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Se non avessi avuto un libro con tutte le parole del mondo non sarei sopravvissuto: Vittorino Curci, Tutto il resto è letteratura

Di Annachiara Atzei

Si muove tra la realtà e la pagina, Vittorino Curci, nella raccolta di recente pubblicata per l’editore pugliese Musicaos col titolo Tutto il resto è letteratura, e mostra la consapevolezza e l’esperienza di un autore maturo che tira le fila di versi, musica – sua prima passione insieme all’arte visiva – e vita. Ieri e oggi, giovinezza e presente convivono in questi testi, eppure il tempo non offre garanzie: Curci si aggrappa alla verità di un ricordo e, allo stesso tempo, intravede il precipizio cercando di accettarlo o almeno di trovare la formula per affrontare gli eventi del doppio universo col quale si misura. L’estasi dell’infanzia, con la sua apparente immortalità, poi la gioventù, che porta con sé il senso di appartenenza, le lotte e i tentativi di affermazione di un’identità i cui contorni si stagliano netti contro i benpensanti, gli scettici e contro quelli che l’autore definisce “uomini contratti nel paesaggio”, si frangono in un adesso che, pur nel ripensamento, si mostra ancora pieno e denso. E se, a un certo punto del cammino, ciò che può succedere è indefinito e spaventa, andare avanti stringendosi all’altro e trattenendo con sé i pezzi di una esistenza fatta spesso di false promesse e proiezioni speranzose del sé, vuol dire lasciar fare alla vita e può restituire il coraggio talvolta perduto.
Il dolore e la pena accomunano e ci rendono l’un l’altro somiglianti, ma ciò che salva il poeta è “un libro con tutte le parole del mondo”. E anche il lettore ha una possibilità di salvezza se, oltre il quotidiano, prova a confrontarsi con la verità dei libri, quel mondo oltre i confini di un mondo del quale non sempre è possibile accontentarsi. Non tutto, allora, è polvere di grafite: resta, pur sempre, la letteratura.



Poesie tratte da Tutto il resto è letteratura (Musicaos, 2024)

 

quando l’onda perfetta si frange in questo
precipizio del presente a sbugiardare provo
le ragioni mie con balbettii d’inverno e rime
sfinite che ansano tra vagoni vuoti
e strutture di acciaio con travi di alghe.
il formicolio della forma mi atterrisce come
nel sogno in cui fuggivo dal pericolo
ma non avevo più forza nelle gambe.
se non avessi avuto un libro con tutte
le parole del mondo non sarei sopravvissuto
perché anche i fiori somigliano a qualcosa.
la comunione di ogni dolore taciuto spettina
ciò che resta incompiuto nella casa disabitata
dove c’e un tavolo con un bicchiere capovolto
e sul muro un calendario a foglietti del ‘71
*

salgo quassù tutte le sere
da anni, non so quanti
sto bene se respiro quest’aria

nelle gravine delle mie notti
si accapigliano la realtà
dei metri e l’infinito dei sogni

qui è diverso, è meglio.
il fantasma del fiume
non corre sotto l’asfalto

delle assenze ora i benefici
esondano per mostrarci
ammanettati alla fatalità

gli scarponi inzuppati
di grasso nel terreno
affondano come staffe

del doppio mondo in cui vivo.
nel 1972 ero certo che
la scomposizione di quelle

forme ci avrebbe
tenuti insieme fino alla fine
ma sei tu che intralci

il senso del racconto
lo complichi, lo nascondi
a queste ore livide

all’amore nemico
sulla pagina e fuori, al nulla
che continuerà a vivere
*

DRENAGGI 1

1.
il cuore del vento palpita sulle tende. la sera comincia
ad un certo punto della strada. il cantante ricorda sua
madre che gli diceva ≪mi sarebbe garbato tanto farti
ragioniere≫

2.
la cornice di realtà non basta. il lancio dei dadi il
giorno dopo e già dimenticato. la partitura si bagna
per la frenesia di un temporale. ma noi siamo già tanti
qui sulla terra, abbiamo l’aria che ci pare

*

1.
tutto quello che lui o lei enumera
chiamando patria i pleonasmi
le gioie marcite

gli assestamenti chimici dell’umore

2.
quando accendono roghi sulle colline
i resuscitati sognano paesaggi d’aria
che tagliano l’estate

3.
sono le pene a dare somiglianze
che si spengono nel suono
e nel nulla di un nome
*

il pero però non cresce come gli altri alberi del
giardino
(l’avevo scritto in coda a un elenco di farmaci)

riecco orti e sentieri scabri in una pantomima
a piani sovrapposti

la non garanzia del tempo è polvere di grafite
tutto il resto è letteratura
*

I LUOGHI FANTASMA

1.
avviarsi a mani vuote
la giornata e lunga e stretta nella gola
dove nulla è definito e tutto splende meno

arrendersi nel dominio del gelo
senza chiedersi dove l’anima si è fermata
e quando

2.
hanno piantato queste bandiere

la dismisura si apre a ventaglio sul crinale

e un fulgore che abbaglia

3.
per te, lettore, che resti solo
con la verità del libro, il senso compiuto
ha sperato un’altra notte di quiete

ma il vecchio mondo e così vicino
che rimbomba su queste atroci colline

 


Vittorino Curci, poeta, musicista e artista visivo, vive a Noci (Bari) dove e nato nel 1952. È presente in numerose antologie di poesia contemporanea. Suoi testi sono stati tradotti in inglese, francese, tedesco, spagnolo, greco, rumeno e arabo. Nel 1999 ha vinto il Premio Montale per la sezione “Inediti”. Sue poesie sono apparse su Nuovi Argomenti. Dal 2019 al 2023 ha curato la Bottega della poesia per il quotidiano la Repubblica-Bari. In campo musicale ha collaborato con numerosi musicisti italiani e stranieri, e presente in circa 60 album e ha diretto l’Europa Jazz Festival di Noci (1989-2000).


In copertina: The house opposite, Leonora Carrington


 

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