LA PROSSIMA POESIA
Ogniqualvolta viene sollevata la questione,
i poeti dicono tutti la stessa cosa:
l’unica poesia che ci interessa è la prossima,
la poesia non scritta, la poesia di domani.
È una risposta perfetta
che come per magia ci ridà un briciolo di speranza
e riesce a posare un grammo di modestia
sul piatto più alto della bilancia dell’orgoglio.
Ma il problema è questo:
non appena cominci a scriverla,
la prossima poesia non è più la prossima poesia,
ma solo un’altra poesia che stai scrivendo
e la prossima poesia è diventata
un fungo immaginario che attende
il suo futuro in una foresta oscura d’aghi di pino.
Ed è forse per questo che ho perso interesse
in questa poesia, su dove vuole andare a parare
o come farà a trovare un modo per finire.
Potrebbe perdersi in una fantasticheria,
poi forse passare alla sala d’attesa del medico
in cui la sto annotando su questo taccuino
o, per quel che mi riguarda, tornare alla storia del fungo.
A me importa la prossima poesia,
non questa qui,
che potrebbe anche essere l’ultima per me –
l’ultima arancia del mio bonsai,
un lenzuolo funebre calato sul mio pianoforte a mezza coda,
l’estremo cinguettio del mio canarino,
o, che ne dite di questo?
l’ultimo ombrellone a strisce sulla spiaggia vuota della mia anima.
Traduzione di Giovanni Catalano da The Next Poem di Billy Collins.