L’interrotto messaggio che dal silenzio si forma: Ex Madre di Francesca Del Moro (a cura di Maria Allo)

 

Se piove al discount, by Giulia Bocchio + Stable Diffusion

«…mio figlio che muore,
mio figlio che decide di morire»

 

Accostarsi alla lettura di Ex madre (Arcipelago Itaca 2022) significa accostarsi all’esperienza drammatica del dolore di Francesca Del Moro, imbrigliata nelle reti di un destino cui non è dato sfuggire e che non concede possibilità di rimozione; lungo una strada carica di tutto il simbolismo del viaggio verso la salvezza, che, si avverte fin da subito, sarà il viaggio più faticoso mai compiuto. Il mondo dal quale Ex madre scaturisce infatti è un mondo dove sembra impossibile ogni domanda, ogni ragione e ogni parola, tanto più quella poetica, come dice Anna Achmatova nella prefazione di Requiem. Adattarsi a un tempo senza Anima equivale a spegnersi, ossia consegnarsi a una sorta di morte in vita, «Come un insetto spaccato,/ io mi contorco a terra,/ nella sua luce dura» (p. 24), preda di quel ricordo, di quel richiamo costante della morte.
La poesia di Francesca Del Moro, come dice Rosaria Lo Russo nella prefazione, «è un corpo
sostitutivo, di parole, un corpo ricucito dalla scrittura di una mano estranea, alienata a sé, il corpo in balìa del dolore infinito». Eppure occorre varcare la soglia dell’ombra e spingersi sino al punto in cui lascia trasparire una luce inedita. Non a caso figura a esergo del libro la frase di Rose Ausländer: «Sono sopravvissuta alla mia morte». Richiede forza, non solo quella della volontà, ma soprattutto quella dell’etica, della scelta morale della poesia; «Saliva e scendeva/ il respiro della musica./ Io toccavo il mio corpo/ che diventava di luce./ Fiori rossi sbocciavano/ sotto le mie dita» (p. 33), che può cambiare lo sguardo sulla realtà, certamente non rifugiandosi in una letterarietà astratta, ma con lo sguardo colmo di intelligenza che è già una promessa di orizzonti. Il dolore è palpabile e il cuore cosparso di croci: «questi morsi in tutto il corpo/ questi morsi sono ancora lui» (p. 29), ma c’è il segno di una volontà etica di proteggere e prolungare l’esistenza, delle «Mani buone su di me/ e poi stringere/ ancora le sue» (p. 36). È proprio da qui, dove la vita è appesa a un filo, che si pongono due alternative: la disperazione che porta alla follia, oppure la possibilità di cogliere una verità in grado di reggere all’urto violento di una esperienza estrema; e questo avviene esplicitamente attraverso la poesia: «Anche oggi è andata bene,/ il medico direbbe:/ un altro giorno è passato/ e sei ancora viva» (p. 41). Da qui il faticoso tentativo di Francesca di fare fiorire la parola dove domina la morte e attraverso la parola trovare un modo, un linguaggio, per dirsi, per essere vista, ascoltata. Sì, come l’Achmatova a quella domanda radicale, la poeta risponde “posso”.
Nel leggere i versi di Francesca del Moro, mi colpisce la straordinaria capacità di toccare corde
profonde dell’animo anche con l’aspetto formale dei versi dove immagini, suoni, lessico, sintassi acquistano una misura più equilibrata e composta, resa evidente in particolare dalla calibrata simmetria della struttura, in cui ogni unità sintattica coincide con l’unità ritmica della strofa, mentre le anafore (come… come… come…; ora… ora… ora…) scandiscono il movimento del canto in un’unità in sé perfettamente conclusa.
La poesia ancora può descrivere l’esperienza del dolore e mitigare l’asprezza: «Ma ieri è stato bello trovare/ dietro la porta il suo sorriso,/ la tisana e il disco di Nick Drake,/ l’ascolto attento del dolore,/ lo stesso che ripeto mille volte,/ e poi lei nella stanza accanto/ e la gatta insieme a me nel letto/ a custodirmi un sonno dolce» (p. 46). Ed ecco che la poeta ribadisce il suo ruolo di depositaria, custode della memoria, capace di assicurare con i suoi versi, come Luigi Carotenuto nella postfazione scrive: Una trasmutazione alchemica di spasimo, pietà, apparentemente impossibile, una riconciliazione e ricostituzione di quell’Unità perduta. «Perfino la luce/ che si accende/ dietro la sua porta/ è come un miracolo» (p. 112).
Ecco, ciò che conta è solo ciò che brilla, sembra dirci Francesca del Moro.

Di Maria Allo

2 risposte a “L’interrotto messaggio che dal silenzio si forma: Ex Madre di Francesca Del Moro (a cura di Maria Allo)”

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