Non vedo l’ora di farla finita
e con tutte le forze arrendermi
invece di dire sempre le stesse cose
senza mai ripetermi
e smettere e ricominciare
a leggere le antologie
dei nati negli anni
in cui finivano d’essere stampati i libri
sui quali abbiamo studiato
quando tutto poteva succedere – ma tutto
avrebbe potuto e quasi tutto
credimi potrà succedere
di nuovo – in tutti i sensi,
perché anche il nuovo stanca e poi cosa vuoi
che cambi da un giorno all’altro,
la vita continua come può
sempre più a lungo, dicono
visto che durano di più le malattie
che siano complicazioni
respiratorie o rischi cardiovascolari
o le altre distrazioni dai veri problemi
che non si risolvono certo
con le targhe alterne
o con la raccolta differenziata
che ti dirò io non ci ho mai creduto
e anche l’altra sera prima di salutarci
dimentico sempre i nomi
ma ne parlavamo con ispirazione,
amiamo una certa scrittura che è diversa
se praticata con disciplina ed emozione
e non per una presunta polisemia
o per una discutibile economia grafica
che la vorrebbe più sintetica
della sua invenzione
insieme alla qualità e all’originalità
delle immagini e delle storie
e della psicologia che sta dietro
all’uso di altre tecniche
che tengono alto il livello di attenzione
così che ad ogni tiro di guinzaglio
il lettore che è a sua volta un potenziale scrittore
s’illuda di poter decidere se andare
a capo o temporeggiare accanto a una ruota
o una catena legata a un palo della luce, questo
è un discorso di fiducia reciproca, di rispetto
per un certo territorio, questo è un altro
aspetto da tenere in considerazione
e, si, poi anche questa riscoperta dei dialetti,
come se già l’italiano non fosse una lingua
sufficientemente periferica e senza seguito,
senza ironia c’è già abbastanza
carne al fuoco e tanto fumo negli occhi
e comunque, come se non bastasse
la presunzione con cui – mi ci metto
anch’io – cerchiamo le differenze
tra buona prosa e cattiva poesia
e pensiamo di trovarla nelle figure
di suono, in un certo pattern
ritmico a servizio di uno sviluppo
logico-estetico, è ancora troppo facile,
con tutti questi spazi e tutte queste voci
che si accavallano e solo smettono
quando vogliono
senza mai mettere un punto
come se non ci fosse nient’altro
da fare al mondo
che fissare un punto,
perché di questo si tratta,
di un punto lontano a piacere,
in cui tutto finalmente si ferma
e riparte più veloce di prima,
come se fosse il punto esatto
in cui le parallele non si toccano e non quello
in cui subito prima pensiamo
che non si toccheranno mai e poi
mai, lo so
ti ci metti anche tu
ma cosa vuoi
che ti dica
se ho ripreso a fumare
ma di meno
che tanto non c’è niente
in questo mondo, in questo
momento non c’è più
niente di meglio
che smettere e ricominciare
con tutte le forze
e con tutte le forze
smettere e ricominciare.
6 risposte a “Giovanni Catalano – Non vedo l’ora di farla finita”
apprezzata, molto
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Con tutte le forze ho smesso e ricominciato a leggerti, Giovanni, almeno tre volte. Mi sono emozionata tutte e tre le volte (e tornerò, eh!) e ogni volta il finale m’è parso il precipizio sul quale sto ferma in bilico da troppo tempo.
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bravissimo Giovanni.
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questo poeta è un mio amico e me ne vanto.
molto bravo giovanni
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Grazie ragazzi, avevo proprio bisogno di condividerla con voi…
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“come se non ci fosse nient’altro
da fare al mondo
che fissare un punto,”
Finirà come per Silvia. Tre volte. Ma anche di più, tutte le volte che ho paura.
Grazie, molte.
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