a ogni vuoto d'aria stretta allo stomaco ramo che spezzo col peso racconto un pezzo di questa caduta. La felicità è un abisso. . *** . ATTRAVERSO MILANO . Io Milano l’ho imparata il sabato nei passi lasciati ai bordi del naviglio su bancarelle di libri troppo usati l’ho assimilata nei caffè bevuti appena dopo l’alba . osservando la fretta un po’ di lato ho allungato la falcata ne ho preso possesso in metropolitana un lunedì qualunque di gennaio sottoterra amando l’interscambio . le ho voluto bene veramente quando ho capito il senso delle tangenziali compreso che la nebbia ha una ragione distinto da lontano il suono che fa il tram. . *** . ATTO D’AMORE . Tornare a sfiorarti a comprenderti davvero nella discesa a gomito che va dal bosco al centro . vedere se è rimasta poesia fuori dalle cartoline -dai denti- . scivolo dentro quelle notti processioni d’auto sul lungomare risate chiassose e clacson . come ci pareva facile . ignoravamo i motivi delle voragini d’asfalto dei palazzi fatiscenti . l’occhio non distingueva l’inevitabile dallo straordinario conteneva nella stessa iride il contrabbando e San Martino il parcheggio abusivo e via Orazio . un solo panorama . adesso che le ragioni dell’età saprebbero spartire, scegliere verso nel bicchiere la certezza che a te devo almeno un uomo. . *** . CONSUETUDINE INVERNALE . I piccioni volano bassi fra strani tagli di vento il rettangolo di piazza Duomo disegna una perfetta chiusura del cerchio . freddo – noia – silenzio . qualcuno scatta foto da cartolina l’unità di misura di un ricordo in metrò è segnalato un guasto: a Conciliazione si è ammazzato un vecchio . di essere soli non si smette mai. *
grazie nàt..le sorprese mattutine…valgono come il primo caffè fatto bene…:-)
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Complimenti e in bocca al lupo
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grazie a entrambi, belle le poesie, bella la presentazione.
“in cima alla luna!”
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Mi piace molto il suo stile che definirei “antilirico”, molto moderno. Ancora una volta direi che la semplicità è frutto di duro lavoro…
Ciao
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pre-carie: prima che la carie, la parola affetta d’infetto, imperfetto, ci svuoti, prima di diventare cariatidi, prima di essere ciò che già è stato, in involucri fatti di apparenze, nella stessa appartenenza, di genere e gene,prima che tutto il futuro si veda, come un grande in-forme tempo che vacilla, da un infinito passare, prima di ogni altra cosa si guardi al prima e quel prima si farà pre-sente, di qualunque tempo si tratti, poiché tutto la mente rende semplice, semplifica e certifica.
Natàlia coglie bene il rito, perchè anche la precarietà è rituale del passaggio, è grembo materno di una incessante ri-formula-zione dello stesse seme, senza che si possa distinguere cosa e dove l’indecifrabile zero è marcatura di una differenza.
Grazie Nat.,per accendere lumi, fari nel fare, nel coniugare, con-giungere (al)l’essere. ferni
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tu mi emozioni. grazie.
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ringrazio tutti per il passaggio e la lettura, quelli scelti sono solo alcuni de versi -tutti da leggere- di Gianni, e spero davvero che questo libro abbia il successo che merita.
Compriamo libri, compriamoli i libri di poesia, fanno bene al pensiero, all’elaborazione critica del pensiero, sia che essi rispecchino il reale, sia che parlino d’evasione, alla fine sono una porta d’accesso alla “meditazione”. Una poesia non muore dopo aver voltato pagina, riposto il libro, la poesia semina dentro e te ne rendi conto a distanza di tempo, quando ti balena agl’occhi un immagine, un odore, un frammento, uno scorcio mai veduto fisicamente ed il pensiero rielabora facendo tuo tutto un senso, nascosto o – solo – intimo.
grazie di cuore e a Gianni ancora e sempre grazie per avermi permesso di “leggerlo” per iscritto.
natàlia
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sono io che ringrazio te nàt…per l’attenzione e la cura che ci hai messo, e che ci metti sempre…e ringrazio tutti voi..
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Ancora complimenti.Che sia il primo di una lunga serie;)
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Peccato averlo saputo solo ora… lo avrei sicuramente incluso nella camionata di libri appena ordinati. Sarà per il prossimo round e con molto piacere.
Nel frattempo: in bocca al lupo!
Luigi
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very good, Mr. Montieri :-)
bravo, bravo davvero…
stefania
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Auguri per il neonato!
non vedo l’ora di sfogliare il cartaceo…
un abbraccio,
Giovanni
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ordinato,grande
c.
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Dai testi qui esposti la prima cosa che salta subito agli occhi è una certà “onestà” di fondo. Ci sarebbe da intendersi sul senso di questa parola che proviene da “hònor” e che vale anche come “integro”. Il percorso qui verte proprio sulla ricerca di una sorta d’integrità, di giustezza che le cose e gli eventi quotidiani rendono più complicata. La risposta è, forse, che la giustezza risieda nelle cose semplici, nel valore da attibuire ai gesti quotidiani, nei risvolti degli avvenimenti e dele parole che entrano a far parte del nostro mondo.
Io non so se Natàlia abbia fatto un ragionamento di questo tipo nell’elaborare la presentazione di questo libro e di questa poetica, ma il suo pensiero e la sua scrittura sembrano nutrirsi di quest’idea di base.
Natàlia dona semplicità alla semplicità ed esordisce parlando di un tempo in cui -rielaborando mentalmente il passato e l’immediato- vive l’urgenza (per quanto compassata) della ricerca del futuro. Un futuro anch’esso semplice, come epurato da inutili e improduttive scorie, un futuro da attraversare in punta di piedi e da cantare sottovoce, come se la chiave non fosse quella di urlare e imporre una certa visione delle cose, ma quella che apre la porta senza spalancarla del tutto. La porta resta socchiusa, si offre cioè sia all’entrata che all’uscita con una discrezione, a tratti, disarmante.
Non c’è categoricità nel pensiero di Natàlia perché non c’è categoricità nella poetica descrittiva di Montieri.
Tutto scorre -con la dovuta, e sempre più anelata, lentezza- dinanzi agli occhi nella ricerca di un’integrità, di una giustezza che sembra ogni volta sfuggire alla presa e che detta il leit motiv del percorso da compiere.
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Complimenti e auguri, Gianni, leggerò il libro con piacere e attenzione.
Intanto, ti/mi porto via questa magnifica strofa:
(ci allenavamo a sognare
davanti alla chiesa di San Giovanni
certi che Dio non sarebbe passato
ma questo ci ha reso tenaci
indossiamo una pazienza
non concessa altrove)
fm
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“stamattina ci siamo salutati
ti ho detto ciao, mi hai dato un bacio
io uno zaino, tu una borsa
io Londra, tu altrove
cos’ha Milano che non va?”
Questi versi più la nota di Natalia fanno (lenin avrebbe detto i soviet più l’elettricità) il punto del precarismo. “Cos’ha Milano che non va”, domanda che, allargata ad ogni città, è l’emblema del nomadismo culturale con cui noi, precari per statuto, dobbiamo fare i conti, ed in molti li stanno già facendo. Bel pezzo di XXI secolo. Il XX si era aperto con l’impiegato inetto. Il XXI con il precario ed il precariato, e queste poesie nello spirito, nell’ambientazione metropolitana, nella “caducità” contrattuale mi sembrano un buon rappresentante di questa tendenza communis. Leggerò la raccolta per avere conferme o meno o allargare l’ambito della riflessione soprattutto in merito allo stile prosaico (intendo una ricerca di modelli, maestri, influenze). Intanto complimenti.
L.
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Gianni ti faccio un grandissimo in bocca al lupo per questo lavoro. Te lo meriti tutto.
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io non ho parole, per una volta non è una frase fatta…ognuno di voi..mi ha prestato un’attenzione…una vicinanza sincera…
spero di essere all’altezza.
Quello che mi sento di dire che c’è stata cura, impegno e onestà in questo lavoro. So che è un buon risultato.
Siete belli e casa nostra è una bella casa
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casa nostra … mi rende così felice! (appartenenza, certezza, certificata)
Gianni, la fortuna tu te la costruisci da solo tra quelle piccole cose che conservi nello zaino e nelle pieghe dei libri di Carver, Moresco e di mille altri.
buonanotte Gianni, grazie ancora.
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Questa è una bella casa, davvero, le persone sono oneste e competenti nel giudizio e le loro letture profonde e rivelatrici.
Conosco le tue poesie e “l’onore” (come dice Enzo) che ti contraddistingue, appartiene. So già che è un buon libro e che il tuo percorso è in continuo crescendo come pure l’impegno per diffondere la poesia.
Tu resta sempre quello che:
“davanti al mare
per una volta non accontentarsi”
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anna…un bacio e un grazie anche a te..a presto :-)
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La (ri) lettura conferma: “la felicità è un abisso”, un Atto d’amore, tra Avanzi, Andirivieni, Ascese. Vero, Nat, “le buone cose funzionano ancora”. Fa bene averne contezza. Bella la luce che arriva, Gianni.
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Il senso della precarietà approda ad un significato che lo supera. E’ quasi … ‘ultraterreno’ quel felice tratto di maestria con cui il poeta Montieri raffigura, consegna, all’eternità il valore di un’esperienza che giunge a noi così, privata, da essere suscettibile di allusioni. Indirettamente è proprio la sua segreta dimensione a diventare toccante. Il poeta sembra dire che non occorre la straordinarietà per acquisire il dirittto totale di esistere, ma vale di più il sommesso e puro riconoscimento dell’attimo., illuminato da una luce dentro che lo riscatta da ogni limitatezza. Si può essere dunque “parzialmente terreni” come titola un suo testo, suscitare un vivo sentimento di commozione, ancorchè trattenuto dalla severa misura formale dei versi, ma per cosa? Forse per il coraggio di vivere, di resistere alla finitudine.
La poesia assume, in generale, sempre varie forme e propone frequentemente domande irrisolte per l’uomo odierno. Conducendo una riflessione sul fenomeno, c’è da chiedersi, tuttavia, se il quotidiano potrà sempre ispirare, o non sarà importante cogliere anche i grandi appuntamenti epocali e motivarci ad una poesia che riscopra il ” far grande”, l’invenzione (fantastica?) di mondi alternativi, oppure nuovi approcci all’impegno etico-politico. Nel frattempo i testi di Montieri non si fanno dimenticare nel segno della bellezza che è memoria degli altri e di se stessi. Marzia Alunni
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grazie a Anna Maria e Marzia per aver (ri) letto
gianni
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