Una lettera d’amore al cinema: “Holy Motors” di Leos Carax

di Nicolò Barison

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Presentato in concorso a Cannes 2012, dove ha riscosso grandi elogi da parte della critica, per poi passare quasi inosservato nelle sale italiane nel giugno 2013, “Holy Motors” è il grande ritorno al lungometraggio del regista di culto francese Leos Carax (“Gli amanti del Pont-Neuf”, “Rosso sangue”, “Pola X”).


24 ore nella vita di una persona, Monsieur Oscar (una grandissima prova d’attore di Denis Lavant), che vive più vite parallele e cambia continuamente identità: a volte è un uomo, a volte una donna, certe volte è giovane, altre anziano, povero o ricco. È mendicante, performer di realtà virtuali, assassino, creatura deforme e mostruosa, lavoratore, banchiere, padre di famiglia, musicista. Attraverso questi personaggi di cui non ci viene data alcuna informazione preliminare, se non per quello che vediamo in ogni segmento in cui Monsieur Oscar interpreta i vari personaggi, Carax mette in scena il Cinema e i suoi vari generi, con i loro codici, stilemi ed archetipi. Monsieur Oscar è affiancato da una enigmatica assistente, Céline, che lo accompagna in limousine ai vari appuntamenti per le strade di una Parigi cupa e misteriosa. L’uomo sta recitando, si intuisce fin da subito che è un attore a cui viene assegnato il compito di interpretare frammenti di vite che non sono la sua, ma a che scopo? Dove sono le telecamere, i microfoni, i membri della troupe e il regista? Chi è realmente Monsiuer Oscar, qual è la sua vera storia? Tutti questi affascinanti interrogativi rimangono volutamente irrisolti.
Nella stupenda ed emblematica scena iniziale, il regista ci mostra una sala cinematografica affollata. Gli spettatori sono immobili, con gli occhi chiusi. Il movimento, invece. è sullo schermo dove si succedono frammenti e spezzoni del cinema muto e delle origini. Un uomo (presumibilmente Carax stesso) si sveglia nella sua camera da letto, si alza e trova un passaggio segreto che non aveva mai notato. Proprio questo passaggio lo porta all’interno della sala cinematografica. Da questo momento in poi inizia l’incursione nella giornata di Monsieur Oscar e nella profonda analisi del Cinema e del suo immaginario.
Un’altra scena degna di nota, fra le tante, è quella dell’episodio della realtà virtuale, dove Monsieur Oscar ingaggia un combattimento al ralenti, per poi inscenare una rapporto sessuale con una ragazza, mentre sullo schermo i due si trasformano, grazie al motion capture, in due draghi che, a loro volta, fanno l’amore.
Patinato, ipnotico, delirante, elegantissimo, grottesco, il film è una lettera d’amore al Cinema, alla Settima Arte, ma anche, allo stesso tempo, una dolorosa riflessione sulla sua decadenza.
“Holy Motors” è impossibile da spiegare, non è possibile spiegare le varie storie che vive ed interpreta Monsieur Oscar. Non è sicuramente un film facile, in quanto non fornisce alcuna risposta, anzi, pone interrogativi e presenta dei dialoghi sospesi e senza un apparente filo logico. Ciò che rende “Holy Motors” un film unico e meraviglioso e che lo differenzia dall’essere un’operazione prettamente intellettualistica ed autoreferenziale è proprio la profonda passione che traspare nelle sue immagini in movimento, che sono poi l’essenza stessa del Cinema, sin dal tempo dell’arrivo del treno alla stazione dei celeberrimi fratelli Lumière. Dopo pochi minuti di visione sarete travolti da questo onirico e surreale flusso che vi porterà ad amarlo e a gridare al capolavoro. Ovviamente non è un film per tutti: se invece lo odierete e rimarrete indignati durante la visione non sentitevi troppo colpevoli, Il cinema di Carax è così, senza mezze misure, prendere o lasciare. In ogni caso, non potrete restare indifferenti.

 

2 risposte a “Una lettera d’amore al cinema: “Holy Motors” di Leos Carax”

  1. Chi non è d’accordo sulla straordinarietà del film di Carax scriva ora o abbandoni per sempre ogni velleità criticocinematografica (tuttattaccato). Film terminale e definitivo.

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  2. A me ha fatto schifo. Trasuda arroganza transalpina da ogni fotogramma, parla di cinema perché non ha nulla da dire. Il finale disneyano, poi, è la ciliegina sulla merda. Il cinema è una pistola: se caricata a salve non funziona.
    Per il resto, come vedi, mi trovi d’accordo sul fatto che Carax o si ama o si odia.

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