“Mi sono sempre piaciuti i rettili…
Immagino l’universo come un mastodontico serpente,
con tutte le persone, le cose, i panorami alla stregua di
minuscole immagini sulle sfaccettature delle squame.
E penso che la contrazione peristaltica sia il movimento
basilare della vita: l’inghiottire, il digerire, il ritmo del rapporto sessuale.
Del resto, la lucertola e il serpente si identificano con l’inconscio,
con le forze del male… anche se non se n’é mai visto uno, il serpente
incarna tutto ciò che temiamo”
James Douglas Morrison (Melbourne, 1943 – Parigi 1971)

Una rockstar? un narciso autodistruttivo dedito all’eccesso … o, semplicemente, un poeta?
Quello di rockstar eccessivo fino alla sua stessa distruzione è l’aspetto che comunemente e tristemente conosciamo di un giovane uomo che aspettava le ore dell’albeggiare per scrivere fiumi di versi (più di 700 pagine) tra visionarie intuizioni e postumi di sbronze e droghe.
Una personalità forte ed intimamente fragile, carisma da vendere dietro la dionisiaca maschera da frontman rockettaro, che amava inscenare e contrapporre all’introversione taciturna ed alla timidezza dell’uomo che sognava di “fare il poeta”. Un poeta che delicatamente e violentemente si delinea dalla lettura dei suoi versi.
Figlio di un ammiraglio della Marina statunitense ed un’impiegata sempre presso la Marina, il giovane James ricevette un’educazione rigida e conservatrice alla quale reagì violentemente tagliando i ponti con la famiglia già durante gli anni dell’Università.
Era un giovane preparato e vorace lettore, amava i poeti maledetti, Rimbaud, Blake, Baudelaire, Artaud, Céline, la filosofia di Nietzsche, gli autori della Beat Generation Jack Kerouac ed Allen Ginsberg, i visionari romanzi di Aldous Huxley e, particolarmente, il famoso saggio “The Doors of Perception” [Le Porte della Percezione] – che diede nome al gruppo rock che lo portò alla notorietà – e che si rifaceva alla poetica blakiana dello sregolamento sistematico dei sensi fino ad acuire, quindi “aprire”, le famore “Doors”/Porte percettive per giungere “al palazzo della Saggezza”.
«Il poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di pazzia; cerca egli stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che la quintessenza. [.] Egli giunge all’ignoto, e quand’anche, sbigottito, finisse col perdere l’intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe pur viste!» (Arthur Rimbaud, in Lettre du voyant (“lettera del veggente”) al coetaneo Paul Demeny)
Morrison incarnava quest’opera di sregolamento dei sensi portando se stesso all’eccesso di stanchezza e insonnia, abusando di alcolici e droghe, ossessionato dalla sola volontà di scrivere.
“Tutti i grandi poeti, gli epici come i lirici,
compongono i loro bei poemi non grazie all’arte
ma perché ispirati e posseduti.
I poeti lirici non hanno mente sana
quando compongono le loro meravigliose fatiche.
Per il Poeta é una luce, é volare, é una cosa sacra,
e non c’è inventiva in lui finché non è stato ispirato
e non ha perso la ragione, e la mente non é più in lui.
Quando non ha raggiunto questo stato, é senza forza
e incapace di pronunciare i suoi oracoli.”
(J.D.Morrison)
Lo scopo dell’auto-sregolamento sistematicamente condotto dal giovane Morrison, aveva il fine di aprire, attraverso l’alterazione sensoriale, la coscienza per poi riaffacciarsi sul mondo – come attraverso una porta deformante – e descriverlo in tutte le sue contraddizioni, negli aspetti più cupi ma anche gioiosi e solari, dando vita ad un insieme filmico di visioni versificate di sapiente organicità descrittiva probabilmente dovuta alla formazione cinematografica sviluppata ed approfondita da Morrison durante gli anni universitari presso l’UCLA di Los Angeles.
Nel 1970, grazie all’incoraggiamento del poeta ed amico Michael McClure, Morrison si decise a far visionare le sue poesie alla Simon & Schuster e così, nello stesso anno, vennero pubblicate le prime copie di “The Lords and the New Creatures” [I Signori e le Nuove Creature], due raccolte poetiche pubblicate in un unico volume che riportava quale nome dell’autore “Jim Morrison” anziché il nome per esteso “James Douglas Morrison” e, cosa che ferì ancora più profondamente Jim, la foto di Jim icona rock in copertina (la famosa “foto del giovane leone”): insomma, la sua poetica, ciò cui Morrison teneva più di ogni altra cosa come fatto intimo e personale, era stata mercificata quale puro fenomeno commerciale.
“Sono convinto che in un certo senso Jim fosse intrappolato in un personaggio che non considerava adeguato a sé ed alla propria essenza, …. Penso che in realtà Jim come poeta non avesse nessuna prospettiva. Cosa avrebbe potuto fare? La sua poesia sarebbe stata totalmente messa in ombra per il resto della sua vita dal suo stesso nome. Ogni volta che qualche circolo di poesia invitava Jim Morrison, non lo faceva per la sua poesia, ma per il suo nome” – (Babe Hill, amico e stretto collaboratore di Morrison).
Tra il 1969 ed il ‘70, morirono tragicamente all’età di 27 anni tre rockstar: Jimi Hendrix, Brian Jones e Janis Joplin. In quegli anni, Morrison scrisse un’ode pensando alla scomparsa per affogamento dell’amico Brian Jones, che può essere letta come tragico presagio della sua stessa scomparsa solo due anni dopo a Parigi, all’età di 27 anni.
***
da "I signori" - appunti sulla visione . Guarda dove teniamo i nostri culti. Viviamo tutti nella città. La città forma - spesso fisicamente, ma sempre mentalmente - un cerchio. Un Gioco. Un anello di morte con il sesso al centro. Dirigiti verso la periferia dei suburbi cittadini. Al margine scopri zone di vizio sofisticato e noia, prostituzione infantile. Ma nella sordida cerchia che cinge dappresso i distretti degli affari alla luce del sole esiste l'unica vera vita collettiva della nostra specie, l'unica vita di strada, vita notturna. Tipi morbosi in alberghi da poco, pensioni economiche, bar, banchi dei pegni, varietà e bordelli, in portici morenti che non muoiono mai, in strade e strade di cinema notturni. Quando il gioco finisce comincia la Partita. Quando il sesso finisce cmincia l'Orgasmo. Tutti i giochi implicano l'idea della morte. * Quale sacrificio, a quale prezzo può nascere la città? Non ci sono più "ballerini", gli indemoniati. La divisione degli uomoni tra attore e spettatori è il fatto centrale del nostro tempo. Siamo ossessionati da eroi che vivono per noi e che noi puniamo. Se tutte le radio e le televisioni venissero private delle loro fonti di energia, tutti i libri e i dipinti domani bruciassero, tutti gli spettacoli e i cinema chiudessero, tutte le arti dell'esistenza vicaria ... * Ci accontentiamo del "dato" nella ricerca di sensazioni. Siamo stati trasformati da un corpo che danza sfrenato sulle pendici in un paio di occhi sbarrati nel buio. * Nessuno dei prigionieri riacquistò equilibrio sessuale. Depressioni, impotenza, insonnia ... dispersioni dell'erotismo in idiomi, letture, giochi, musica e ginnastica. * I prigionieri costruiscono il loro teatro a testimonianza di un incredibile eccesso di tempo libero. Un giovane marianio, costretto in ruoli femminili, presto diventò il beniamino della "città", poiché a quei tempi chiamorono se stessi città, ed elessero un sindaco, polizia, assessori. * da "Le nuove creature" Gli artisti dell'Inferno sistemano cavalletti nei parchi il tremendo panorama, dove i cittadini trovano ansioso piacere derubati da selvagge bande giovanili. Non posso credere che ciò stia accadendo Non posso credere che tutta questa gente si annusi reciprocamente & faccia marcia indietro digrignando i denti peli ritti, ringhiando, qui nel vento massacrato. Sono il fantasma assassino che testimonia a tutti il mio benedetto castigo Questo è quanto non più divertimento la morte di tutta la gioia è venuta. * Ode a L.A. pensando a Brian Jones, Deceduto . Io sono un semplice cittadino Scelto per impersonare il principe di Danimarca Povera Ofelia Tutti gli spettri che non vide mai Volteggiano nella morte Sulla fiamma di una candela metallica Guerriero implacabile, ritorna Tuffati In un altro canale In una pozzanghera di burro fuso C'è Marrakech Sotto le cascate La tempesta feroce Ha disperso i selvaggi Nel tardo pomeriggio Mostri del ritmo Hai lasciato il tuo Nulla A gareggiare con il Silenzio Spero che tu sia uscito di scena Sorridente Come un bambino Nei freschi rimasugli Di un sogno L'uomo angelico In lotta coi serpenti Per il possesso delle mani E delle dita Alla fine pretende Il comando Su questa anima Pacifica Ofelia Foglie inzuppate Nella seta Cloro Sogno Testimonianza Imbavagliata dalla pazzia Il trampolino, il tuffo La piscina Tu eri un combattente Una musa del muschio damascato Tu eri il pallido Sole Per i pomeriggi televisivi Rospi cornuti Terrorizzati da una macchia gialla Guarda adesso dove sei Tu In un paradiso carnale Pieno di cannibali E di ebrei Il giardiniere Ha rinvenuto Il corpo che galleggia muovendosi Cadavere eccellente Che cos'è questa materia verde Di cui sei fatto? Buchi d'urto Nella pelle della Dea Puzzerà Nel suo cammino verso il cielo Per i saloni Della musica Non c'è scelta Requiem per un duro Quel sorriso Quello sguardo Da satiro sporcaccione Ha saltato l'ostacolo Per sprofondare nella terra grassa. .
2 risposte a “Il re lucertola: mito, uomo, legenda. (post di natàlia castaldi)”
“I hope I die before I get old”, cantavano The Who in “My Generation”…
grazie Natàlia, ho riletto con piacere (e un po’ di nostalgia) i versi di Jim Morrison.
stefania
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(uomo con un’ “Anima Tonda” complessa e da me molto amato. “nacqui” da lui -così- nel 1987)
bacio
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