Gli scomparsi sono i libri che non abbiamo mai saputo di voler ritrovare: libri dimenticati, libri fuori edizione, libri introvabili, libri mai tradotti, libri trascurati. Ogni settimana qualche brano da un libro“scomparso”, nella speranza che questo piccolo spazio nascosto possa contribuire a riesumarne qualcuno.

Il libro di oggi è Los profetas desnudos, un lungo poema postumo di Roberto Bolaño dedicato a Arthur Rimbaud. Il libriccino, scritto nel 1976 e pubblicato nel 2016, non è ancora stato tradotto in italiano; si spera che un giorno lo sia. Proponiamo – con amore e emozione – la nota introduttiva di Bolaño.
Questo poema è un’onda, un uragano, una farfalla di fuoco bianco, un battello ebbro… immerso nel blu infinito del tempo e della parola. È una barca all’interno di una bottiglia; una bottiglia gettata nelle illuminazioni del mare dove sorge la poesia. È una canzone irriverente, forse un’equazione furtiva, che germoglia come dinamite dalle pagine di Una stagione all’inferno. È un’apologia di Rimbaud, l’angelo sovversivo e veggente, il grande visionario de I profeti nudi, il poeta reale, colui che sfuma come una luce nel seme primitivo delle lettere: diffondendo le fotosintesi del verbo. È un inno clandestino, scritto in Messico nel 1976; e desidero che sia un’opera postuma.
Chi riceve e legge questa bottiglia gettata nel mare avrà fra le mani il lampo latente e genuino di uno spirito veggente, l’urlo indomito di chi è l’enfant terrible per antonomasia, il bambino francese anarchico, maestro sedizioso nel verbo e nella coscienza, il liberissimo inventore del verso libero che diede vita alla bohème e fece dell’insolenza l’arma carica di futuro.
In qualche angolo brumoso del tempo, nella stella radiante di una poesia che disconosce la morte, consegno quest’evidenza di irradiazione al lettore, come chi lascia un uccello invisibile sulle mani intatte di uno spirito libero.
(“Las palabras me matan. Las palabras me resucitan.” Roberto Bolaño).