Poesie di Lorenzo Mari

Poesie di Lorenzo Mari*

[Con Lorenzo Mari  continua la seconda fase della rubrica di poesia contemporanea di poeti nati negli anni ’80. In ordine sono stati pubblicati Fabio TetiGreta RossoValentina De LisiChiara DainoDomenico Ingenito, Simona MenicocciCarmen GalloFrancesco TerzagoTommaso Di DioMariasole AriotLuca Minola e Alessandro GiammeiAnna RuotoloMichele OrtoreAlfonso Maria PetrosinoSergio Garau e Marco BiniGiuseppe Nava e Marco Aragno.  Per ciò che concerne i testi di Giovanni Catalano, Luigi Bosco e Luciano Mazziotta, in quanto redattori di Poetarum,  si rimanda ai link di altri blog: Stroboscopio per Bosco, Imperfetta Ellisse per Catalano e La dimora del tempo sospeso per Mazziotta. Sempre su Poetarum Silva, sono stati inoltre segnalati da G. Montieri e N. Castaldi Riccardo Raimondo Nadia Tamanini. Si ricordano inoltre le due pubblicazioni di Natalia Castaldi focalizzate sui poeti di aerea sicula Domenico Stagno e Andrea Cangialosi.]

da Minuta di silenzio (L’Arcolaio, Forlì, 2009)

Sermone di distrazione

Attorno a noi
la resurrezione delle cose,
pagina tremenda. Meglio quando stenta
l’oggetto, lo guardiamo di sguincio
e s’arresta. Non attenta.
Non chiede attenzione.
Lascia il devoto
al suo sermone
		di distrazione.

A fare maglia

Cose che scivolano dal letto e s’ammonticchiano,
cose che cadono di bocca, in scialorrea continua:
non ci faremo caso. Sono gli oggetti
che sempre raccogliamo: sempre ci abbassiamo
alle loro altezze microscopiche, scoprendo tesori
con la coda dell’occhio, tra i riccioli
di polvere, tra bava e bava. Della gobba,
dell’inarcamento cui diamo luogo, della schiena ridicola
non ci curiamo, e procederemo, di nuovo,
alla raccolta indifferenziata del resto –
infileremo perle nei fili,
indefessi. Pronti a cucire gli strappi, a fare maglia
e quindi a disfarla, ricorderemo Penelope –
ma questa volta diremo pure che è odio
ciò che non torna a Itaca.

Resa dell’ecfrasi

L’occhio scontento accorda infine pace
allo schermo nero. Non che l’immagine
sia il surplus di cui fare senza
ma – azzittito il mantra di retina –
ci si consente, perlomeno, un cerchio di silenzio
attorno all’ecfrasi. Rassicura
il fatto che dopo un po’
nel suo angolo prospettico
non piange neanche più
		la figura privata di statuto.

Si arrende, piuttosto
– allo stato liquido,
		indifesa –
al panorama, al suo svolgersi
muto.

Poco filo

Poco filo mi resta ma spero che avrò modo
di dedicare al prossimo tiranno
i miei poveri carmi.
E. MONTALE, Un poeta da Quaderno di quattro anni (1977)

Come sempre i maghi
stanno alla porta: non serve
rabdomante per un’acqua
di niente, che nel carso
e nella dolina conseguente

tutti sanno nell’essere e – a parte –
nel non essere, nello scorrere
e nel fermarsi, tutti conoscono
per i suoi torbidi incantesimi
quale acqua pesante. Nessuno
ha però memoria dei prestidigidatori
esclusi – neppure dei dattilomani borghesi –
o sente la forza di ribadire un debole
pensiero, di brandire senz’averne danno
un bastone ricurvo – per i segni –
nessuno ha il dito legato al gomitolo

al di qua dell’uscio nessuno
sa di che si tratta in realtà:
tirare, sforzarsi ed estrapolare
poco filo.
		(Poco filo, e senza trucco,
purtroppo, senza inganno.)

Inediti

Scossa d’assestamento

Scossa d’assestamento:
non marca nessun passo.

L’allarme si fa eterno,
portando adesso

l’inferno a braccetto
con il silenzio delle urla dipinte

sulle pareti, con il timore
di avanzare una richiesta di riposo –

è come chiedere vita non precaria
ai cancelli di un’azienda. Come salire

sui tetti con le bandiere e sperare
che non crollino – è lo stesso.

Ultima esule

Non è perché sei andata via
che i più saggi ti hanno detta
ultima esule. Intendevano tornare
a contare i passi, inventarsi
una cartografia italiana momentanea,
smetterla di piangersi addosso.

*Biobibliografia

Lorenzo Mari (Mantova, 1984) vive e studia a Bologna, dove è dottorando in Letterature Moderne, Comparate e Postcoloniali. Nel 2004 ha vinto il XII premio Biennale di Poesia di Alessandria e nel 2007 ha ricevuto il Premio Gozzano per la silloge inedita.  Presente con alcuni suoi testi nelle antologie Nella borsa del viandante (Fara, Rimini, 2009, a cura di Chiara de Luca) e Pro/Testo (Fara, Rimini, 2009, a cura di Luca Paci e Luca Ariano) e in alcune riviste di poesia (L’Area di Broca, La Mosca di Milano, Il Monte Analogo, Le Voci della Luna e altre), ha pubblicato le sillogi pellegrinaggio senza Endimione (Inventario Senese, Siena, 2007, V premio Alessandro Tanzi) e Minuta di silenzio (L’Arcolaio, Forlì, 2009)

8 risposte a “Poesie di Lorenzo Mari”

  1. Non posso che ringraziare Luciano Mazziotta per lo spazio che mi ha regalato all’interno di questa preziosa mappatura poetica organizzata da Poetarum Silva, Gianni per le belle parole e per la sovrapposizione continua dei nostri sentieri, e infine sentirmi lusingato, ma non all’altezza, delle parole di Gabriele. Mi smarco subito rinnegando le mie letture di Viviani e affermando la mia ignoranza in materia di Cagnone, mentre mi faccio punto di adempiere a quella ricerca che Gabriele dice già evidente ma che è tutta ancora in fieri.

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    • Grazie per la lettura approfondita. Era proprio necessario, nell’economia del tempo, un commento così profondo e azzeccato. Si denota una piena consapevolezza della poesia contemporanea ed un’appropriazione, tutta personalistica, della versificazione più recente. Inoltre, la sua acuta osservazione è frutto di una riflessione che parte da un’intelligenza raffinata e, a dir poco, superiore. Ma non sono del resto io a dirlo: c’è una schiera di suoi ammiratori segreti, in quanto ahimé, purtroppo, la vera poesia, la sua, nessuno è stato in grado di apprezzarla (sono cose sconcertanti! Ma non diffidi, anche Gadda era stato inizialmente considerato un minore).
      A presto, e aspetto il suo saggio sulla vera poesia, di cui, in ambienti accademici e non, si attende, con ansia, la pubblicazione. E, oserei dire io, dopo tanti anni di lavoro sarebbe anche l’ora di pubblicarla. Cotanta intelligenza e cotanta sottigliezza sarebbe un peccato sprecarli e lasciarli nel cassetto. La storia le darà ragione, mio caro Umberto De Vita. Ah.

      Un caro saluto,

      l.

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