Di Annachiara Atzei
E se, in una antologia di esordi, si ricercassero le differenze e non le comunanze tra i testi e tra la
poetica dei diversi autori presenti all’interno? E se si individuasse il punto di rottura, la crepa, la
diversità di immaginario e immaginazione? Esordi 25 (Pordenonelegge – Samuele Editore), che raccoglie i testi di Fedro Fioravanti, Maria Teresa Rovitto e Matteo Vavassori, unisce insieme voci diverse – e per questo uniche – del nuovo panorama poetico italiano.
Fedro Fioravanti, con Preghiera al mammut, rivolge lo sguardo verso il passato, l’altro, l’andato e tenta di farlo combaciare – forse senza successo, vista la precarietà e la barbarie del presente – con lo stato attuale delle cose, con l’umano odierno, e tuttavia si accorge che la corrispondenza è imprecisa e che ciascuno è “preparazione di qualcosa”, materia in divenire. Neppure il poeta possiede la verità: talvolta tace o mente. Prende atto della distanza tra i vivi e i morti. Saper osservare: misurarsi con la bellezza che pure esiste, con la vitalità della natura offre una via di fuga, una possibilità di sottrarsi allo straniamento e alla mancanza di senso con cui ci scontriamo.
Maria Teresa Rovitto, con Beautiful feet, ci racconta alcuni dilemmi e sfaccettature del nostro tempo: le identità che lo attraversano, lo rompono, e in esso si mescolano – a partire dall’identità linguistica o geografica – e, soprattutto, ci rende testimoni di una storia che è ormai anche nostra, alla quale, attraverso la poesia, ci avvicina rendendoci ancor più consapevoli. La vicenda è quella di un’italiana che lavora con i migranti e di un ragazzo marocchino che arriva dai Balcani. Due mondi solo in apparenza distanti, due situazioni individuali che si fanno comuni e ci rendono tutti davvero umani allorquando ricerchiamo una verità difficile da afferrare.
Matteo Vavassori, con Autoipnosi, compie un’articolata operazione linguistica. Gioca con le parole, con la serietà che, del gioco, è appunto propria, e le lancia lontano per poi farle avvolgere intorno al loro centro, creando veri e propri labirinti di senso. Se l’esistente non è sufficiente a darci risposte e se nemmeno la memoria ha la necessaria capienza, la parola è strumento creativo – letterario e reale – che consente al lettore (ma prima di tutto al poeta) di distaccarsi da ciò che c’è e di inventarsi o di percepire uno spazio nuovo esplorando diversi temi e ambiti: la filosofia, la storia, la scienza, la letteratura, la musica. E certamente la stessa poesia.
Ne pubblichiamo alcuni estratti.

Due poesie da Preghiera al mammut
PREGHIERA
Sappiamo che non possiamo
capirti, ma sii generoso
concedici il colpo.
Abiteremo le tue ossa candide
abiteremo il tuo manto caldo
e in noi abiterà la tua carne.
Perdona la nostra violenza.
Con gratitudine ti saluteremo
grideremo alla neve e alle nubi
il tuo nome inconsistente.
Torna ai tuoi oscuri sentieri
noi ti faremo luce dipinta
nel buio non ti scorderemo
*
Frammenti sempre e solo frammenti.
A cosa potrà mai portare
questo osservare impreciso e raccogliere
Piccoli e grandi sfaceli, ognuno
comunque invisibile, astratto o materiale
Sbozzarli, schizzarli in parole?
*
Due poesie da Beautiful feet
Il coraggio d trattenere l’energia di ogni inizio,
di tutto ciò che è irripetibile.
Loro hanno trovato un modo: si rispettano.
Senza saperlo, colmano la distanza tra due sistemi di valori non
del tutto assimilati nella circolazione del denaro.
La prima differenza è nella violenza,
nella quantità di corpi violenti e violentati per
ottenere, per una scommessa,
la violenza buona per tutte le occasioni dalle parti di Hassan:
per le strade descritte dalla polvere,
nelle case riempite al collasso,
nelle scuole piene di nascondigli,
durante gli interrogatori, le interrogazioni.
Violenta è la promessa dei futuri sposi.
Me la immagino
bella la futura sposa di Hassan – arrivato ormai da un po’.
I corpi satelliti, il loro sole è la fede, l’orizzonte è
l’Europa che lui le racconta per telefono.
*
Quando inizia a parlarmi del suo amore, o meglio della sua promessa,
Hassan si fa muto.
Niente di nuovo sotto il sole né nelle soluzioni scelte per farsi uomo
agli occhi degli altri.
Non c’è equazione tra straniero e novità.
La donna non è che un vocativo,
persino quando sarà sua moglie, resterà a ungo lontana,
smaterializzata come il denaro che le invierà.
*
Due poesie da Autoipnosi
AUTOIPNOSI
le parole combuste allontanarsi
e scomparire
se cancelli le immagini rimane
solo la velocità
*
SENZA
accostarsi abbracciare divorare
con vagiti ostinati
come di bocca sdentata oppure provvista
di minuscoli denti e numerosi fittamente sparpagliati su più file
spine sul gambo ad artigliare trattenere o strappare
e pigolii ansimi soffi nella foga
nel prato d’erbe e terra e piccoli animali in occupazioni improcrastinabili immersi
Fedro Fioravanti (Lugano, 2003) sta svolgendo un bachelor (laurea magistrale) in antropologia sociale e linguistica comparata.
Maria Teresa Rovitto ha conseguito il dottorato in Filosofia del diritto. Suoi testi sono apparsi Su Nazione Indiana, Argo e Retabloid. È coautrice de L’ora senza ombre (Pidgin Edizioni).
Matteo Vavassori (Brianza, 1979) è redattore scientifico e collabora con L’indiscreto. Suoi testi sono in La poesia che si fa città vol. 2 e Ogni sguardo su Milano.
In copertina: Se lo dice il vuoto, di Giulia Bocchio

