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Da sdraiati avevamo più confidenza e controllo della prossimità; gli sguardi altri temono quella distanza, come se la tua vicinanza alla terra possa graffiarli e allora rimangono sospesi, sollevati nell’aria e danno sempre alla domanda la possibilità di scappare prima di finire risucchiata nella verticalità e diffondersi nell’aria vischiosa e se ci pensi succede sempre così.
Fino a lasciare che siano gli altri a rubarsi la risposta.
Ci siamo sdraiati allora, entrambi sotto un cielo asfaltato e abbiamo iniziato a bisbigliare le risposte, a confonderle coi ciottoli, a mantenerle protette nella cupola d’alito che si faceva fumo e a confondere le loro domande con le risposte della terra sottostante, con il brusio dei pensieri che cocciavano contro l’asfalto e rimbalzavano interni fino alle ossa che si facevano livide.
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© Iacopo Ninni
