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La casa degli astanti
non ha specchi ad illuminare la parete
giace la macchina da scrivere sopraffatta
troppi occhi doppi sguardi hanno divorato
il tremore delle mani a cercare le parole
giù nel fondo del labirinto-cielo
vegliano linee sottili i bordi di carta
coperti di polvere muti
eppure un bonsai fiorito riceve acqua
la accoglie come pioggia benefica
come gli occhi innocenti a soffiare la minestra
tenuta al caldo, sotto coperta
nell’attesa del suo ritorno di istante in istante.
*
Per sempre le estati di San Martino
il grano fatto col vin cotto
il melograno da sbucciare
grani rossi da scaldare a fuoco lento
come l’amore che non vuole perire
tu “per sempre” mentre gli anni
passavano treni del desiderio
luci -dalla ribalta- ci allontanavano
bottoni avvicinavano
ago e filo, cappellini, ciprie
lettere a scrittura cubitale
a farmi compagnia
nei pensionati, in case d’affitto
rari i libri
ed ora ho scritto di te
e “tu” resti a profumare la stanza.
*
Parvenza
Quando sembra voler catturare il tempo
la donna si fa scrittura
e avanza in direzione opposta alle lancette
Parvenza fa rima con partenza
e si chiede se riuscirà a camminare lungo la fila di mattonelle
come una formichina dispettosa l’irrealtà dei ricordi
avanza prepotente, le sfila di mano il libro dell’inizio.
Si sdraia sul tavolo allora
come giardino d’inverno sembra voler dormire
in gola un cip cip d’amore
oltre le pareti di cucina corre una linea di sconfine.
*
Indicativo è il presente (eppure manca qualcosa)
Cambio l’acqua ai fiori rossi
ogni spina ha un costo
misura il dolore ricomposto
mescolo il caffè della mattina presto
quando mi sveglio e ascolto le voci
parlano in greco indicativo presente
“il viola dell’abito fa capriole
ad occhi chiusi arpeggia”
sono appese all’attesa ombre
corrono nella polvere di luna
affatto timide, estroverse, in sovrapposizione
intonano un passaggio
di nomi letti dalla rubrica del telefono
a comporre resti d’amore.
*
Oggi il verde
cronistorie come stanze fresche d’ombre
un triciclo a schermare la visione
lascia impronte e calpestare di passi
porte ne ho attraversate con fiducia
guardavo col mio occhio inferiore
tingersi il cielo innevarsi i rami in danze
ripetevo mentalmente come a volermi cullare
oggi il verde
e una foglia incontrava il piede sinistro
si appoggiava festosa in caduta
dal cielo era per me.
*
Circa la poesia
avevo desistito dall’imbroglio di vederla nella foglia staccata, nell’albero a primavera. nulla,la trovai dopo averla cercata per anni, nel silenzio di un dolore non gridato. chi mai avrebbe creduto a quella barca e all’arca di cartone in cui navigavo senza vele.e vento a schiaffi a sbriciolare la piccola figurina di pane
*
Gira il mulino dove sono nata al suono dell’acquaforte (dedicata)
scucito e di schiena il giorno
al passo galoppa mio padre
e porta fiori questa notte
li sparge, li lascia cadere spenti
alle pietre al rintocco li raccolgo
dove è l’albero dell’eterna primavera?
ditemi che vive e mi attende
vinco il sonno e l’occhio
capta la luce della luna
tinta è di rosso sole
un riflesso nel mio sentiero espanso.
*
Le ore lente
Dài una casa all’incredulità, lascia entrare
della luce l’arco sottile, l’odore terreno
la presenza che colora
il ritorno in voce sembrerà normale
le notti tenui di luna lasciano una scia di neve
una prolungata fioritura.
*
(erano) giorni che non leggevo dell’innocenza (nata guardando “Ponte nel verde” – fotografia di Maria Korporal)
La cercavo nei cassetti come se i tarli avessero gli occhi
desideravo annusarla tra lenzuola fresche di bucato
– la nonna telefonava per dirmi sono tornate le rondini –
guardavo altrove per non trovarla
oggi l’ho intravista rappresa nell’occhio scintilla
pagliuzza romantica naufragare tra echi dorati e cieli capovolti.
*
Spighe al sole
si addormentano
zittito il mare non porta respiro
scrive nel cono di luce
effonde il suo canto
non si spogliano radici
innevate di stagioni
fuori tempo
sorreggono la croce
conta poco non riconoscere
la soglia
della gabbia aperta conservo
stelle immacolate
sanno il canto
del mio Signore.
*
Ho sognato elefanti ed io tra porte e stanze e luoghi
e zolle di terra e alberi disegnati con l’acqua che cola dal vetro
-Devi essere contenta…!mi diceva sempre
mi sono fatta coraggio ho colto le nuvole nel giorno di pioggia
sono uscita all’aperto
bastava una lanterna per orientare il passo
e camminare a tentoni mi faceva rinascere
alla prima strada, casa, al letto dove mia madre mi aveva partorito
la voce non era perduta dietro i filari dei giorni
la lente dell’occhio socchiuso
a zonzo raggiungeva oltre il suo viso
tentava il salto verso il rosso
sostanza d’amore il grembiule che al collo annodava
un gesto che compio alla lettera come erba
conosce il suo campo.
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Elina Miticocchio
“i diari non importeranno a nessuno, forse a pochi ma occorre parlarsi,
svuotare il proprio piccolo occhio in libertà come sempre si è fatto”
9 risposte a “Elina Miticocchio – poesie (post di Natàlia Castaldi)”
felice di trovare su Poetarum Silva le poesie di Elina. La sua è una scrittura che apprezzo molto, perché è in continua evoluzione. Non sta ferma, cammina, lavora.
Un affettuoso saluto a Elina e grazie a Nat per il post.
Stefania
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ho 44 anni e mi sento a volte una bambina, non quella di ieri ma una nuova che osserva con avidità il giorno e di questo scrive
ricambio l’affetto di Stefania e il bene di Nat che ha voluto condividere questa pagina
elina
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Una gioia leggere Elina. La sua poesia è davvero come un viaggio, la sua voce mi emoziona sempre. Ed è una voce che ha preso corpo e della sua profondità ormai si sente potente l’eco. Grazie per la proposta e un caro saluto
Federica Galetto
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Una poesia femminile nel senso caldo/accogliente del termine: spazi e oggetti domestici, visioni della Natura, figure in ombra che sono sempre accanto a colei che scrive; il tutto trasfigurato da una spiccata sensibilità musicale.
Grazie della proposta.
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Delicatezza e sensibilità, ma anche forza e cambiamento, mi itrasmettono i bei versi cadenzati di Elina.
Sono contenta di trovarla qui, cuore di di un albero o nuvola raccolta o invisibile vela… Sempre emozionante.
cb
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Che abbuffata di bellissima e nobile poesia… mi piacciono le tu metafore, Elina, perché non tolgono sostanza, diciamo “carne”, alle tue poesie, non distraggono e poi non sono barocche…
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riesci a portarmi sempre con te…nella tua stanza,dentro i tuoi cassetti,sul balcone da cui ti affacci per sorprenderti continuamente di un nuovo giorno o solo per far entrare i luoghi e i profumi che ti restituiscono come la bambina di sempre..
sei bella Elina…e io mi incanto a guardarti…
un bacio,
S*
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Quando sembra voler catturare il tempo
la donna si fa scrittura
e avanza in direzione opposta alle lancette
Volevo iniziare dicendo che le poesie di Elina hanno nella – voce – quel suono puro che è dei bambini quando ridono e piangono nello stesso istante, poi vedo che lei stessa si definisce bambina nello sguardo e questo mi piace, mi fa comprendere che non le sono stata lontana, nell’accoglierne la dimensione, delicatissima e fatata, rarefatta, del porgersi. Una voce la sua dai toni morbidi ma ugualmente personale, avvolgente.
Doris E.B.
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“il viola dell’abito fa capriole
ad occhi chiusi arpeggia” :)
Belle, belle, belle.
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