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Sottopelle – Daniela Montella

Drug addiction

Sottopelle ho veleno che scorre. Vene blu. Sono maligne. Le strapperei una per una dai polsi e le ingoierei a forza. C’è qualcosa di crudele che scivola lezioso appena dietro le unghie. Serra la trachea. Alzo le mani verso la luce, le vedo. Le studio. Le osservo. Le capisco. Pallide pallide e tutte ossa. Coperte. Che quasi si muovono. Ho un liquido che mi dilaga dentro, stacca la pelle dal corpo. Tessuti lacerati. Perdo la vita. C’è aria, fra la pelle e me, si sta gonfiando tutto. Ho il sangue scoperto. Gli spifferi mi fanno rabbrividire.
Sottopelle qualcosa mi sta spogliando. Sarò un pezzo di carne che sanguina. Con gli occhi. E la vita al di sotto di essi che se ne va. Seni straziati che perdono inchiostro e labbra nere immonde. Non è una metafora. Immagino solo in bianco e nero. Ma vedo coi colori. Per pensare devo stringere le palpebre. Quando il veleno mi toglierà la pelle mi cadranno anche quelle e non potrò più dormire. Vedrò in eterno la luce, la polvere seccherà le lacrime. Staccherò ogni fibra per smettere di soffire. Finirò in un angolo cieca e nudissima. Riderò. Già rido. Pensavo fosse un’eco, pensavo fosse un film, uno spettacolo di varietà, vaudeville, felicità rappresentata perché altrimenti non si riconosce. Invece ero io. A prepararmi per il mio funerale. Voglio una tomba di ebano.
Sottopelle. Qualcosa. Sono in un angolo e sto per morire.

Hai mai pensato che forse ti amo? Perchè mi accarezzi e sono liscia, e sotto ho schifo che trasuda e può infettarti. Stai attento. Hai mai capito che ti odio? Forse ti bacio. Forse vomito. Vedo conati. Forse ti faccio morire soffocato nel mio vomito. Poi ti chiedo scusa perchè ti amo. O forse no. Il veleno confonde i pensieri. Non devo farmi più. Ma è tutto così bello. Quando mi illudo. La vita è così dannatamente, fottutamente, perdutamente triste. E quando ho veleno sottopelle penso che sto morendo e sono contenta. Magari ti porto con me. Ci faremo per sempre. Ti piacerà. Saremo strafatti e scoperemo e godremo come pazzi, perchè siamo noi e noi siamo imbattibili. Il marcio mi illude. Ma io voglio credergli con tutto quello di integro che mi rimane. Meglio un’illusione che questo. Questa parete lercia. Questa vita di piume che volano e fuggono.
Non ho niente se non il momento in cui un ago mi trafigge il cuore e io libero – libero/me. Mamma mi tiene per mano e io ho sei anni e ho i codini. Ho dodici anni e lei non è morta. Sono libera e posso avere tutto. Rinchiusa fra sbarre immaginarie, incatenata e senza ossigeno, con i pensieri che si annebbiano e la testa che mi scoppia, e una voce che urla ‘basta, basta, basta’ io sono davvero libera. È quello che sono. Ho sfidato arpie e rapaci per essere così. Non voglio altro.
Posso avere quello che voglio.

Sottopelle.

Questa sensazione di viscido che non posso lavare. Questo orrore. Questo tunnel nero di cui io intravedo la soglia. Tubo catodico. Un giorno sarò in televisione. Sarò una stella. Avrò una bellissima piscina, mi siederò ogni sera sul bordo e mi farò, e tu sarai con me, e saremo talmente felici che ci sembrerà di scoppiare. Tanta felicità non basterà per i nostri soli corpi. Si spanderà. Sarà luce su di noi. Saremo bellissimi. Stelle sul bordo di una piscina. Ricchi famosi e vuoti. Saremo luridi bastardi, viscidi vermi, squame decomposte. Peccatori. I peccatori più incantevoli di tutti. Mi guarderai negli occhi. E dirai che mi ami. Come lo dici prima di fare pompini ad un represso padre di famiglia. Come lo dici quando sto per salire sull’auto di uno stronzo per lasciargli godere dell’unico buco che non mi sono fatta da sola. Sarà come lo dici sempre. Ma noi saremo belli. Saremo ricchi, illusi, vuoti, persi, derelitti. Moribondi. Scandalosamente in.na.mo.ra.ti…

Liberami. Fatti spazio su di me. Taglia le nuvole. Fammi strada. Non so più camminare.
Cado? Volo? No. Vado giù. Taglia la terra per me. Sposta i vermi che ci sono sul cammino. Ho qualcosa.
Nessuno può tenermi mentre cado.

Sottopelle c’è piombo.
Affondo.

[Si chiamava Sara. Questo è stato il suo ultimo pensiero prima di morire per overdose, il 15 Maggio del 2006.]

10 risposte a “Sottopelle – Daniela Montella”

  1. la rileggo e ancora e ancora.
    di te m’innamoro.
    ma tanto sai già.

    la crudità vorace d’ogn passaggio.
    ogni parola ha una pancia implosa.
    tu sei meravglia per occhi e vene.

    ti bacio e…benvenuta amica mia*

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  2. mi domando a cosa serve questa ferocia, questo spaccato di vuoti, congegni ad orologeria, queste esplose architetture di ferro e ruggine dentro le reti infallibili della carne, che governa ogni attimo della vita dentro la cellula della morte.A cosa serve abbandonarsi a questo gelo, a cosa serve invocare l’inferno che già ospitiamo fin dalla nascita, a chi serve questa mescita di orrori, quando a ciascuno basta solo una parola per non sentire freddo prima che sia la morte ad impartirgli l’ultima lezione. f

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    • è una domanda che mi sono posta spesso anche io. Il problema delle domande simili è che nessuno ha mai trovata una risposta esauriente. O non l’ha mai rivelata, chissà. Ad ogni modo, grazie.

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  3. Mi scuso con Daniela per il ritardo…
    un racconto perfetto, dove la perfezione risiede nell’accuratezza dei dettagli e del sentire come sulla propria pelle ogni istante velenoso e soffocante che ci si propina come in una fuga disperata verso la propria distruzione.
    Conosco il mondo della droga, purtroppo, l’ho guardato negli occhi, ne ho sentito l’odore acre e chimico sulla pelle, e ho visto come distrugge… quindi, doppiamente, apprezzo la crudezza del tuo scritto che non dà giudizi ma racconta una realtà, così com’è.

    ed in ultimo, ti abbraccio dandoti il benvenuto in redazione.

    nc

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    • Mi scuso anche io per il ritardo (tantissimo) ma grazie. Ancora e ancora grazie, per aver letto e per il benvenuto… ma sopratutto per le tue parole.

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