Traviso di Alberto Cellotto (Prufrock Spa Edizioni)

[Traviso è un tentativo di scrittura breve e intervallata dal protagonismo del numero che sta tutto nell’alveo di un’ossessione precisa, cioè quella per il volto dell’uomo, per quel pensiero che raduna le diverse combriccole dei volti, quando si percepisce che ogni viso è legato a ogni altro. Allo stesso tempo il travisare diventa un nascondimento necessario, forse per provare a uscire dal loop dell’ossessione.]

Traviso

2.

Segue, la sodaglia dell’inverno
il ghiaccio rotto nelle pozze
e l’aria sa con l’ora dei posti dove
mai sono stato, quegli
unici dove ho
davvero sostato,
eterno.


13.

Solamente la distanza dai civili
usi e terreni, solo il lontano: unico
oggetto che sento. Esperto paesaggio
sporgente, serrato a festa.
Per me o te la strada bagnata e i raggi
vecchi, la vietata vista, i becchi
nei cortili.


31.

Sta per finire per sempre il dovere.
Dove ti riprendi l’allegria
adesso, dove si mangiano i figli?
Quasi mai sai e accetti la guardia
del piacere, la stuoia di questa
pioggia che gioca già con tutte
le ere.


37.

Plausibile immagine, somiglianze, come
ernie da una guancia.
Tra i lobi tuoi s’incaglia
il mento, non hai tempo
per il mondo e il mondo
non ha tempo né terre
senza nome.

 

alberto cellottoAlberto Cellotto è nato a Treviso nel 1978. Ha scritto i libri di poesia Vicine Scadenze (Editrice Zona, 2004), Grave (Editrice Zona, 2008) e Pertiche (La Vita Felice, 2012). Ha tradotto dall’ inglese opere di Gore Vidal, Stewart O’Nan e Frank Norris. Cura il blog Librobreve. Altro su albertocellotto.it

4 risposte a “Traviso di Alberto Cellotto (Prufrock Spa Edizioni)”

  1. la tessitura linguistica di cui si mostra capace Cellotto è finissima. ho passato un pomeriggio d’ammirazione come davanti a un congegno meraviglioso. insomma, compratevelo.

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  2. D’accordo con Roberto nel rilevare la finissima tessitura linguistica (fonetica, prosodica, sintattica, lessicale) di queste poesie. C’e’ anche una forte componente formalista che si evidenzia gia’ nel ripetere la stessa forma (indice di ossessione forse, ma anche necessario contenimento per ‘aguzzare’ l’espressione) di frammento in frammento. Mi sembra esserci un equilibrio tra certe istanze oggettiviste o anche neo-oggettiviste e un sottofondo lirico-tragico che esplode piu’ chiaro nel frammento (heideggeriano?) numero 37. Una voce interessante e diversa, quella di Alberto, su cui spero di poter tornare.

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