Tra le righe n. 9: Eduard Mörike, Nostalgia

Eduard Mörike

Tra le righe n. 9: Eduard Mörike, Nostalgia

la traduzione è nella sua essenza plurale etica dell’ascolto

Antoine Berman[i]

Eduard Mörike

Heimweh

Anders wird die Welt mit jedem Schritt,
Den ich weiter von der Liebsten mache;
Mein Herz, das will nicht weiter mit.
Hier scheint die Sonne kalt ins Land,
Hier deucht mir alles unbekannt,
Sogar die Blumen am Bache!
Hat jede Sache
So fremd eine Miene, so falsch ein Gesicht.
Das Bächlein murmelt wohl und spricht:
Armer Knabe, komm bei mir vorüber,
Siehst auch hier Vergißmeinnicht. –
Ja, die sind schön an jedem Ort,
Aber nicht wie dort.
Fort, nur fort!
Die Augen gehn mir über!

(da: Eduard Mörike, Die schönsten Gedichte. Ausgewählt von Hermann Hesse, Insel Verlag, Frankfurt am Main und Leipzig 1999, 43)

Nostalgia

Si tramuta il mondo ad ogni passo
che dall’amata mi allontana.
Non mi vuole più seguire il cuore.
Freddo brilla il sole alla campagna;
ogni cosa qui mi sembra ignota,
anche i fiori al margine dell’acqua,
tanto estraneo m’appare il mondo,
mi offre tanto mendace un volto.
Pure mormora il ruscello e dice:
Passami accanto, povero fanciullo,
guarda i miei non-ti-scordar-di-me! –
Belli fioriscono in ogni luogo,
belli, ma non come laggiù…
Avanti, dunque, avanti!
Gli occhi m’inonda il pianto.

(traduzione di Cristina Campo, in: Cristina Campo,  La tigre assenza, Adelphi, Milano 1991, 68)

Nostalgia

Diverso si rivela ad ogni passo questo mondo,
che dall’amore mio mi tien lontano;
si rifiuta il mio cuore d’avanzare.
Freddo qui sopra i campi brilla il sole,
tutto qui si rivela essermi estraneo,
perfino i fiorellini sulla sponda!
Ogni cosa ha
un aspetto sconosciuto, un’apparenza falsa.
Il ruscelletto mormora e mi dice:
avvicinati a me, caro fanciullo,
scorgi anche qui non-ti-scordar-di-me!
– È vero sì, son pur belli dovunque,
ma non come laggiù.
Via, voglio andare via!
Di lacrime straripano i miei occhi!

(traduzione di Liliana Cutino, in Eduard Mörike, Poesie, traduzioni di Enrico De Angelis e Liliana Cutino. Con un’appendice di Diego Valeri, “Jacques e i suoi quaderni”, 22, Pisa 1994, 53)


[i] Berman, linguista francese, traduttore dall’inglese, dallo spagnolo e dal tedesco, saggista e teorico della traduzione, è menzionato da Maria Luisa Vezzali a p. 8 del suo Editoriale al volume di “Materiali” (pubblicazione semestrale della Bottega dell’Elefante), pubblicato nel dicembre 2007 con il titolo La soglia sull’altro. I nuovi compiti del traduttore.

10 risposte a “Tra le righe n. 9: Eduard Mörike, Nostalgia”

  1. Amo svisceratamente Cristina Campo, ma non per questo preferisco la sua traduzione,
    che è bellissima a tal punto che forse l’orginale s’impregna d’un po’ d’ombra…..

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  2. Ti ringrazio Anna Maria per questa preziosa rubrica, perché ogni volta è scoprire che la traduzione si configura come un ascolto (quindi non come infedeltà) al testo originale sotto una diversa luce interpretativa.

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  3. Anche, forse particolarmente con le liriche di Mörike, Cristina Campo dispiega la forza e la bellezza sofferta del “lentissimo precipitare” del tradurre, come lei stessa definiva il suo procedere nell’ascolto e nella resa di testi altrui. Contemporaneamente, la sua traduzione rende giustizia alla poesia di Mörike, che, al mio sentire, è in grado di superare i confini del Biedermeier; e di giungere limpida, straordinariamente moderna fino a noi. Cristina Campo è stata la prima a tradurre Mörike in italiano. A quell’epoca – era il 1948 e Cristina Campo pubblicava ancora con il nome all’anagrafe, Vittoria Guerrini – le venti poesie di Mörike nella traduzione di Vittoria Guerrini uscirono per i tipi dell’editore Cederna, di Milano. Il suo esempio fu seguito nel 1959 da un altro poeta italiano, Diego Valeri, che pubblicò sue traduzioni di Mörike nell’antologia “Lirici tedeschi”.
    Ringrazio Umberto De Vita e Davide Zizza, ché, mi pare, anche l’attenzione è “etica plurale dell’ascolto”.

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  4. la Campo ancora Vittoria fu attentissima lettrice di molta poesia prima ancora che in Italia si cominciassero a pronunciare alcuni nomi. a volte penso che i suoi carteggi siano più interessanti dei suoi pochi scritti ufficiali (affermo questo da lettore appassionato di Cristina Campo, quindi non prendetela come una nuova provocazione).
    la vicinanza con Leone Traverso maturò in lei un certo approccio al testo originale che è poi lo stesso di Antonia Pozzi (non a caso la Campo si accorse di lei tra i primi al di fuori della cerchia banfiana) ossia una compenetrazione nelle parole, un attraversamento.
    la traduzione della Cutino è puntuale, certo; non tralascia la forza dell’originale. ma, non so come dirlo altrimenti, quell’attacco che traduce alla lettera “Anders wird…” non ha la stessa forza del campiano “Si tramuta”. Non “diversamente rivelato” ma “tramutato”. Per non parlare della koiné ermetica (luziana) che pervade tutta la traduzione campiana.

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  5. Non è una provocazione la tua, Fabio, ma la spia di una lettura attenta. Gli epistolari di Cristina Campo forniscono materia preziosa – anche quando è aspra, come succede, per esempio, nelle note di Cristina Campo su Anna Banti – e per il suo universo poetico e per il contesto storico e letterario. Continuo a coltivare con amore la raccolta di saggi apparsa con il titolo “Gli imperdonabili”, ma gli epistolari schiudono interi mondi. Quanto alla traduzione, l’attacco, con il deciso e irreversibile “si tramuta”, rivela immediatamente quanto carattere, quanta forza abbia l’apparentemente schiva e sommessa poesia di Mörike. La traduzione di Liliana Cutino è filologicamente inappuntabile (entrambe si discostano dalla ‘lettera’ nella traduzione di ‘am Bache’ – letteralmente ‘sulle rive del ruscello’, che viene tradotto da Campo con ‘al margine dell’acqua’ e da Cutino con ‘sulla sponda’) e fedele nella resa del diminutivo “Bächlein”, ‘ruscelletto’, che Campo ignora volutamente, ma… è proprio l’aggiunta di un secondo diminutivo, che non c’è nell’originale ‘Blumen’, ‘fiori’, tradotti da Cutino con ‘fiorellini’ a svelare una interpretazione più conforme all’idea ‘tranquillizzante’ che abbiamo del Biedermeier da parte di chi traduce. A proposito di traduzioni di grande qualità e di grande efficacia nello svelamento della complessità, mi piace qui menzionare la poco nota, ma straordinaria traduzione che Paola Capriolo fa di “Pietre colorate” di Stifter, il testo narrativo fondamentale per il Biedermeier.
    Un grazie a voi, Gianni e Fabio, per il passo sollecito e appassionato con il quale seguite i confronti tra traduzioni.

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  6. Trovo anch’io questa rubrica preziosa, anche perchè mi ripropone una domanda che mi sono posto spesso: cosa sarebbe stato di Neruda in Italia, se a tradurlo non ci fosse stato Bellini? Cosa ne sarebbe stato se fosse passata la sola opera di traduzione di Gusmini? Nel caso di specie trovo meravigliosa l’infedeltà della Campo.

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  7. Dovremmo far nostra la domanda che rivolge Gianluca Sansone nel suo commento, perché si tratta “della” domanda per eccellenza, che ruota intorno a due cardini fondamentali: la responsabilità di chi traduce nell’opera di mediazione linguistica e culturale e nella storia della ricezione di autori e testi, l’impegno, che assume chi legge, a interrogare il testo, La condizione ideale è quella dell’accesso al testo-fonte – possibilità che riserva molte sorprese, tra le quali lo ‘svelamento’ di veri e propri fraintendimenti del testo originale in traduzioni ‘affermate’: se questa condizione è assente o carente, il confronto tra traduzioni è addirittura vitale.

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  8. Ricevo oggi da Franca Gusmini un messaggio che pubblico molto volentieri, perché va nello spirito dell’attenzione – un’attenzione puntuale, dunque anche sui nomi traduttori, oltre che aperta all’ascolto di una pluralità di rese nella traduzione, esattamente nello spirito di questa rubrica, esattamente nello spirito di quanto riassunto da Berman nella frase riportata all’inizio di ogni numero della rubrica. Si tratta di una rettifica circa le traduzioni di Neruda citate nel commento di Gianluca Sansone. Franca Gusmini precisa che le traduzioni di Neruda alle quali si fa riferimento “sono di Roberta Bovaia (per Guanda), di cui l’editore (Electa per “Il sole 24ore”) aveva acquistato i diritti”. Nel ringraziarla, Invito Franca Gusmini a intervenire qui.

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