, ,

Esistiamo anche quando nessuno ci osserva? – Sull’ultimo romanzo di Rossella Milone

Di Annachiara Mezzanini


Ci sono domande che è difficile porsi anche da soli, nel silenzio ovattato dei nostri pensieri. Mentre camminiamo distratti, leggiamo un post sul telefono seduti su di una panchina, pranziamo veloci tra un impegno e l’altro, tutto scorre indisturbato e quasi nessun dettaglio rimane incastrato nel nostro sguardo, che scruta, per abitudine, lo spazio che ci circonda. Ma è in momenti come questi, nella banalità dei gesti ripetuti senza un peso, che talvolta ci sale alle labbra quella domanda, quel pensiero che ci tocca tutti, ma che non sempre rivela in noi il giusto grado di attenzione: esistiamo anche quando nessuno ci osserva? Siamo noi, veramente noi, anche nella nostra solitudine e autoconoscenza? Senza il commento di qualcuno che ci studia dalla sua prospettiva, ( r )esistiamo?

Isabel, giovane donna del napoletano, forse si è posta spesso questi interrogativi, o forse non l’ha fatto mai, ma quello che noi sappiamo di lei è passato inevitabilmente attraverso l’occhio di chi l’ha vissuta da vicino. Il primo amore, la sua babysitter, suo padre, Sandra, Matilde… qualcosa di Isabel è rimasto impigliato in loro, come un frammento di plastica sottilissima, che non avvertiamo sotto ai denti durante la masticazione, ma che ci rimane dentro come fardello pesante, tra i villi delle nostre pance piene. 

 

 

Lei è bella, magra, spietata, a tratti egoista, figlia amatissima, amica e amante complicata. Le sue peculiarità, un pendolo che oscilla tra i sussurri delle vite lontane di chi ha avuto modo di conoscerla, sono elencate attraverso una serie di racconti, i quali – a loro volta – compongono un insieme più ampio, un romanzo. Tutti, Isabel compresa, sono sgorgati dalla penna di Rossella Milone, scrittrice originaria di Pompei, che ha racchiuso all’interno del suo ultimo libro la perfetta descrizione di un individuo mediante l’utilizzo della percezione e conoscenza altrui. Il primo desiderio, pubblicato per Neri Pozza, parla quindi di Isabel, sfiorandola. 

Coloro che si sono succeduti all’interno della sua vita, tra il suo passato stipato in mezzo ai vicoli accesi di Cremano e il futuro nascosto tra i riflessi violacei del lago di fronte all’ultima casa, compongono le voci di questa multiforme narrazione. Ogni capitolo, singolo racconto, è connesso al precedente e al successivo attraverso legami di sangue e di terra, ma conserva in sé un’intima e sola prospettiva, che emerge tra le vicende scelte e descritte e si amalgama alla storia della protagonista. Una volta cresciuta, divenuta donna matura sul ciglio della vecchiaia, la stessa Isabel si accorgerà di queste assonanze e troverà conforto nel pensiero che “le persone, anche se sconosciute tra loro, possano diventare dei crocevia tra una vita e l’altra, celebrazioni di piccoli miracoli quotidiani”. 

La pluralità di questi sguardi, che si scrutano da soli e, al tempo stesso, guardano in direzione di Isabel, conferisce alla narrazione un ritmo accattivante, una visuale nitida e mai banale, e un insieme di giorni vissuti che abbaglia, commuove e fa immedesimare il lettore. 

Le vite di questi attori, sparsi più o meno lontani geograficamente ed emotivamente all’interno della scena fittizia del romanzo, si colorano sia delle più tenui sfumature domestiche e quotidiane sia dei più cupi e freddi toni dell’imprevisto, della malattia, del turbamento. La percezione che si ha, addentrandosi nelle ambientazioni e nei personaggi che le abitano, è quella di osservare concretamente un colore diverso dall’altro, in base a chi, in quel determinato momento, ci sta parlando. Il tepore della sabbia keniota e l’umidità trasudata dalla pelle in quei luoghi remoti, appaiono come visione aranciata e rovente tra le parole soppesate da Milone. Contrariamente, l’assillo del gelo mattutino e l’aridità ghiacciata dei paesaggi montani del nord Italia, conferiscono alla storia un’ombra di nero, gradazione di scuri che dal blu della notte, appena punteggiata qua e là dai fuochi in festa, conduce all’azzurro incerto delle prime luci dell’alba invernale.

L’aria tiepida della casa di Sandra, animata dal vibrare sporadico delle sua amate piante, si tinge di un insieme maculato di verde salvia e marrone; la veranda abusiva, tana per i primi timidi incontri tra Isabel e Cori e condanna per la piccola Nora, si delinea come chiazza gialla e opprimente tra gli occhi di chi ne legge i contorni. 

Dunque, ogni momento narrato, scelto con cura tra la varietà di attimi dell’esistenza di ogni personaggio, è fermo e tondo sulla pagina, non presenta sbavature e delinea una precisa volontà da parte dell’autrice di parlare di plurimi attimi decisivi per le vicende raccolte, con il medesimo interesse e sguardo curioso. 

Il desiderio descritto fin dalle prime pagine, fin dal titolo, altro non è che uno spasmo involontario degli animi, spinti a bramare una condizione migliore, un alito di fresco. Ma questa spinta cela in sé stessa una dose di dolore, necessario e, a volte, totalizzante. Tutte le donne e tutti gli uomini di Milone hanno voluto qualcosa e, di conseguenza, hanno sofferto, in quanto nel concetto stesso di desiderare vi è insita la mancanza e la sua conseguente azione di struggente ricerca. La fine del dolore, l’inizio di un amore, l’unione di due corpi, una casa tutta per sé, un dialogo. Tutto può essere desiderio, tutto implica un tormento e chiede salvezza.

 


In copertina: Angelo Morbelli, S’avanza 


 

Se ti piacciono i nostri contenuti, sostieni Poetarum Silva con una libera donazione

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.