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“Solo le morte torri” – Inediti di Villa Dominica Balbinot

“Solo le morte torri” – Inediti di Villa Dominica Balbinot

È il tempo verbale dell’imperfetto indicativo a prevalere in questi inediti di Villa Dominica Balbinot, a delimitarne i poli, ben visibili nella loro versione ‘pura’ e nel loro mescolarsi in varie gradazioni, tra descrizione e narrazione, tra vertiginosa resa di un manifestarsi impietoso e racconto di un dis-farsi progressivo e inarrestabile. Se, tuttavia, l’irruzione dell’orrido («estensione terribile») si manifesta con un’intensità che «all’accerchiato umano» appare insostenibile, a questa si oppone una volontà energica, infuocata, di sollevazione, di moto contrario, che torna «a affermare / le sue condizioni di furore». La “vocazione teatrale” della poesia, evidente in tutti i testi, emerge netta nei brani in corsivo, che non di rado assumono il ruolo che nella tragedia greca aveva il coro. Il basso continuo di letture vastissime e meditate non offusca stile, potenza delle immagini, allitterazioni ardite, gamma di termini e colori, che restano e si confermano originalissimi. Chi legge, sa e può ritrovare voci amate – nel mio caso sono la “tour abolie” da El Desdichado di Gérard de Nerval e i colori tra ingenui e torbidi, innocenti e apocalittici della poesia di Georg Trakl. Mai, tuttavia, l’eco esterna attenua l’unicità dell’espressione di Villa Dominica Balbinot, che può spiazzare (e resta forte il sospetto che questo effetto sia ricercato intenzionalmente, non per virtuosismo, ma in virtù di quella opposizione allo strazio alla quale ho accennato in apertura), ma al contempo invita chi si imbatte in queste pagine a ritornare, a ripercorrere, a riflettere.  (Anna Maria Curci)

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VI ERANO SOLO LE MORTE TORRI

“Ecco il fiume di parole
di tempo di sangue
quelle visioni,
gli angeli e la città di ghiaccio
– oscuri nello splendore…”

Nei grandi inghiottitoi
il popolo degli abissi
non osava emettere le meditazioni vaste e ingrate,
le figure verbali di un enunciato vuoto
( oh, la astrazione magnifica!).
Al fondo dei giardini stretti
– tra i fanatici dell’apocalisse –
ricreava lei un sé stesso ipostatizzato,
di terribile innocenza,
di estatico sguardo ai luoghi alti e remoti.
Vi erano solo le morti torri,
una gioia crudele,
quelle declive parti con le disgiunzioni tutte:
nella cupa rettitudine la penitenziale pratica,
la dendritica derivazione
( e la Incisura, la elementare verità nuda).

 

19 ottobre 2013

 

UNA ARIA COLORE  DI  MALVA VI ERA

Una aria colore di malva vi era quel giorno,
lo sfondo era oscuro e irrisolto:
paregorici erano gli incubi,
nel colloidale crepuscolo…

La sua pelle era pallida,
invetrate come sotto alabastro
quelle spirali delle piaghe,
aborture piccole
in una loro viscosità vetriolica
– e fino nella macula.
Tornava lei allora a affermare
le sue condizioni di furore:
solo le trincee sotto la pioggia
per l’accerchiato uomo,
come una violazione sempre imminente
nella costolatura
nel fosforico osso
( e in quelle certe segregazioni da vermicaio,
al di qua di tutti quei
fiori dai pistilli rossi)

19 marzo 2014

 

LA STESSA ESTENSIONE- TERRIBILE- DELLE BRINATE NOTTI

La stessa estensione terribile
– delle brinate notti-
vi era,
in quella gravitazione solida
tragica e incontrastabile,
e nelle sommersioni loro
(Erano ombre di acqua
di trattenuto splendore,
la eccezione della legge del vortice…)

 

Nei vagamenti della contemplazione orazionale
all’afflitto dall’athma,
da la soffocazione
la intera letale materia del deserto
come terminale opera giungeva,
simile a certe lamine d’oro
– a certe febbri –
che appaiono nella camera mortuaria.
Oh se avessero potuto poi impugnare
( in quel piccolo inferno,
nei suoi fiumi terrestri)
l’atropos de lo spaventoso,
per essere condotti alle lagune,
al volto dell’assente
il centro ossessivo dell’alba)

19 aprile 2014

 

LA NOTTE NASCEVA DALLA NOTTE

Come prima della prima morte
la notte nasceva dalla notte,
il nemico solenne e claustrale:
nel paralizzarsi dell’aspettativa chiliastica
bisognava sprofondare nel cuore delle tenebre,
nella promessa delle città inabitabili.

E là vi era una donna,
era ritta davanti al muro della città morente,
guardava quei fuochi
che non si sono ancora spenti sui monti

quegli occhi che il mio ricordo morto
non riconobbe:
esstrangolata dagli scapolari,
era come un fiore in boccio
– ma esausto…
e rifece la annientata supplica,
gridò come un animale
capace di ripugnanza.
(Essi non videro
il fiume autunnale soffocato dalle foglie
quella spianata di polvere inquieta
il coagulato cristallo delle lacrime)

 

3 agosto 2014

 

TRA TUTTI QUEI GRIGI- PURI E BRUTALI

… “E,
– protetta dallo splendore improvviso
di un tramonto prolungato e agonizzante-
lei rimase stranamente fredda,
tra tutti quei grigi
puri e brutali –”…

Gli alberi di fronte alla sua finestra
le parvero coperti di fiori selvaggi e spampanati
nello splendore rosa piombo
de l’organico disfarsi,
nel bagliore nudo
della luce obliqua.
Di sabbia nera erano i laghi,
e mercurio erano le acque,
qualcosa di
primitivo ,crudele – e poco devoto –
era ovunque:
il mondo si manifestava dunque nel crimine,
negli incubi immobili,
in quella emorragia terribile
(la carne spiccava come
una intrusione imprevista
)
– e fra predatori apicali…
Chi allora avrebbe dovuto poi
pronunciare le omiletiche interpretazioni esatte,
la prima eulogia?
Qualcuno forse dei portatori della peste
del calvario?
( E fra quanto tempo
sarà allora sferrato il prossimo attacco,
– e ne l’allargato abisso?…)

 

SOTTO GLI OSSESSIVI IRIDATI CIELI

“L’ho veduta giacere morta,
ed era tutta bianca:
il suo gelido fulgore era come una promessa
– di qualcosa di insostenibile,
– e nei marmorei camminamenti”

Ascoltavo gli echi delle grida
delle mutilazioni,
sotto ossessivi iridati cieli,
di una purpurea luce incidente
magnifica
– come accadeva a fine estate…
In una distesa innaturale
( quasi non di questo mondo)
scomparivano gli ultimi ostinati fiori selvatici,
in un incubo in bianco e nero,
di abissi attraversati da ponti di ferro,
– dall’aspro inumano pur.*
Qualcosa di terribile
(di un crudele manierato fascino)
era in quelle eroiche secche:
orrore, cieli posticci, vasto delirio
(e le notti più grandi
di quanto sia immaginabile,
nell’attimo del pallido grido primordiale)

* “pur” trascrizione termine greco che significa “fuoco”

3 ottobre 2014

 

QUEI BOSCHI ERANO IMMOBILI

“Quei boschi erano immobili,
i fiori della sanguinella apparivano bianchi ( e irreali):
e il cielo era immenso – ostile
(come se ci si trovasse
in una pullulante capsula di Petro,
– di melodramma – e di distorsione –)

Nella sua triste solitudine solenne
( e con una fede da zantiota)
meditava su tutta quella
luttuosità arida e sorda,
su le spoliazioni
– dalla morbidezza di lichene –
e su le convulsioni postume del colera,
con quelle introiezioni del piombo
contro le flussioni e le suppurazioni.

Nel latrio terrore,
nella patibolare circostanza
(con il suo saturato effetto di Insignificazione)
notava una certa crudeltà utile
che impediva alla sua Bianchezza di perdurare…
(… Oh, perché perché,
perché così pallido e esangue sei,
Mio caro amante?…)

18 novembre 2014

 

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Villa Dominica Balbinot scrive di sé: ho iniziato a scrivere con costanza solo dopo il 2006 e cimentandomi inizialmente sui gruppi di scrittura presenti sul web (it.arti.poesia, it.arti.scrivere) e subito dopo creando i miei blog personali. uno di poesia (inconcretifurori) il secondo di prosa e racconti (dell’idrairacconti).
Sin dal suo primo numero ho collaborato al lit-blog viadelledonne.wordpress.com. Mi posso considerare inedita su carta, potendo contare unicamente sulla raccolta Febbre lessicale da me autoedita attraverso sito il miolibro.kataweb.it .
Questi miei testi li ho scelti tra i più recenti in ordine cronologico, come compaiono del resto nel mio blog inconcretifurori.wordpress.com in cui è raccolta l’intera mia opera poetica fin dal primissimo scritto. Non mi sento all’altezza di teorizzare su ciò che si dovrebbe intendere o che io stessa intendo per poesia o di cimentarmi in un qualsivoglia discorso analitico o critico, posso solo dire che a mio parere in tale ambito per me è importante cercare di dare espressione alla propria voce individuale, con tutti i rischi conseguenti.

11 risposte a ““Solo le morte torri” – Inediti di Villa Dominica Balbinot”

  1. Voglio ringraziare tantissimo Anna Maria Curci per la sua generosa disponibilità e per avere dato dei miei testi una tale profonda e articolata lettura.permettendomi di progredire – attraverso differenti angolature- nel disvelamento di me e della mia scrittura.

    Grazie a Anna Maria Curci e a “poetarum silva”tutto.

    Villa Dominica Balbinot

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  2. Qualcuno ha detto in passato che Dominique quando scrive non dovrebbe esagerare nel rendere il suo pensiero poetico in versi e che la sua voce non è (era) matura. Mai sentito nulla di più sbagliato. La voce di Dominique è bella proprio perchè “esagerata”, in quell’accezione del termine eccessivo che la rende unica. Da che la conosco ha sempre avuto toni eccessivi ma questo non le ha mai impedito di comunicare perfettamente ed esattamente la sua cifra poetica. E neanche la trovo migliorata negli anni, nel senso che pare sia nata perfetta così com’era ieri e come è oggi. Leggere Dominique non è per tutti, come già altrove ho affermato. La sua voce è un ruggito blasfemo talvolta, altre volte un’implorazione, altre un’imprecazione, altre ancora un fiore antico sguarnito di gioia ma non privo della sua bellezza primordiale. Se di bellezza si tratta, la sua è quella sfiorita della decadenza e del ricordo di un sogno avvenuto milioni di anni or sono.Una eco terribile di voci che ancora ritornano e ritornano. Poesia, grande Poesia metafisica forse, con tocchi di barocco e oro, sangue e luci lontane. Questa è Villa Dominica Balbinot, una corsa verso l’abisso, Poesia della Vita e della Morte, Poesia unica nel suo terrificante mostrarsi. Se la temi non puoi reggere un solo suo verso, se la ami la ingoi come un sorso di cicuta che sai ti renderà eterno. Grazie ad Anna Maria Curci per la proposta e a Poetarum Silva. Un caro saluto a tutti voi

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  3. Ed eccomi qua nuovamente, a tentare di abbozzare un minimo di risposta adeguata al sostanzioso e altamente impegnativo discorso della a me cara Federica Galetto:-))Te l’ho già detto altre volte , visto che tu fin dai primissimi tempi hai letto e hai saputo “vedermi” tu coi tuoi interventi ogni volta hai saputo enucleare l’humus, direi il midollo e il dire dei miei testi, mostrandoti impavida tu stessa nel fronteggiare una materia che io stessa- rileggendomi con severissimo occhio critico- ho definito come disagevole, estenuante, non certo edulcorata nè edulcorabile, ambigua nella tortuosità che non alletta, in alcuni punti “repulsiva”.
    detto questo, dopo cotale splendido commento ( splendido, per me, per me) ti onoro con un giudizio altamente splendido dedicato proprio a te, a ciò che hai avuto e hai coraggio a dire- “Esageratamente” ( per me termine positivo, essemdo io volitivamente e forse impudicamente, esagerata, appunto Carissima Federica( grazie grazie)

    Villa Dominica Balbinot

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  4. Ringrazio nuovamente Anna Maria Curci per il complesso delle sue considerazioni, quelle della introduzione e anche quelle conclusive: grazie, appunto.

    un saluto e un grazie anche a ognuno dei lettori”apprezzanti”.

    Villa Dominica Balbinot

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  5. La sorte ha voluto che Dominica scrivesse poesia raramente, lei stessa non reggerebbe l’urto miscellaneo e abissale della materia che porta alla luce. Credo che nessuno di mia conoscenza abbia osato perseguire lo spurgo dei mali che la Balbinot non trova solo nelle creature, umane e non, me nel creato stesso:; le morte torri, i marmorei camminamenti, i portatori della peste,l suo saturato effetto di Insignificazione; questo elenco farebbe tremare i polsi a tutti credo, eppure…. Il poeta ha subito la più crudele delle frodi, l’Amore maiuscolo, la fede, la luce. Doninica si pone davanti a tanto orrore con un coraggio regale, di sfida . E non cede. Non si piega. La sua poesia diventa bastione e fa scudo alle nostre fragilità. Da tale voce potente e da tale sicurezza di forma ( immagino la sua figura che , diritta, si erge control a più sordida bufera) dobbiamo ringraziarla. Ci sta salvando .

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  6. Lo ammetto:un leggero brivido-.o forse un brivido toutcourt .-mi ha percorso alla fine del discorso portato avanti da Narda Fattori :un argomentare di livello che mi conferma sulla acutezza di lettura che lei sa fare dei testi in cui – seriamente, fedelmente- si immerge.

    Io, cercando di rispondere a tono, direi che ha compreso parecchio e comprendendo ha saputo nel contempo rappresentare quasi icasticamente il mio dire( questa figura di donna eretta che sembra ergersi a bastione .a fronteggiare i mali del mondo, e senza sprezzo del pericolo- aggiungo io)): io pensa carissimaNarda, in una delle mie primissime poesie accennavo a me stessa come “una di quei che i mali del mondo estenua”, Complessivamente quidi potrei affermare che una delle spinte sia stata e sia proprio quella, inoltre poichè- io stessa sono consapevole di una certa “terribilezza” e di rappresentazione di eventi e di argomentazione del pensiero_.posso riportare che di fronte a certe reazioni -e mozioni contrastanti o contrassegnate da negatività di chi ha la ventura di leggere e di avere a che fare con i miei peculiari testi, mi verrebbe spesso da rispondere loro ( non lo faccio per rispetto lori gusti che non voglio costringere a cambiare per alcun motivo, rispettando in modo assoluto la libertà atrui) ; vorrei appunto controbattere: “ ma qualcuno il lavoro “cosidetto sporco , ( cioè vale a dire il dire il crudele, il tormentamte,il cosidetto “terribile”( io potrei optare riassuntivamente- per sgomentante. sia rivolto al pensiero sia al cuore[] , lo dovrà pur fare..o no? Da questo angolo di visione mi sento assolutamente onorata dal discorso portato avanti dalla “terribilmente”generosa Narda Fattori.

    grazie una volta di più a Narda Fattori, con un carissimo saluto.

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