Ribut: dialoghi, visioni e paradossi poetici

Sarebbe piaciuto ai grandi innovatori delle avanguardie questo libro scritto a più mani, miscellanea di poesie, immagini, musica, QR Code e messaggi profondamente sociali: si tratta di Ribut (Guida Editori), da un’idea di Marcello Affuso, fotografo e creativo a tutto oggi residente a Napoli. Insieme a Marcello, ad arricchire il progetto, giovani esordienti di talento: Maria Laura Amendola, Lucia Maritato, Manuel Torre, con le illustrazioni di Federica Dias e le ispirazioni musicali di Achille Campanile.
La domanda alla base è: si può riscrivere un classico? È ovvio che ogni grande autore (e dunque ogni grande opera) è legato a doppio filo alla propria epoca, a un certo modello di società, ma questa, lo sappiamo bene, muta velocemente. Rispondere non è semplice, ma il linguaggio possiede grande potere ed elasticità concettuale.
Ciò che importa in ‘Ribut’ è con-testualizzare un testo del passato per renderlo più attuale, più fruibile e più ancorato al presente. Partendo da un linguaggio inclusivo: «Abbiamo provato a ricomporre alcune poesie classiche – racconta Marcello – Infondendo attualità e concretezza a quei testi, per renderli davvero immortali, o per lo meno legati alla società di oggi, che è complessa e in continuo mutamento, e per far sì che anche i più giovani possano apprezzarli al di là di una fruizione passiva, come accade a scuola».
Un progetto letterario di grande respiro, con importanti messaggi sociali, culturali e politici al suo interno, la cui fruizione è variegata: immagini, parole, citazioni, suoni che da storia letteraria diventano la storia potenzialmente viva e pulsante di ognuno di noi.

Di seguito una piccola anteprima:

Estinzione
(Versi quasi ecologici, Giorgio Caproni, 1991)

Uccisi il mare
La libellula
Il vento
Soffocati i canti
Tacciono il lama
Il falcone
Il pino
Era fatto anche di questo
L’uomo
Che per vile profitto
Per nomea di titolo
Fulminava pesci
Raschiava fiumi
Sterminava distese
Morta l’acqua
Finita l’erba
Non c’è amore
Solo un parcheggio
Vuoto di respiro
Accantonata la foresta
È madida l’aria del ricordo
Di quel paese guasto
Senza voce né speranza di bambino
Nessuno si rincorre
S’affanna
Piange o ride
Umanità estinta
E cosa resta?
Fiori gracili
Si fanno strada
Lentamente
Spazzati però via
Dalla cecità di un vento radioattivo
E cosa resta?
L’ultimo canto di una balena
In un oceano orfano
Di pesci
Di corallo
Di vita in essere
Di essere in vita

§

11 ottobre
(X agosto, Giovanni Pascoli, 1896)

Anche un uomo
Voleva tornare al suo nido
Cadde senza premura di telaio
Soccorso
Rassicurazione
Tra cemento e spini
(Rumore sordo
Rosso liquido)
Lo sguardo attonito
Un ultimo accenno di pensiero
A chi invano per cena lo attende
Alle rughe del padre
Ai baci di moglie
Alla tenerezza di un figlio
E il suo digrigno inorridito
Fissa ora
Immobile
Un cielo
(impalcatura indifferente di stelle)
Lontano

Anche un uomo
Voleva tornare al suo nido
Lo uccisero
E nessuno disse: perdono

§

Assenza
(Amo in te, Nazim Hikmet, 1964)

In te amo
Ogni pulviscolo d’essere che sussurra
(Ammainaggio di mani)
L’avventura nei gesti
La continua scoperta
Gli opposti attratti
Le simiglianze

In te amo
La vicinanza del lontano
(Ipermetropia futurista)
L’impossibilità della resa
E la tenera dissoluzione
Di quando
Entrato nella piscina delle tue pupille
Mi sazio
(Leggerezza e piedi nudi)
Mordendo la tua carne

In te amo
La disperazione impossibile
Di averti avuto
E perso

In te amo
L’assenza presente

 


 

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