L’estate ha una sua languida lentezza, ed è un buon momento per leggere finalmente quel libro, magari lasciato da parte a causa delle frenesie della solita routine quotidiana.
Consapevoli del fatto che non esistono letture da ombrellone, noi della redazione, nel frattempo, vi lasciamo qualche consiglio: fatevi ispirare.
E fateci sapere.
I nostri consigli
Elena Cirioni
Ci sono libri che ti scavano dentro, che non ti lasciano dormire per come sono stati scritti e per le storie che raccontano. In questi ultimi mesi mi è capitato di leggerne due e anche se l’estate coincide con letture più leggere, ci tengo a consigliarli.
Il primo è Leggermente mossa di Carlo Lei, edito da Revolver.
Il metateatro è un espediente teatrale che spesso viene usato per raccontare attraverso la rappresentazione scenica un’altra verità. Leggermente mossa di Carlo Lei, insegnante e critico teatrale, usa questo stesso espediente per raccontare una storia. Un romanzo di centoquaranta pagine che in realtà è la prefazione dell’esordio letterario della pittrice, scenografa e scrittrice Carmela De Ciccoli. Il protagonista Carlo Lei compagno di Carmela scrive questa prefazione e coglie l’occasione di riflettere e mettere nero su bianco tutti gli aspetti della loro relazione. Lo fa in maniera teatrale attraverso delle fotografie presenti nel testo e realizzate dall’artista Annabella Cuomo. Dall’adolescenza fino all’età adulta la vita di Carlo e Carmela è caratterizzata dalla ricerca dell’arte, per lui spesso maschera per trovare un’identità, per lei necessità primaria. Carmela sabotatrice provetta di ogni passo verso la realizzazione artistica, smaschera, gli atteggiamenti, il talento forzato di Carlo. Un romanzo su una storia d’amore tormentata che diventa una riflessione sulla necessità di scrivere e di fare arte.
Il secondo romanzo capace di scavare dentro noi stessi è Lo sbilico di Alcide Pierantozzi edito da Einaudi. Una storia personale che travolge il lettore grazie alla forza di una scrittura poetica, ma chiara. Già dall’incipit “A quarant’anni dormo ancora con mia madre” l’autore getta il lettore nella sua condanna personale, la malattia mentale, senza risparmiare nulla. Ma non si tratta solo di autofiction la storia ha un’identità propria tipica della narrazione del romanzo, una sua poesia racchiusa già nel titolo, lo sbilico, una parola inventata che racconta bene uno stato d’animo fatto per una vita di equilibro precario, dove si combatte ogni giorno per non cadere nel baratro.
Non c’è estate senza un bel thriller, magari uno di quelli da cui staccarsi è difficile. Il Dio dei boschi di Liz Moore edito da NN e tradotto da Ada Arduini è perfetto per restare svegli fino a tarda notte nella calura estiva. Una famiglia molto ricca, un campo estivo e una scomparsa misteriosa. L’autrice ci accompagna nella storia e soprattutto nella psicologia dei personaggi con particolare attenzione verso le figure femminili, Barbara Van Laar adolescente problematica scomparsa dal campo, la giovane investigatrice Judyta Luptack, Tracy l’amica di Barbara. Dramma famigliare e thriller si mescolano, l’azione passa dal presente, il millenovecento settantacinque al passato, l’intreccio è perfetto, la scrittura chiara dà movimento alla tensione mai portata all’eccesso. Un viaggio attraverso una natura selvaggia e indomita pronta a svelare tutte le contraddizioni dell’animo umano.
Giulia Bocchio
D’estate mi riprometto sempre di ri-leggere un classico. Quindi, il primo libro che mi sento di consigliare in quest’ottica è Il castello di Kafka, che ho sempre trovato immenso per via di una caratteristica che si concede solo ad autori o autrici che hanno saputo trascenderla attraverso la scrittura: la sospensione esasperante. L’alienazione di K. ti entra nel cervello già a pagina 1 perché in fondo il castello è una grande e imprendibile metafora, è il non-arrivo, il non-finito, è simile allo scrolling sui social, è una fatica, è una salita, è la palla di piombo che ti rallenta il passo e infrange la fuga. Opera straordinaria, all’interno della quale la frustrazione umana si fa letteratura.
Un altro libro sorprendentemente meraviglioso e metaforico, riportato in libreria in una veste tutta nuova da Adelphi, con una traduzione di Cristiana Mennella, è L’ultimo dei chiurli, di Fred Bodsworth. Il protagonista è un chiurlo esquimese, uccello dichiarato estinto attorno alla metà del Novecento. Solo al mondo, ogni primavera intraprende un viaggio straordinario: dall’Antartide vola verso l’Artide, spinto dall’istinto della riproduzione e da un disperato bisogno di non arrendersi all’estinzione. Attraversa continenti, montagne, oceani e tempeste in un’odissea che ha del miracoloso: Patagonia, Canada, Honduras, Stati Uniti… ma è solo nell’ultima migrazione che accade l’imprevedibile, l’incontro con un altro esemplare della sua specie, una femmina. Insieme spiccano il volo verso l’estremo Nord, verso un fragile, remoto lembo di terra in cui sperare nella rinascita. Il viaggio è più d’un simbolo è una bellissima meditazione sulla sopravvivenza, sull’istinto, sulla natura.
Una totalizzante esperienza di lettura è poi senz’altro il fumetto, uno su tutti se si ha bisogno di disperata leggerezza: Venerdì 12 di Leo Ortolani nella sua versione Bao Publishing uscita nel 2020, che raccoglie la saga completa. La tormentata storia di Aldo e Bedelia è un assoluto cult, nonché un monumento agli amori sfigati, all’irrazionalità, un inno dedicato ai cuori infranti. La vicenda è tutta assurda eppure così affine a certe circostanze reali da creare dipendenza. Rende meno soli e più allegri leggere qualche pagina di Venerdì 12. Io non faccio testo perché ormai so a memoria diversi passaggi e l’ho sempre consigliato a chiunque, quindi non potevo non farlo anche qui su Poetarum.
Annachiara Mezzanini
Gli amori difficili di Italo Calvino, perché se c’è un libro che mi ricorda l’estate — quella lontana, dei miei sedici anni — è sicuramente questo.
Attraverso le sue varie avventure, di un lettore, di un viaggiatore, di una bagnante e così via, mi persi nei meandri della narrazione, avvicinandomi sempre di più alla pagina scritta, fino a confondermi con essa. Lessi Gli amori difficili per la prima volta molti anni fa, divorandolo quasi interamente a bordo di un treno, che mi portava verso Torino. Da quel momento, ritornai spesso tra quelle righe e dietro a quei personaggi, sentendomi a casa.
Se c’è una cosa che amo particolarmente, oltre alla lettura di per sé, è l’odore dei libri e quello di
questo volume, che posso ancora stringere tra le mani, indubbiamente mi riporta al mio viaggio in treno, alla città che visitai nei giorni a seguire, alla caletta dove Amedeo Oliva era solito leggere, al glicine in fiore osservato da Enrico Gnei. Dopo di esso ho letto molti altri libri, ma mai nessuno è stato in grado di farmi sentire vividamente sulla pelle la bava calda del vento estivo o lo spessore ruvido del lenzuolo sopra il letto, lasciato nudo senza trapunta durante i mesi di vacanza dalla scuola.
Donna in guerra di Dacia Maraini (Bur La Scala).
C’è stato un tempo, simile a questo, in cui mi trovavo in balia di una scelta, a cavallo fra due
opportunità. Durante quei giorni, ricorreva un’estate particolarmente calda e solitaria, mi ritrovavo spesso chiusa in camera a leggere e, tra un romanzo e l’altro, ritrovai nella biblioteca di casa Donna in guerra. Attratta subito dall’edizione datata, una collana estiva del 1998, dalle 15.000 lire impresse sulla quarta di copertina e dal quadro della de Lempicka appena sotto il titolo, afferrai il volume e lo lessi in due giorni. Il tempo di Vanna, la protagonista, è scandito attraverso i suoi pensieri, lasciati a macerare su di un diario intimo, trascritto nel presente e nel ricordo di un’estate trascorsa in villeggiatura con il marito. Tra i giorni passati lenti sull’isola di Addis, la voce di Vanna muta e si fa dura; le sue scelte si concretizzano e prendono vigore, detonando reazioni interne ed esterne alla donna. E fu proprio questa voce, sincera e asciutta nel narrare le sue esperienze inaspettate, che mi fece capire quale decisione prendere per me stessa, oltre le pagine del libro.
La Cecilia di Michela Panichi (nottetempo).
Alcune delle letture che mi rimangono maggiormente impresse si sono esaurite nell’arco di un’estate, calate in giornate apparentemente banali, ma essenzialmente formative. La Cecilia è stata sicuramente una di queste, in quanto è stata capace di trasportarmi anima e corpo lontana nel tempo e nello spazio, dentro a una dimensione di fanciullezza spezzata, che temevo di aver dimenticato. Un’isola (in questo caso Ischia), il mare, il sudore appiccicoso, le prime bugie, la smania di voler essere accettata dai propri coetanei, la consapevolezza, a tratti dolorosa, di essere diversi. Ci sono cose che possono essere vissute solo ad una certa età, ci sono sensibilità che si formano solo in certi contesti. Questo libro mi ha fatto ricordare tutto e, inoltre, mi ha permesso di tornare sullo scoglio nascosto su cui mi sono spesse volte rifugiata, sulle coste della mia isola interiore.
Annachiara Atzei
Il libro degli abbracci, di Eduardo Galeano (Sur, 2024)
È un mondo, quello di Eduardo Galeano, che sfugge alle definizioni. Allo stesso modo, Il libro degli abbracci, pubblicato per Sur nel 2024, non può essere incasellato: dentro c’è magia e sogno, invettive e riflessioni, episodi di un vissuto personale e temi universali come la religione, la politica o l’amore. E poi ancora c’è la storia del Novecento, il Sudamerica e autori indimenticabili come Borges, Neruda e Cortázar. Chiamarli racconti non spiegherebbe cosa si trova al suo interno: 191 testi concisi – accompagnati dalle illustrazioni dello stesso autore – che celebrano la vita e il suo contrario, il reale e ciò che di esso appare ai nostri occhi. Inizia così, con una enunciazione: “RICORDARE: Dal latino re-cordis, tornare a passare dalle parti del cuore”. Ed è proprio in quelle zone che si muove la scrittura di Galeano, mai indifferente né superficiale, ma capace di condensare nel breve frammenti del passato e del presente lucidi e teneri, taglienti e intrisi di fragilità. Così facendo, l’autore ci abbraccia con le sue parole, ci risarcisce di qualcosa che ci era parsa perduta portandoci nei luoghi delle sue visioni. Come quando descrive la notte: “Mi sciolgo dall’abbraccio, esco in strada. Nel cielo già albeggia e si staglia, sottile, la luna. La luna ha due notti di età. Io, una soltanto”. Anche questo è uno dei suoi modi di entrare nella casa delle parole, di amare, di tenerci con sé.
Voci di donne dal Nord, di Eva Ström, Ann Jäderlund, Linnea Axelsson (Crocetti, 2025)
In Voci di donne dal Nord, appena pubblicato per Crocetti, sono raccolti i versi delle autrici più originali della poesia nordica contemporanea, accomunate da un linguaggio innovativo e da temi che, partendo da esperienze interiori, spaziano verso la bellezza del paesaggio, il femminile, l’identità di un paese e la sua storia. Eva Ström rivolge il suo sguardo al mondo naturale – e agli alberi in particolare – con i quali ha un rapporto privilegiato fin da quando era bambina, e li nomina uno ad uno, quasi a invocarne lo spirito: betulle, faggi e baobab dominano la sua poesia con funzione salvifica e consolatoria. Ann Jäderlund si muove tra visione e sogno per raccontare di una affettività perduta e della nostalgia per ciò che non può essere o si trasforma, cambia o si dissolve, così come accade per le persone, le cose e le relazioni. Linnea Axelsson descrive, in un poema candido ed emozionante, la storia dei Sami, le famiglie lapponi che vivono in simbiosi con le renne e che si dedicano alla pastorizia, alla caccia e alla pesca seguendo il lento corso delle stagioni che sfumano dolcemente l’una nell’altra. Un libro delicato e intenso sul senso di origine e di appartenenza, per fare esperienza di una scrittura che mette al centro esseri umani, animali e luoghi come unica e indissolubile entità.
I diari del lupo, di Andrea Cassini (Nottetempo, 2025)
I diari del lupo è un reportage che nasce dall’esperienza personale dell’autore, Andrea Cassini, il quale, insieme al fedele cane Bora, ha esplorato il bosco che si trova dietro la sua casa sugli Appennini pistoiesi e, pian piano, è riuscito a coglierne i mutamenti e i segreti. In particolare, ha seguito le tracce del lupo, che da qualche tempo è tornato ad abitare quei luoghi, e che resta tra le specie più perseguitate dall’uomo perché demonizzato quasi come una figura maligna. L’essere umano si ostina a colonizzare, a fare il supervisore e a mantenere il controllo su ciò che palesemente al suo controllo sfugge: ha paura del selvatico come ha paura del diverso: nient’altro che una grave forma di xenofobia, sulla quale il lettore è chiamato a riflettere. Un diario ecologico e filosofico, che sensibilizza sui temi dell’ambiente ma soprattutto su quello della accettazione e il rispetto delle diverse forme di vita. Come a dire che non è troppo tardi per fare un esercizio di prospettiva e per correggere il modello di sviluppo che ci ha portato sull’orlo del baratro. Perché uomo e animale sono creature viventi che devono convivere, soprattutto nei luoghi ibridi, di contaminazione e contatto, cercando di coesistere in libertà.
Giorgio Castriota Skanderbegh
Per una storia di famiglia che come le famiglie è un prisma letto e scritto dai suoi componenti. La Storia che incontra le storie, una sorella che cerca suo fratello, una figura enigmatica, l’umanità concentrata ed esplosa. Per l’abilità dell’autrice in uno stile prezioso e raro.
Povere creature, Alasdair Gray, Safarà
Per leggere di una donna libera e socialista che fa impazzire gli uomini che credevano di essere i suoi déi creatori.
L’incubo di Hill House, Shirley Jackson, Adelphi
Per un brivido amministrato con maestria, per la vera indagine sul confine tra sovrannaturale e psicologico. La casa apparentemente infestata, l’esperimento, i “tipi” coinvolti: ingredienti che, se negli ultimi anni sono stati portati alla nausea, qui appaiono nel loro stato più genuino, maneggiati da una maestra della suspense.
Annalisa Grulli
Appuntamento a Positano, Goliarda Sapienza
L’atto finale di un’amicizia. Goliarda e Erica, le protagoniste che tra i vicoli di Positano scoprono la bellezza di un rapporto tumultuoso e sincero, rappresentano il saluto con il quale Sapienza si congeda dalla protagonista del suo romanzo più famoso: Modesta. Erica, Modi, Goliarda, il mare, il paese, sono gli elementi che l’autrice mescola con la sua prosa più matura per essere, ancora una volta, l’unica interprete della sua esistenza.
Asce di guerra, Ravagli Wu Ming
Con questa “costola del lavoro per 54” Wu Ming intreccia le vicende di Vitagliano Ravagli, che negli anni Cinquanta in Indocina combatteva gli indigeni Meo, con gli anni 2000 del revisionismo storico. Attraverso la cruda testimonianza di Ravagli e le interviste ad alcuni ex partigiani del bolognese, il collettivo compone un “oggetto narrativo” avvincente ed emozionante, mettendo a fuoco uno dei tratti che più li distingue nel panorama letterario da anni: la capacità di trovare e interrogare le fonti.
Cartagloria, Rosa Matteucci, Adelphi
La scrittrice che ha narrato il fardello di un’intera esistenza, con intelligenza e ironia senza passare attraverso sé stessa.
Mauro Massari
La costa selvaggia, Jean‑René Huguenin (Ed. Medhelan, 2025)
In cinquanta letture precise e taglienti, Huguenin getta un fascio di luce sui desideri incestuosi e sui bordi taglienti di un’estate in Bretagna. La prosa è come un’onda: lucida, sospesa, pronta a ritirarsi ma lasciando impronte di malinconia profonda. È un libro triste e chirurgico, che parla di radici spezzate, di legami proibiti e del senso prossimo del termine – estivo, estivo davvero – del tempo che abbiamo.
Tra un mese, tra un anno, Françoise Sagan
In questo ritratto freddamente distaccato dei rapporti parigini, Sagan ci mette di fronte alla vacuità delle emozioni consumate troppo in fretta. I personaggi si lanciano tra ambizioni, tradimenti e amori che evaporano, e restiamo noi, lettori, con un gusto amaro in bocca, tra dolori sordi, cardiaci e un sapore cattivo di cenere.
“L’amore infiacchisce”, pensava Sagan, e questa frase ci taglia dentro.
La modificazione, Michel Butor
Un uomo prende un treno per Roma per lasciare la moglie. Ma durante il viaggio cambia idea e torna indietro. Tutto qui. Il finale lo si conosce già prima di iniziare il libro. Perché leggere questo flusso di coscienza stracolmo di dettagli e tentennamenti interiori? Perché scritto tutto in seconda persona singolare, come se fosse il lettore stesso a compiere il viaggio, a tradire, a esitare. Butor smonta il meccanismo delle decisioni, lo sminuisce, lo deride. Lo banalizza. Nessuna scena madre, solo pensiero che si contorce e si arrotola. Un capolavoro claustrofobico in movimento.
La copertina è un’opera di Annachiara Mezzanini

