Intervista a cura di Serena Votano
Ho incontrato per la prima volta Tamu attraverso i discorsi di bell hooks e Stuart Hall. La forza di quelle Improvvisazioni funk, e del pensiero femminista e anticoloniale che le attraversa, prendeva vita in una forma colloquiale capace, insieme, di respingere o accogliere il lettore, rendendolo parte di un dibattito. Quel dialogo, schietto e a tratti disilluso, metteva in discussione ogni appartenenza stabile — dall’identità politica alla famiglia — restituendo una riflessione ancora attuale sulla fatica del pensiero critico, sul rischio di isolamento del radicalismo e sulla necessità di tenere insieme desiderio, conflitto e ironia.
Il libro si presentava come la trascrizione di una conversazione tra i due: una scelta audace, che già allora raccontava molto dello spirito di Tamu Edizioni. Allo stesso modo, oggi, scegliere di rinnovarsi è un gesto altrettanto coraggioso. Un nuovo nome, una nuova veste grafica, ma lo stesso desiderio di interpretare lo spirito del presente, aprendosi a nuove prospettive e a necessari interrogativi.
Negli anni, Tamu Edizioni è diventata un punto di riferimento nazionale per studiosi e appassionati delle questioni legate al Mediterraneo, al Medio Oriente e agli altri Sud. Conosciuta non solo per la qualità del dibattito che promuove, ma anche per essere un luogo di incontro, la casa editrice nasce dalla libreria fondata nel 2018, nel centro storico di Napoli, da Fabiano Mari e Cecilia Arcidiacono: uno spazio pensato fin dall’inizio come presidio culturale e politico, dove il confronto è parte integrante della quotidianità.
Nel 2020 Fabiano Mari, Carmine Conelli e Valeria Gennari fondano la casa editrice come modo per moltiplicare i viaggi e gli incontri nati in libreria, dando vita a un progetto editoriale che mette in dialogo pensieri e prospettive dei Sud del mondo. Oggi, a un punto di svolta, Tamu annuncia un cambio di nome e di identità: da Tamu Edizioni a Tangerin.
Ne abbiamo parlato con Valeria Gennari per andare dietro le quinte di questa trasformazione: cosa cambia davvero, perché, e come i protagonisti stessi la interpretano.

S.V.: Chi era Tamu, chi sarà Tangerin? Cosa vi ha spinto a intraprendere questo cambiamento e quale significato ha per voi?
V.G.: Tamu Edizioni è nata cinque anni fa da un percorso di condivisione con la libreria Tamu, aperta due anni prima nel centro storico di Napoli. È un percorso condiviso sia per quanto riguarda l’area tematica delle pubblicazioni – con libri che offrono uno sguardo attento ai temi del femminismo, dell’antirazzismo, dell’ecologia politica e dell’eredità del colonialismo nella società globale contemporanea – sia per quanto riguarda l’area geografica di riferimento. La libreria e la casa editrice condividono infatti un posizionamento nel Sud Italia, un punto di vista importante che ci induce a volgere lo sguardo verso il Mediterraneo e verso il Sud globale.
La casa editrice è nata quasi come una sfida durante il periodo del Covid. Negli anni i percorsi della libreria e della casa editrice si sono sviluppati parallelamente per cinque anni; nell’ultimo anno, però, è maturata una crescita naturale all’interno della casa editrice. Abbiamo voluto marcare questa trasformazione anche attraverso un cambio di nome che riflettesse l’ampliamento dei nostri orizzonti. Il nome che abbiamo scelto per proseguire il progetto della casa editrice è Tangerin.
S.V.: Perché avete scelto il nome Tangerin e qual è il significato?
V.G.: Abbiamo scelto “Tangerin” perché, a livello simbolico, riflette le nostre tematiche. Il tangerin è il mandarancio, il frutto che, come tutti gli agrumi, è diventato rappresentativo del Mediterraneo. Quando pensiamo al Mediterraneo pensiamo agli agrumi, agli aranceti, ai limoni, alle zagare; eppure sono tutti agrumi che provengono originariamente dall’Asia, e sono arrivati qui nei secoli grazie alle rotte commerciali, ai naviganti arabi, portoghesi e genovesi, ma anche ai legami coloniali. In particolare, il mandarancio giunge nel Mediterraneo attraverso gli inglesi, per poi ripartire nel XIX secolo verso gli Stati Uniti dal porto di Tangeri, da cui prende il nome.
Ci affascinava questa dimensione storico-culturale, il viaggio del frutto attraverso attraverso scambi, rotte commerciali, il suo essere imbrigliato nella storia dei rapporti fra paesi (rapporti anche coloniali), ma anche la sua capacità di portare con sé contaminazioni e poi di travalicare tutti questi confini. Inoltre, è un frutto composto da tanti spicchi: un’immagine che rappresenta bene l’identità collettiva che vogliamo mantenere nella casa editrice. Immaginiamo infatti Tangerin come un progetto aperto, collettivo: abbiamo una redazione interna, ma coltiviamo numerose relazioni con altre case editrici, con i nostri lettori e con gli autori.
S.V.: Quali sono gli elementi che resteranno invariati e quali quelli che si vogliono trasformare?
V.G.: I temi centrali della casa editrice rimarranno invariati. Allargheremo però lo sguardo verso il Sudest Europa con la nascita di una nuova rivista dedicata all’area balcanica, che si chiamerà R/Est. Questa sarà una novità importante: finora ci siamo occupati, con la rivista Arabpop, del Nord Africa e del Medio Oriente, mentre adesso vogliamo focalizzarci su quest’area molto vicina a noi, di cui tuttavia sappiamo ben poco. Come accadeva con Arabpop, anche qui vogliamo decostruire l’immaginario stereotipato e l’orientalismo che spesso accompagnano la rappresentazione dei Balcani.
S.V.: Quale invito volete rivolgere a chi vi segue, a chi vi scoprirà con la veste Tangerin?
V.G.: Di fare questo viaggio insieme a noi, di darci fiducia. Siamo una casa editrice piccola che cura tantissimo il rapporto con le librerie indipendenti e con i lettori. Programmiamo e realizziamo un numero abbastanza alto di presentazioni dei libri perché ci interessa far “parlare” i libri che pubblichiamo, inserirli in un dibattito vivo, coerente con i temi che portiamo avanti. Per questo sottolineiamo sempre la dimensione collettiva del progetto: è grazie alla fiducia dei lettori se siamo cresciuti e se oggi arriviamo a Tangerin.
Chi segue le nostre pubblicazioni sa che il progetto ha un’identità ben definita, e negli anni abbiamo visto consolidarsi una rete preziosa di lettrici, lettori e gruppi di lettura. Siamo molto soddisfatti di questa partecipazione: nel tempo, molti lettori sono diventati veri e propri fautori di proposte editoriali, contribuendo alla crescita della nostra rete. Siamo certi che chi già ci conosce continuerà a seguirci, e speriamo di portare in questo viaggio – dall’Asia alle Americhe – anche chi ci scopre oggi.

S.V.: Quale sarà il primo libro o il primo autore che rappresenterà questo cambiamento?
V.G.: Tangerin attraverserà una fase di transizione: da ora fino ad aprile i libri usciranno con il doppio logo, mentre da aprile in poi comparirà soltanto il logo di Tangerin. Inaugureremo questa nuova fase con una riedizione italiana – in realtà con una nuova traduzione – de I giacobini neri di C.L.R. James.
S.V.: Un titolo – o più – del vostro catalogo che, secondo voi, andrebbe letto almeno una volta nella vita.
V.G.: Per la saggistica direi Il femminismo è per tutti di bell hooks, un manuale agile che esplora il femminismo nei suoi tanti aspetti quotidiani, mantenendo insieme praticità e profondità teorica. È un manualetto che lei scrive pensando proprio a sua zia, a sua sorella, da portare di porta in porta, per far conoscere il pensiero femminista anche a chi non possiede tutti gli strumenti per poterlo decifrare. Per la narrativa, invece, Arabeschi di Anton Shammas, un’epopea generazionale della sua famiglia palestinese, il primo libro scritto in ebraico da un palestinese. Quando l’ho letto mi ha ricordato molto Cent’anni di solitudine di García Márquez: oltre al racconto familiare con sullo sfondo la storia della Palestina, introduce elementi di realismo magico legati alla tradizione e alla superstizione. È un libro originale, in alcuni tratti persino ironico, nonostante la drammaticità della storia. Al momento della sua uscita è stato inserito tra i 100 romanzi dell’anno dal New York Times e per me è – dal punto di vista letterario – l’opera più importante che abbiamo pubblicato finora.
In copertina: artwork by Horacio Quiroz

