Storie di un’altra storia: La parabola della parabola di Mauro Germani

Gaetano Previati, Fumatrice di haschisch o Fumatrice di oppio, bozzetto, 1887

Qualcuno di voi ricorderà certamente quella serie americana in bianco e nero, nata sul finire degli Anni Cinquanta, genere fantastico, episodi brevissimi: The Twilight Zone. Ognuno di essi era introdotto dal medesimo messaggio e recitava così : «C’è una quinta dimensione oltre a quelle che l’uomo già conosce; è senza limiti come l’infinito e senza tempo come l’eternità; è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere: è la regione dell’immaginazione, una regione che potrebbe trovarsi “Ai confini della realtà”».
I racconti di Mauro Germani, racchiusi nella raccolta ‘Storie di un’altra storia’ (Calibano Editore), ricordano quella vecchia serie sopracitata: troviamo anche qui narrazioni brevissime di misteri, ossessioni e inquietudini esistenziali, tutte estemporanee, tutte sospese.

Sceglieremo per voi un racconto, ma sarà sempre la storia di un’altra storia, per citare il suo stesso autore.


La parabola della parabola

– Sono l’ultimo folle, l’unico combattente. Il mio nome segreto fa tremare. Tu lo sai…-
La donna lo guardò senza parlare. Non era pietà. Gli occhi di lui sembravano fosforescenti. La sera, intanto, scendeva in fondo all’orizzonte.
– Non è vero niente! Tutto è apparenza – urlò, tremando un poco.
Indicò col dito un miraggio. Volse la testa all’indietro ed emise un grido. Il vento gli scompigliava i capelli. La donna lo prese per mano, dolcemente.
– La vedi la Luna? È tutto quel che mi manca, quel che non è… – Sorrise.
– Il castello è nascosto da qualche parte nell’universo. È sempre illuminato, sempre splendente. Il ponte levatoio sempre alzato. Le guardie camminano instancabili lungo le mura. Hanno armi d’oro e d’argento –
La donna lo guardò senza timore. Allora lui si distese sulla sabbia e chiuse gli occhi.
-Sei tu la mia voce, il mio sangue. Facciamo parte della stessa parabola. Tu sai della mia missione, del mio grande compito…-
Si portò improvvisamente le mani al volto.
-Se gli altri sapessero che io…Ma tu non dire niente! Mai! Deve rimanere un segreto. Per l’eternità!-
Allargò le braccia nel buio la bocca spalancata. Cominciò a tremare di nuovo. Non era il freddo. Lo sguardo si perdeva nel mare.
Chi era veramente? Oh, il suo volto ogni giorno mutava e il mistero delle sue parole diveniva sempre più profondo. E lei lo seguiva: aveva abbandonato la sua storia, aveva smarrito il suo nome, aveva deciso di perdere con lui. Conosceva bene quelle parole, quei singhiozzi improvvisi, quelle visioni che gli prendevano l’anima.
Era davvero una malattia? O forse qualcosa di più grande, un mistero inaccessibile, una testimonianza d’amore come quella dei santi?
Tutto in lui era dolce, tutto si capovolgeva in un altro mondo, che aveva l’incantesimo di un sogno.
E lei era stata chiamata, lei non era fuggita, lei aveva risposto al suo re.
-Un giorno si parlerà delle mie grandi sconfitte, del mio esercito invisibile, delle mie battaglie…Il mondo ne dovrà parlare e allora si capirà che l’importante è lasciarsi vincere sempre e perdere, perdere a tutti i costi…-
Pianse dolcemente, in silenzio, come faceva spesso. Lei gli asciugò le lacrime.
-Ricordi il grande giorno? Tu mi eri accanto, tu sapevi, tu hai visto la mia incoronazione, tu, la mia regina…-
Gli mancò il respiro ed emise un lamento. Lei gli si avvicinò premurosa.
Lui si riprese.
-Re Folle fu il mio nome!- gridò.
La donna, in silenzio, gli strinse le braccia.


Mauro Germani (Milano, 1954), ha fondato la rivista “Margo”, che ha diretto dal 1988 al 1992. Ha pubblicato volumi di poesia e narrativa, occupandosi di numerosi autori classici e contemporanei. In ambito critico ha curato “L’attesa e l’ignoto. L’opera multiforme di Dino Buzzati” (L’arcolaio, 2012) e ha pubblicato “Giorgio Gaber. Il teatro del pensiero” (Zona, 2013) e “Margini della parola. Note di lettura su autori classici e contemporanei” (La Vita Felice, 2014). Tra le sue opere in versi “Luce del volto” (Campanotto, 2002), “Livorno” (L’arcolaio, 2008), “Terra estrema” (L’arcolaio, 2011), e “Voce interrotta” (Italic Pequod, 2016). Del 2019 è il libro di aforismi “La parola e l’abbandono” (L’arcolaio, 2019). 

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