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Corpo, colpa, desiderio: il lungo cammino dell’autoerotismo femminile

Di Elena Cirioni 

 

Uno dei film più interessanti uscito in Italia negli ultimi anni è Vermiglio della regista Maura Delpero. Ambientato nel 1944 in un remoto paese del trentino, la pellicola racconta la storia di una famiglia attraverso uno sguardo intimo e profondo, con particolare attenzione ai ritratti femminili. Tra le protagoniste spicca Ada Graziosi, interpretata da Rachele Potrich. Ada è la sorella di mezzo: non bella e appariscente come la maggiore, né brillante a scuola come la più piccola. In questo equilibrio precario Ada trova consolazione nella religione e spesso si rifugia dietro l’armadio dove si masturba di nascosto. Il gesto le fa venire numerosi sensi di colpa e innesca una serie di punizioni corporali sempre seguite da inutili (e puntualmente infrante) promesse rivolte a Dio di non farlo mai più.

Questa rappresentazione della masturbazione femminile come atto liberatorio necessario, ma che suscita sensi di colpa legati al peccato, racconta molto bene come l’autoerotismo sia stata considerata una pratica moralmente bassa e in alcuni casi tacciata d’essere nociva per la salute.

Quante come Ada si sono sentite in colpa verso un infranto divieto di non toccarsi lì per paura di una punizione divina o di una malattia? Preconcetti che sembrano essere leggende medievali, ma ancora oggi presenti.

 

 

La pedagogista, formatrice e counsellor Alessia Dulbecco con il saggio Il piacere sovversivo. Breve storia della masturbazione, edito da Tlon, traccia una storia dell’autoerotismo maschile e femminile andando a indagare le ragioni sociali e culturali che lo hanno condannato. 

Verrebbe da dire che è tutta colpa della religione, basti pensare al precetto del sesto comandamento non commettere atti impuri ma l’analisi di Alessia Dulbecco si spinge oltre e ci porta nel secolo dei Lumi, il Settecento, dove sarebbe logico pensare a un superamento delle superstizioni religiose. Tutt’altro: in questi anni i pregiudizi e le dicerie sulla masturbazione si amplificano e si fortificano. Per il medico svizzero Samuel-Auguste Tissot, masturbarsi è pericolosissimo, soprattutto per gli uomini. A prova dei suoi studi, nel 1760 pubblica, L’Onanisme un trattato medico dove traccia gli effetti negativi fisici e mentali della masturbazione citando casi di studio su giovani masturbatori così debilitati da esserne addirittura morti. In questo scenario le donne non vengono certo risparmiate, anche per loro è dannoso masturbarsi, soprattutto per la loro mente più debole e dedita al vizio. 

L’Onanisme con le sue teorie influenzerà anche menti illuminate come Kant e Voltaire. Ma cos’è che spaventava così tanto questi illustri scienziati e intellettuali? L’analisi di Alessia Dulbecco sottolinea come l’autoerotismo sia una pratica antiborghese e anticapitalista per eccellenza. Le ore perse in solitudine alla ricerca di un piacere effimero, non producono, sono una perdita di tempo assolutamente non necessaria per il sistema capitalista.

Nel corso del Novecento le cose iniziano a cambiare, la nascita della sessuologia di pari passo con il progresso della medicina iniziano a sfatare i falsi miti negativi legati alla masturbazione. L’avvento del femminismo mette in primo piano la sessualità femminile aprendo l’autoerotismo al discorso pubblico. Il piacere della donna viene prima di tutto, ma c’è bisogno di una nuova rieducazione. In questa visione l’attivista Betty Dodson iniziò a organizzare dei corsi per insegnare alle donne a masturbarsi, la ricerca del piacere diventa in quest’ottica un’esplorazione corporea e mentale atta a riconsiderare il ruolo delle donne.
È grazie a queste pioniere del piacere femminile che in anni ancora fortemente influenzati da preconcetti datati e bigotti, una ragazza dei nostri tempi non sente nessun imbarazzo a dire di masturbarsi o a comprare vibratori

Il saggio di Alessia Dulbecco è un viaggio storico e culturale, ricco anche di immagini e di una ricca bibliografia che aiuta a orientarsi in un momento storico di riscoperta del piacere ancora tutto da esplorare. Nonostante sex toys di ogni tipo studiati per il piacere femminile e maschile, l’ombra di un possibile ritorno di vecchie superstizioni è sempre presente, per scongiurarla è bene tenere a mente le parole dello psicologo  Wilhelm Stekel: “Ho sempre rivelato che le persone si ammalano, quando per i motivi più svariati fanno violenza alla propria natura più intima e ai propri bisogni.”


In copertina: Artwork by Carol Rama

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