«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano».
Mario Praz

NEGOZIO DI VESTITI USATI
Un’ampia scelta di vite passate
in mezzo a cui frugare
alla ricerca di quella che ti vada bene
pulita e stirata,
però consunta al collo.
Un manichino vestito di nero
è all’ingresso per servirti.
I suoi occhi non ti lasciano andare.
I suoi baffi sembrano disegnati
con la punta di un sigaro spento.
Vedi torri pendenti di pantaloni.
Appena ti volti per scappare,
i cappelli di uomini morti rotolano
sul pavimento per accompagnarti
premurosi all’uscita.
Club Midnight di Charles Simic (traduzione di N. Gardini)
Giacche ingiallite dal dolore
del tempo
posano su storte stampelle
di ferro
quelle più stanche
cadono a terra.
Inedito di Patrizia Baglione
Poi, come anch’egli saliva la scala, vide la dama di spalle.
Ella saliva d’innanzi a lui, lentamente, mollemente, con una specie di misura. Il mantello foderato d’una pelliccia nivea come la piuma de’ cigni, non più retta dal fermaglio, le si abbandonava intorno al busto lasciando scoperte le spalle. Le spalle emergevano pallide come l’avorio polito, divise da un solco morbido, con le scapule che nel perdersi dentro i merletti del busto avevano non so quale curva fuggevole, quale dolce declinazione di ali; e su dalle spalle svolgevasi agile e tondo il collo; e dalla nuca i capelli, come ravvolti in una spira, piegavano al sommo della testa e vi formavano un nodo, sotto il morso delle forcine gemmate. Quell’armoniosa ascensione della dama sconosciuta dava agli occhi d’Andrea un diletto così vivo ch’egli si fermò un istante, sul primo pianerottolo, ad ammirare. Lo strascico faceva sui gradini un fruscio forte. Il servo camminava indietro, non su i passi della sua signora lungo la guida di tappeto rosso, ma da un lato, lungo la parete, con una irreprensibile compostezza.
Il contrasto tra quella magnifica creatura e quel rigido automa era assai bizzarro. Andrea sorrise.
Il piacere di Gabriele D’Annunzio