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Poema contemporaneo tra fantascienza, mito e allucinazione: Il dio di Norimberga, Alessandro Baldacci

Cosa accomuna Kaspar Hauser, le Baccanti di Euripide e i film di Truffaut? In apparenza, nulla. Ma se seguiamo il personaggio di Kaspar – che ritorna in quasi tutti i componimenti de Il dio di Norimberga (peQuod, 2023), esordio poetico di Alessandro Baldacci – ci troveremo a confrontarci con l’inadeguatezza e la furia, l’incertezza della vita reale e i fantasmi dell’immaginazione.
Se anche le diverse parti in cui si articola il poema appaiano autonome e si occupino di figure, luoghi e vicende separate e asincrone, un’unica riflessione le accomuna e cioè lo sforzo ostinato dell’essere umano di contrapporsi alla violenza di ciò che succede nel mondo o, anche, il tentativo di salvarsi dall’isolamento generato dal pregiudizio, dalla malattia e dal dubbio.
In questa raccolta – di cui pubblichiamo di seguito un estratto – all’interno di una struttura solida, quasi matematica, in cui i versi risucchiano il lettore in un susseguirsi di assonanze e rime, Baldacci mette coraggiosamente insieme fantascienza, mito e allucinazione.

 

***

I.
Ogni ricordo s’incaglia,
il cavalluccio stramazza,
mentre dopo la boscaglia
gridano Führer in piazza,
e lui vestito di rosso,
come una preda che annaspa,
comincia a prendere posto
gridando: «io sono Kaspar».

II.
«Sei nato Kaspar, guardati la schiena:
nulla vale di meno di una vita
come la tua, finita ed infinita,
ninna nanna degli ufo che stanno
dentro la testa, oppure nella stanza,
contando insieme a noi le mosche, gli anni,
mentre vengono avanti le baccanti
di Norimberga e iniziano la danza».

III.
«Guarda», gli dicono, «vieni,
segui il sentiero gelato,
danza nel buio in cui tremi
con le baccanti su un prato,
poi apri le braccia, sorridi
come se fosse una gioia
restare muti, storditi,
mentre la piazza si affolla».

IV.
Le ombre gli dormono in testa
come la brina sui prati,
mentre i bambini nei boschi
corrono assieme eccitati
cercando un nuovo ramarro
da catturare ed esporre
dentro una gabbia, alle stelle,
pensando a lui nella torre.

V.
Ogni boccone è uno sputo,
un maremoto dentro la testa,
con le baccanti che fanno ressa
lungo le strade di Norimberga,
mentre lui spinge le sue ginocchia
all’infinito, contro le tempie,
fuggendo il cielo, scortando sempre
la sabbia e gli ufo sino alla bocca.


Nota a cura di Annachiara Atzei


Alessandro Baldacci insegna Letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Varsavia. È fra i curatori dell’antologia Parola plurale (2005). Ha pubblicato due monografie su Amelia Rosselli (2006, 2007) e i volumi Andrea Zanzotto. La passione della poesia (2010), Controparole. Appunti per un’etica della letteratura (2010), Le vertigini dell’io. Ipotesi su Beckett, Bachmann e Manganelli (2011), La necessità del tragico (2014)   Giorgio Caproni. Un’inquietudine in versi (2016). Il dio di Norimberga è il suo esordio poetico.

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