Francesco Scaramozzino, L’incantesimo dell’asino e della sinalefe, CFR, 2014
Nota di Lucetta Frisa
Chi si ricorda cos’è la sinalèfe? Subito non lo ricordavo ma, chissà perché, la trovavo parola molto affascinante, musicale – per il mistero quasi esorcistico che sprigiona – e ben appropriata alla parola “incantesimo” e “asino”, quell’animale tanto simpatico e terragno che spesso appare nelle fiabe, da Apuleio in poi. E proprio da Apuleio si parte, dato che Scaramozzino di questa fiaba iperceleberrima estrae l’essenza, “rivisitandola” in modo soggettivo. Fiaba di una metamorfosi, quella del giovane e curioso Lucio in Asino e dall’Asino nuovamente in Lucio. E quante avventure e disavventure deve attraversare Lucio, stregato da un incantesimo, prima di riprendere le proprie spoglie umane e quindi la propria lucidità, la coscienza umana e razionale (e viene subito in mente il nostro Pinocchio collodiano che, da incosciente burattino, diventa ciuchino e poi di nuovo Pinocchio adulto). Un processo di iniziazione in cui psicologi, psicoanalisti e non solo – a cominciare da Jung – hanno letto, appunto, il lento e travagliato processo di individuazione di una creatura umana, prima di arrivare a conoscersi, a “risvegliarsi” e quindi vedersi davvero nel profondo. Ho poi anche chiesto spiegazione – e quindi il senso della parola sinalèfe – al grande libro delle Magie della lingua italiana – il vocabolario – e grazie ad esso vengo a sapere (cito letteralmente) che la sinalèfe è la pronuncia monosillabica di due vocali o dittonghi appartenuta a due parole diverse venute a contatto nel verso, per es. nell’endecasillabo dantesco… “e quindi uscimmo a riveder le stelle”. In breve, un legame che si crea tra vocali staccate e attigue che hanno bisogno di “legarsi” l’una all’altra per la fluida scorrevolezza del verso.
Ma torniamo al libro (magico,ovviamente) di Scaramozzino che, oltre a parlare di un legame (e vedremo come) e di altri occulti legami, unisce la sua fiaba in versi alle immagini di un mago odierno – mi riferisco ad Alberto Casiraghy: insieme compongono – chi con i versi e chi con le allusive immagini di asini incantati, sospesi nell’aria della pagina –una sinalefe perfetta…
Fiaba in versi, o meglio narrazione in poesia di un sogno. Misteriosa fiaba di legami e quindi di enchaînements (per i francesi incatenamenti, incantesimi, legamenti). È quando il tempo si ferma (si incanta) creando un prodigio che è fuori di esso, in tempo altro. Come il sogno, appunto.
Ma poi, finalmente, il poeta narratore si sveglierà dal suo sogno, e cioè riconoscerà se stesso nell’asino cocciuto ostinatamente legato alla terra (un terrestre radicale a tutti gli effetti) e alla pianta che meglio la rappresenta: l’ulivo. Anche qui, come nella fiaba classica, c’è una Maga, alla quale lui chiede di essere sciolto dall’incantesimo come dalla fune che lo (li) tiene legati entrambi all’ulivo; chiede soprattutto la conoscenza (il ri-conoscimento) del suo destino legato alla fitografia dell’ulivo “di questa pianta nobile che fu / talamo di Penelope e Ulisse”. E il rito della Maga si svolge sotto i meravigliosi raggi lunari, e la luna – quella dei sogni e delle realtà velate – pare coadiuvarla.
Non mi dilungo oltre. Spezzerei scioccamente il piacere della lettura che il breve libro di Scaramozzino, come una pozione magica, sa distillare, verso dopo verso, dentro di noi, i lettori.
Ci tengo a segnalare che il libro è edito dalla casa editrice CFR, curata con immenso e ostinato amore dal compianto Gianmario Lucini, recentemente scomparso.
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L’ulivo tremava nel vento, privo
di riparo,la fune dondolava,
la luna proseguiva il suo cammino
di pochi gradi nell’indaco scuro.
Solo l’asino rimaneva immobile
e in ombra al sopraggiungere dell’alba,
senza un lamento o un cenno di rivolta,
solo una strana forma di pazienza,
come un tic della coda o dell’orecchio,
che si piegava l’uno, e dondolava
l’altra, nella dissolvenza del sogno.
…
© Lucetta Frisa

