1.
sostieni la mia pelle sulla tua bocca e fanne
un ramo come un osso d’albero che si lacera
e si trattiene; volgi qui un po’ del tuo occhio
sorpreso del mio odore. sapessi quanto aspettare
richiede l’amore; sapessi come io, lunga, dal mio ventre
al tuo ginocchio mi sorprendo altra. piccola ma greve,
la fiamma s’incastra alla tua bocca e al tuo dente,
forte, diviene ancora.
7.
e forse un nodo conosce mille modi per slegarsi:
si trattiene così poco alle mani da aver paura
di contare le memorie, le dita conche e le lingue
larghe poi fino a stringersi quasi in croce. le mura
qui sanno chi sono. sanno dove il mio cordone
ombelicale termina e dove ha inizio la mia sete.
sono sterile di notte, come una lunga luna
che s’incastra all’occhio, appena ci corteggia la sera.
11.
e tutta la notte, spiegami, come una ragnatela
segue una sola vittima, un solo corpo a cui
appartenere: io oggi mi rinnego e domani mi voglio
tutta, tutta un gambo corto d’una magnolia,
tutta una pianta senza radice come la mia ombra;
l’ornamento spesso si spiega al punto di cancellarsi
con l’orma appesa all’esile stelo, che sia di morte o vita.
19.
nota come il bosco sperpera la sua forma
al vento che s’allontana per trattenerlo:
il suo suono alla bocca denuda l’ardire,
l’angoscia che l’esserci sia una forma effimera.
lì l’orma racconta alla via, come la foglia si curva
e abbandona, come la terra ruota in senso inverso
e non si stacca, ma si sgretola nel sonno,
con un nodo incarnato alla gola.
21.
dammi una bocca per congelarmi nel fiato,
un tantocosì grave peccato dove ungere
le unghie e dipingermi l’anima.
qui sta il buio delle cose antiche,
nell’aria che piano piano si frantuma.
30.
la forma è sempre uguale – l’edera che scorre
sul muro e ne fa un manto grigio dove sospendere
tratti – la parete curva con l’occhio l’andirivieni
delle estive memorie, dov’eravamo leggiadri
a scambiare aquiloni – giovani si diceva allora –
il dettaglio sta nelle minime rimembranze.
è così il peso nei nostri denti, intarsiati
di calchi perfetti di solitudine.
37.
e se questo tratto sapesse il tuo nome
come sta tra i denti e come fiata
un’onda così piena da tradirmi
la mano si farebbe grande per avvinghiarti
così lontano hai poca luce addosso
e poca forma io nella tua pelle
calma e sola, fino a stringersi.
41.
non ho fiato per sprecare silenzi – dimmi come dire
che tu ed io siamo soli: in veranda oggi guardavo i gatti
a stordire la coda e mangiarsi i baffi, come noi;
le poche cose di me non hanno discorsi
da rammentare. pure le forme dei gigli in giardino dimenticano
quando entro ed esco, ogni sera.
51.
alzarsi, sedersi e snervare la mente del pegno
come in un ritorno dovuto – tal era il fato e tal
fossimo, saremmo diversamente uomini – qui,
un nodo in gola, uno spago tirato allo stomaco
stringe i buchi all’anima, circonda il fiato
e lo respinge – dimmi com’è quest’ombra oggi
e che volto ho io, più di ieri. un tratto appena
mi scorgo diversa e già non so più d’esistere.
Anila Resuli, nata in Albania nel 1981, trasferitasi in Italia nel 1997, vive nella provincia di Milano, dove continua gli studi di Mediazione Linguistica e Culturale, dedicandosi alla lingua cinese e alla lingua giapponese.
E’ presente nell’antologia “Nella borsa del viandante. Poesia che (r)esiste”, a cura di Chiara De Luca, Fara editore 2009. Nel 2009 ha fondato Clepsydra Edizioni.
17 risposte a “Anila Resuli – Petali Vorticanti”
Le parole di Anila arrivano come onde gentili. Le sue poesie sono dialoghi interiori appena udibili. Bisogna avvicinarsi lentamente, rimanere in ascolto, cogliere i sussurri e le sfumature. E piano piano i versi entrano e percorrono le strade interne del corpo/anima. E si scopre quanto incolmabile sia la distanza tra le solitudini. Le parole, petali con cui vorremmo colmare i vuoti, ponti per raggiungere “l’altro”, sono una consolazione temporanea – forse un’illusione.
Rimangono le domande, rivolte ad un interlocutore che rimane nell’ombra, in silenzio.
Buona lettura.
Stefania
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è delicata questa poesia, ma quanto è deciso il tratto e ponderata la parola!? una bella proposta, un respiro di grazia di cui c’è veramente tanto bisogno.
n.
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(bella cosa)
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ci vedo un soffio lontano di vecchie cose lasciate e la paura di scordarne i contorni.Buio come fonte di ricerca,curiosità di capirne i contorni e di sentirne l’estasi più concreta,carnale.Fiato e onda.L’albedo dei respiri e delle “rimembranze”.quelle poche cose che sanno si sé che neanche i gigli del giardino riconoscono.
Da bere al mattino contro tutti i dolori del giorno.Grazie.
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* di sé.
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Grazie Stefania per aver parlato di queste mie poesie.
Questa raccolta è nata da dei dipinti di Utamaro, tra i quali uno in particolare, intitolato proprio Petali vorticanti. I suoi dipinti raffiguravano sempre queste geisha con i loro amanti che spesso erano anche i loro innamorati: nei quadri infatti si vedono le parole che queste geisha dicevano ai loro amati-amanti, sotto forma di fumetti. Mi affascinava comunque questo gioco di immagini-parole messe insieme su quadro, e mi sono immersa nei quadri come fossi io una di quelle geisha, amante innamorata, a parlare del suo innamorato amante.
Piccoli tratti tra le immagini…
Mi fa molto piacere la tua lettura che trovo davvero molto azzeccata.
E grazie anche a Natalia per le parole, davvero!
Un abbraccio,
Anila
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Grazie anche a Lele per le parole. Abbiamo commentato all’unisono. :)
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Per me sono davvero belle!
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Complimenti Anila, per le immagini usate, per la delicatezza e molto altro, e grazie a Stefania.
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risuona il vorticare dei petali dentro l’anima ed è nel riconoscersi intimo che emana forte la bellezza…
mi piacciono moltissimo le tue poesie. ciao
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Grazie a tutti voi per le belle parole dedicate a questi miei scritti…
:)
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ho letto di te in giro.
ti scopro ora con più intensità.
sei bella.
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Sono sussurri, battiti d’ali; niente sforature rumorose o altro che percuota
una corda più di un’altra. E’ come stare sdraiati sotto un albero, in campagna
e godere della tranquillità della natura quando la natura è tranquilla o il placido
scorrere del fiume quando il fiume scorre placido. Ripeto, perché esistono quei
momenti in cui la natura non è precisamente tranquilla e placida, e questa parte
della tua natura, Anila, lo troviamo qui dentro, ben armonizzata nei versi gentili:
lacerazioni, fiamme incastrate, nodi, ragnatele e vittime, sgretolamenti,sono accenni
sintomatici di come tutto può mutare in un attimo. Ed è forse questa consapevolezza
che in queste poesie il sussurro copre tutto il linguaggio, come in certe favole che si
raccontano piano per non svegliare l’orco o la strega cattiva.
Una pace un po’ onirica se vogliamo ma con dentro tutti gli elementi che la rendono
reale e, soprattutto vissuta e da vivere ancora.
Solo verso la fine di questa sezione di brani (41 e 51) percepisco come un guardarsi
allo specchio e non ritrovarsi del tutto; come se qualcosa ha mosso lo specchio d’acqua
e l’immagine si deforma fino a confondersi e far risalire i dubbi.
Ma d’altronde, Anila, noi, attraverso il tempo, siamo acqua di un fiume che non è mai la
stessa attimo dopo attimo.
Bellissima lettura, davvero!
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La tua lettura e le tue parole mi commuovono Sebastiano, grazie!
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grazie anche a morfea per la lettura e la testimonianza.
non immaginavo queste poesie potessero suscitare tanto interesse. sono felice sia successo, davvero!
grazie!
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sono felice anch’io, Anila :)
un saluto a tutti coloro che sono passati da queste parti… grazie
stefania
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affascinata da tanta grazia e Poesia… immagini a me care, delicatezza e forza mai urlata ma viva e palpitante.
un’ottima lettura, grazie.
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