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Che il nostro fabbisogno di finzione decresca: Emanuele Canzaniello, In principio era la paura

Essere al mondo potrebbe, di per sé, rappresentare un punto di riferimento ma sappiamo che non è (e non sarà mai) abbastanza. L’esistenza corporea è una porzione ben visibile di realtà, ma solo una porzione. Il resto, invece, cos’è? Domanda abissale e filosofica, che richiede un requisito fondamentale: essere vivi. E l’essere vivi è la strada maestra verso la finitudine.
La raccolta poetica di Emanuele Canzaniello, In principio era la paura (peQuod), attraversa i sentieri calpestati da volti appartenenti a un ipotetico giorno zero, quando le tracce di una certa postura e di un certo modo di aggredire il mondo hanno cominciato a circolare nel nostro sangue, divenendo una versione della storia. 

Cronaca e costrutto, cinema e virus, colpa e giudizio: da dove è partita la crepa?
Non esiste risposta (e non esiste poesia) che non sia tragicamente personale.

 

Giulia Bocchio


Cinque poesie tratte da In principio era la paura

 

Il giorno del giudizio avverrà così,
Si saprà di poter andare a letto sapendo
Di non svegliarsi più
Quanta gente sceglierà di andare a dormire
Quanta gente su miliardi di persone
Sceglierà di andare incontro tranquilla
Al sonno
Sapendo che sarà dolce e calmo,
Sapendo che sarà come andare a dormire
E solo allora sarà possibile l’assoluzione
Veramente plenaria di tutto il mondo insieme
In una notte
Soltanto andando a letto.

*

Anche la scelta di dormire di notte
E di stare in piedi di giorno
È vecchia di 230 milioni di anni in noi.
Dai rettili l’abbiamo ereditata.
Animali a sangue freddo,
Hanno trovato l’equilibrio
Restando fermi nel buio
E muovendosi nella luce,
Prima che le prime scimmie si muovessero
Sotto il sole.
E dentro il nostro dna,
Nella sequenza di noi stessi
Si trovano incistati,
Incassati nella notte
Antiche di milioni di anni
Sequenze di virus che oggi sono là,
Fossili
Nella struttura dell’essere.

*

È mattina, mentre scorrono
Le immagini di Chernobyl la serie
E i suoni pulsano, le tute si aprono
Al sangue come la pelle sottostante,
Parliamo di un caso accertato di positività
Tra noi. Lunedì ultimo contatto.
Una ragazza si sente male, esce
Forse non sente più gusto né odore.
Si puliscono superfici e sedie
Si mangia di nascosto.
Ancora Chernobyl in sottofondo.

*

Che il nostro fabbisogno di finzione
Decresca
All’impatto con la guerra
E con poche altre eccezionali condizioni di realtà,
Anche questo fa parte del tremendo
Carattere dell’esistenza,
Che è finzione e forse guerra.

*

Nel sogno sei sotto l’arco di una porta
Sulle scale di un palazzo noto,
Alle spalle l’appartamento buio,
Quello all’angolo rispetto al mio.
Tu lo stai baciando, sotto l’arco della porta
E lo vedo salendo le scale
E arrivando al piano.
Vedo il tuo viso inclinato
La luce della pelle e quella degli occhi,
Il desiderio degli occhi, senza paura.
Lui credo sia indiano, scuro
Tu hai l’abbandono del volto e il capo inclinato.
Io vi passo accanto, verso l’altra porta
E nel passare ti accompagno
Quasi ti spingo la nuca verso quel bacio.


Emanuele Canzaniello è nato a Napoli nel 1984. Ha pubblicato per le edizioni Oèdipus il libro di poesia Per l’odio che vi porto (2017) e I migliori film mai girati (2017) una raccolta di recensioni a film che non esistono. Dottore di ricerca in letterature comparate, ha pubblicato saggi di teoria e critica letteraria in riviste e in volume, e la monografia sull’influenza estetica del totalitarismo in Francia e in Italia Crimini della bellezza. Un canone del romanzo fascista (Aracne, 2016).

 


In copertina: Ospite speciale by Giulia Bocchio + Midjourney


 

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