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Il demone dell’analogia #47: Solitudine

«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano». Mario Praz

Disegno di Alessandro Ardigò

29.

Così tante sere che ceno solo
cercando fra i riflessi della porta
a vetri della umida cucina
di vapore della cappa i piatti
da lavare le pentole il lavabo
chi oggi apre quella porta svestendosi
il cappotto madido di città
di macchine di metro e di rumori
dicendo sono a casa sono qua.
Io cerco fra i vetri della porta
nell’umido che sale: –  Che vuoi fare
è freddo è inverno è normale
inventare qualcuno da aspettare. 

da Cedere. E altre cose dette d’amore di Alessandro Ardigò  

                                    

Dentro questa mia unica pelle
d’animale nudo
navigo i labirinti incistati
e fusi dei pensieri che io sola penso
del dolore che io sola sento
e i tamburi del furore e della gioia
sono musica a me sola nota.

Ma qui, dalla finestra
aperta al mondo là fuori
volo e mi poso un giorno
sul gelsomino d’un balcone
un altro
striscio immonda sull’asfalto
e in giorni di miracolo annunziato
dall’alto guardo e vedo
questa mia casa celeste tutt’intera
e una gran gioia e una gran pena provo.

Inedito di Rossana Bacchella pubblicato sul blog “Le parole di Fedro”

 

Solo et pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human l’arena stampi. 

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avampi: 

sì ch’io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui. 

Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co·llui. 

da Canzoniere di Francesco Petrarca

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