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Tramontare: tu continua a masticare la pecora (a cura di Giulia Bocchio)

Tramontare, di Andrea Gentile

Tramontare, edito da Minimum Fax, è l’ultimo romanzo di Andrea Gentile.
Un romanzo diviso in due parti, due pilastri tipici dell’esistenza e che si reggono sulla stessa incertezza di gambe: infanzia e vecchiaia, nel mezzo – in quello che alle elementari veniva chiamato “svolgimento” – ci sono sostanzialmente omissioni, inferenze narrative sospese.
Non è un fatto di necessità un arco temporale, né conoscere a tutti i costi i dettagli specifici di una storia (qualcuno lo ricordi a una certa fetta di editori pigri), la trama si nasconde tutta nel non detto alle volte, è lì che si genera la tensione emotiva.
Necessaria è Tramontare, la bambina che percorre i sentieri di Masserie di Cristo e i sentieri dell’inchiostro con lo stesso mistero e la stessa naturalezza ancestrale dell’essere bambini. 
Non giovani, bambini.
Per questo c’è in lei una buona dose di crudeltà, di stranezza, di singolarità: non le daresti la mano, eppure qualcosa suggerisce di seguirla con gli occhi, in silenzio.
Pur ritrovandosi con un nome assai aggregante – il destino di ognuno in fondo è tramontare – è sola. 
Una cornice rurale racchiude le azioni della bambina, ovunque in paese l’occhio liquido della Sorella, divenuta una statua, ovvero un culto, osserva senza generare giudizi le vite degli altri cittadini, che sembrano avere un ruolo ma non un tempo.

C’è l’ombra del gotico, ma bastano poche pagine per accorgersi che non serve un genere, non serve  inquadrare ostinatamente Tramontare, è un flusso, è accadimento, ogni vita ha i suoi segreti, i suoi denti rotti, la sua sporcizia negli angoli nascosti di casa. Il futuro è un fattore sospeso, esisterà solo se ricorderemo le tradizioni, se sapremo riconoscere la novità ancestrale di gesti sempre identici: loro ci conservano.
Nel frattempo, siccome a Masserie di Cristo il cibo è fonte di proteine e metafore concrete, è utile masticare la pecora.
Da vecchia, Tramontare la cucina ancora con pazienza, è una carne che va fatta cuocere molto, come se continuare a sfaldare quella carcassa consentisse di vivere più a lungo.
Se continui a fare qualcosa esisti, se continui a masticare la pecora sarai tu a digerire ancora sprazzi di vita e non sarà lei a ridurti bolo e poi scarto rarefatto.
Masticare, masticare, masticare ma senza ricette, non ne esiste una per addolcire la morte, per speziare il decadimento. 
È un romanzo visivo, quello di Andrea Gentile, lo si potrebbe disegnare, evoca tinte fosche, favole nere, contesti, situazioni e forme che escono dall’ombra, muniti di artigli; si potrebbe anche invertire l’ordine di lettura, cominciare dalla seconda parte, non muterebbe il senso della vicenda umana perché questa storia come tutte le storie è un atto figlio della scrittura, un atto potente che dà vita e uccide tutto ciò crea.
Come la vita, come la morte.

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