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Il punto d’inizio di ogni storia: Filippo Tuena e ‘Il volo dell’occasione’

Di Maria Teresa Rovitto

 

La storia editoriale de Il volo dell’occasione, ora riproposto da TerraRossa all’interno della collana Fondanti che riprende “opere che hanno segnato un’epoca”, già uscito con Longanesi (1994) e poi con Fazi (2004), consta di due manoscritti fantasma legati al romanzo che si presenta come una rivisitazione del genere ghost stories: il suo contenuto, dunque, si riverbera nella forma del processo creativo che lo ha portato alla luce. A parlarcene è lo stesso Filippo Tuena in un’intervista a cura della casa editrice: consegna a Longanesi un manoscritto e dopo qualche tempo l’editore gli fa sapere che il finale non lo convince. Invece di limitarsi a riscrivere questa parte l’autore, colto da un moto di rivalsa e dalla paura di un fallimento, scrive un nuovo libro, Il volo dell’occasione. L’altro non fu mai pubblicato.
Questo romanzo era a sua volta pensato all’interno di una trilogia sul tema della memoria, delle presenze spettrali, delle occasioni perdute e di come, se è vero che il ricordo di queste ultime infesta la prima, è la memoria stessa a modificare la sua materia, il passato. Il secondo lavoro della trilogia sarà Cacciatori di notte, il terzo non esiste. 

 

 

Scritto in una fase in cui l’autore si è dedicato alla narrativa di invenzione (diversamente dai suoi ultimi lavori di taglio saggistico, come Le galanti, In cerca di Pan, e di quelli che nascono da un fatto storico, come Ultimo parallelo), la trama ruota intorno alla ripetizione di un evento che genera una ciclicità che sembra ricongiungere il narratore e i tre personaggi fantasma, altrimenti separati, o meglio in movimento su linee parallele, in una stessa dimensione che inscena un eterno presente.
Quello che accade all’ombra di questa illusione sarà un viaggio allucinato nella mente del protagonista senza alcuna differenza tra pensiero razionale e pensiero onirico, fatti della stessa pasta, in quanto muovono allo stesso modo la storia che leggiamo.
Lo scrittore protagonista tenta di ricostruire la storia di un triangolo amoroso dal tragico finale ambientata a Parigi e il lettore assiste all’intensificarsi di questo proposito che diventa un’ossessione; gradualmente ci si chiede se questa patologica evoluzione sia dovuta alle sue esigenze creative (l’ossessione di uno scrittore alla ricerca di una storia, nonché la stessa pratica della scrittura come ossessione, «[Q]uando si cerca qualcosa che non si sa dove sia, è da qui che bisogna incominciare. È questo il punto d’inizio di ogni storia») o se in qualche modo egli stesso prese parte alla vicenda narrata attraverso il desiderio nutrito per Blanche, il personaggio femminile che non vuole lasciare andare, tornando sui fatti per correggere la realtà. O per trasfigurare, potremmo dire, la realtà: uno dei movimenti della memoria, ma anche della scrittura. 
Del resto, quante volte uno scrittore rivive la storia che ha in mente di scrivere o che sta scrivendo? Infinite. E libri e film che abbiamo amato non continuano a essere infestanti nelle nostre esistenze?
Sembra di essere davanti a una classica mise en abyme, (l’autore crea dei personaggi e uno di questi è uno scrittore che a sua volta crea dei personaggi per la storia narrata dentro alla finzione), intrinseca oltretutto per molti teorici al genere fantastico, un genere costitutivamente metaletterario1, nel quale si inscrivono le ghost stories. Il volo dell’occasione è però una pericolosa e affascinante variante di questo schema, dal momento che lo scrittore protagonista rasenta la follia per come sente e vive la sua storia. L’inquietudine stessa si fa trama, come la demolizione di ogni significato logico e la paura del protagonista di diventare estraneo alla propria vita. Non ci può essere cronologia che regga l’esistenza di chi ha deciso di rompere con la realtà, con l’evidenza, per aprirsi al senso luminoso e, al tempo stesso, oscuro delle possibilità, di altre interpretazioni; il fatto artistico in sé non è del resto un’azione di discontinuità con il tempo ordinario?, e ancora, la sensazione di terrore e meraviglia provata al cospetto di alcune opere artistiche non è forse quella provata davanti a presenze spettrali, quando si vorrebbe fuggire, ma si resta?  

«Che importa allora il prezzo che si paga? Può la felicità fare i conti? Sottostare ai freddi calcoli della contabilità, del dare e dell’avere? Il caso, l’occasione, l’imprevisto sopraffanno la ragione. Ci si lascia cullare dalla meraviglia di una specie di musica delle sfere. E quasi si crede di essere stati capaci di possederlo, il caso, l’occasione. E nell’acquisto si rinnova il piacere del potere. Sembra quasi di ripercorrere il tempo, replicare gl’istanti passati, tornare indietro, e correggere, potendolo, il passato».

C’è una forte componente masochistica in questa condizione, in questa ricerca, che sembra aderente al genere fantastico, o almeno all’opera di uno dei suoi più grandi esponenti del XX secolo, Kafka 2 .
Il volo dell’occasione è un romanzo intriso di alti riferimenti letterari e cinematografici di autori e registi ormai unanimemente canonizzati nell’ampio panorama del soprannaturale che vanno da Poe a Henry James, da Hitchcock a Lynch, senza ignorare Borges, naturalmente 3 .
Il testo è un varco verso uno spazio in cui si può abbassare la coscienza nel sonno/veglia della lettura.

 


Note

 

1 R. CESARANI, Il fantastico, il Mulino, Bologna, 1996, p. 70: «Il fantastico, fra gli altri modi e generi letterari, è uno dei più chiaramente autocoscienti»

2 «Forse quello che mi manca in Kafka è proprio la violenza […] è questa forte componente masochistica, per dirla in maniera molto banale … dell’opera di Kafka quella che fa sì che, a differenza di tanti altri, stravedo sì per lui, ho una considerazione somma per lui, però, oltre a un certo punto, io devo lasciarlo …», in A. MORESCO, La visione. Conversazione con Carla Benedetti, Libri Scheiwiller, Milano, 2009, pp. 41.42; e ancora come sostiene Tzvetan Todorov  nel suo Introduction à la littérature fantastique, con Kafka si assiste al capovolgimento del modello classico del genere fantastico, dalla hésitation del personaggio principale di fronte a fenomeni inspiegabili si passa alla adaptation: Gregor Samsa accetta senza stupore la metamorfosi subita e impiega le proprie energie nell’adattarsi a un mondo assurdo.

3 «Supponi che concordiamo nell’ignorare Borges, che sarebbe come se decidessimo di ignorare il fiume, e in una maniera che non indugerei a definire platonica decidessimo di andare in Uruguay a piedi, come se non ci fosse di mezzo l’acqua», mutuando una delle conversazioni dei protagonisti sulla letteratura argentina che si legge in R. PIGLIA, Respirazione artificiale, Edizioni SUR, Roma, 2012, p. 170


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