di mens ione
non di men s’io ne dessi grandi versi
o versioni da variati saccenti
di mitiche apollinee discendenti
d’essi diresti forse esser dispersi
da cuti più che non da fondi avversi
in gravi dati d’alteri alteri enti
– disse minati i semi dei sapienti
ora colante uno li controversi
disseminati altrove non d’io aspersi
apostrophi né credendo ai credenti
– se dici sedici dei sedicenti
viandante l’es empio che sei presenti
ti sien passati e futuri conversi
insieme ione a ione i versi che versi
______________
nota della redazione:
Si consiglia di leggere i lavori di Giovanni Campi, recentemente pubblicati su “La dimora del tempo sospeso”, al seguente Link:
http://rebstein.wordpress.com/2010/03/09/speculo-imaginario/
43 risposte a “di mens ione”
Questa sì che è bella! Complimenti…ipersonetto studiato e molto convincente: mi suona molto di Gabriele Frasca, nell’ultima raccolta Quevedo, o…dei primi iper o catasonetti di Sanguineti e Zanzotto. Luciano.
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son solito definirli ‘sonettaccj’, questi che mi si scribacchiano, ma i riferimenti che fai mi son gradi
e grati
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Luciano, ti consiglio allora di seguire questo link e continuare a leggere i lavori di Giovanni Campi
http://rebstein.wordpress.com/2010/03/09/speculo-imaginario/
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lì l’immane lettura loro (di enzo campi e natalia castaldi) dell’inane scrittura mia
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per quanto mi concerne
invertir dovrai messére
l’immane tua scrittura
con l’inane mia caratura
mercì my sweet heart
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Grazie!
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Molto bella , tra Freud (l’es )
e molecole di atomo !
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magari nel carteggio einstein-freud ci potrebbe essere qualche interpretazione dei segni miei
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io ho già dato in quanto a commenti….. :-)
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..mah, così, a prima vista, mi sembra un testo scritto con rara maestria… tornerò a leggerlo ancora…
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e ché rileggerlo? la prima opinione è quella che conta!
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letto alla f(r)onte della parola
il tuo è già un torrente.
Le mie sono schegge
una selce rossa
sul lato della corsa.
Ciao Giovanni.ferni
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più che un torrente
è un torr’ente
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AHAHAH! Ok, vada per la prima impressione!
;-)))
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in_canti
resto in vortice…
dentro ogni riga
di melodia alla mente.
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buona discesa nel maelstrom
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mi associo a Luciano Mazziotta (ciao Luciano!)
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m’associo ad amendue
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plano plano
planooooooo
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Innanzitutto grazie per il Tag!
so n’etto di delizie :-)
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so netto di delizie il mio son minuto
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tsk tsk…copiesso..!! abbraccio forte, Viola
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abbraccio a te e al tsk tsk sceptiquo, ma ché “copiesso”?
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ma che meraviglia giovanni… fratelli strepitosi i campi, campi di idee feconde e immaginifiche.. ironia? forse ma maledettamente sincera e seria.. ti e vi abbraccio
roberto
ps: giovanni ho provato a chiamarti ma non ci riesco, riproverò..
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macché! macché meraviglia: soltanto una mera veglia, nel tentativo di non bruttaddormentarmi al sonno della ragione
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Mir-abile :)
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mira bile
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Voglio morire: l’ultimo verso è ipermetro. Perché, perché? mi torco nel dolore. Tanto più che il sacrificio ritmico non vale il finalissimo, «versi che versi» essendo gioco abusatissimo. Supplico l’autore di limare radicalmente il verso.
Devo inoltre correggere il gentile signore che usa il termine “ipersonetto” non a proposito, in quanto un ipersonetto è un insieme di quattordici sonetti.
Quanto al resto, sonetto grazioso, sebbene il mio gusto vada ormai allontanandosi dalla ludolinguistica pura, i cui vincolanti lacci rischiano di far inciampare la filosofia e di strangolare la poesia.
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Marco..finalmente…era, è, ora, besos anche a te, V.
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Strabiliante dichiarazione d’intenti….
strabuzzo gli occhi, felicitandomi.
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http://palasciania.splinder.com/post/20177616
resto al quanto disorientato riguardo invece al riguardo che me ne fai: non son d’annoverare come ludolinguista
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ioni o eoni
dimensioni dell’anima
quanti indeterminabili
appena percepibili
in Poesia.
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appena a pena:
Simpliciter: – Lei non comprende. Lei non mi comprende.
Complicatibus: – Non c’è comprensione, e questa è forse la comprensione.
Simpliciter: – Lei non percepisce. Lei non mi percepisce.
Complicatibus: – Non c’è percezione, e questa è forse la percezione.
Simpliciter: – Lei non c’è. Lei proprio non c’è.
Complicatibus: – Non esserci, e questo è.
Simpliciter: – Questo è? Cosa è questo? Questo non è niente, proprio niente.
Complicatibus: – Se questo non fosse niente, sarebbe tutto? Questo è tutto, allora? Questo è tutto, allora. Ma se questo fosse in vero tutto, Lei saprebbe cosa è questo, cosa è tutto, cosa è tutto questo. Lei saprebbe dunque cosa significhi ora questo, che è un quanto del tutto. Lei sa dunque cosa significa ora questo. Questo è quanto. Ma quanto è?
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Grazie per ricordare a tutti che la parola ci salva.
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e ci danna
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una chicca chic
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radical mente radicali liberi di cui si è schiavi
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Profondamente e per gioco. Impressionata … ma anche incuriosita dall’espressione intrinseca del volto … e sorriso. Una prova mirabile.
Doris
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del volto?
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Un giocoliere in grado di manipolare uno o più versi. Come vengon giù, vengon giù più inarrivabili che mai… Giada
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s_pro_fondo, catalievitante all’ingiù
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stamane m’è giunta una posta privata, che qui renderò pubblica:
Grazie Giovanni
la scienza è arrivata a mettere in discussione i termini stessi sui quali basava la sua essenza: oggettivo soggettivo…come vivessimo in un neobarocco, il senso delle cose, delle parole e del linguaggio in generale, sta di nuovo distruggendo il significato delle stesse. in questo ambito inquadro la tua scrittura (ma ti parlo da profano) il richiamare forme letterarie lontane nel tempo la vedo come un’esigenza provocatoria di recuperare i termini del conflitto senso-significato, là dove si è sviluppato; su tutti penso a Marino e ai Marinisti, alla letteratura italiana secentesca, dove si rispondeva alla profonda lacerazione tra fede e scienza attraverso lo studio della forma e della retorica. In quest’epoca dove una nuova lacerazione tra scienza e chiesa, ma a parti invertite, è in atto ormai da mezzo secolo, trovo che la tua scrittura sia una risposta simile a quella del 600 barocco, ma che parte dalla coscienza di distruzione del logos e dall’ironia che tale coscienza sottende.
Fabrizio
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“barocco è il mondo…” (c.e.g.)
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