Di Serena Votano
Ho letto un libro che mi ha fatta sentire capita. Non è raro, nel senso che mi capita spesso di leggere un romanzo in cui ritrovo qualcosa di me che fino a quel momento non era così chiaro, così come può capitare di leggerne altri in cui non trovo tracce personali. In Brucia l’origine (Mondadori) di Daniele Mencarelli mi sono ritrovata nel fatto che Gabriele, il protagonista, sente di vivere in due mondi diversi. C’è il Gabriele che si è trasferito a Milano per inseguire il suo sogno di designer. Un uomo che ha imparato a cambiar pelle, ad adattarsi alle temperature rigide di una città apparentemente instancabile, che ti sfida, quotidianamente. E poi c’è il Gabriele de Roma, cresciuto nel quartiere Appio Tuscolano, tra i palazzoni e il Parco degli Acquedotti, dove la vita è spontanea, lenta, immutabile. Da otto anni Gabriele non ritorna a casa; lo fa eccezionalmente per un giorno in occasione di un anniversario importante della famiglia – la madre Tania, il padre Mauro “er pesce” e la sorella Giorgia. Fino a quel momento Gabriele ha tenuto segreto quella porzione di vita a Camilla, la donna con cui convive, figlia dell’archi-star Franco Zardi che ha reso famosa a livello internazionale la sua “poltrona Bilancia”. Lei avrebbe voluto tanto scendere a Roma per conoscere la famiglia di lui ma Gabriele si è opposto, dicendo anche menzogne, perché per lui i due mondi non possono incontrarsi.

Il quinto romanzo di Daniele Mencarelli (dopo il successo di Tutto chiede salvezza, romanzo vincitore del premio Strega Giovani 2020 da cui è tratta l’omonima serie Netflix) è la collisione di due mondi opposti tra cui Gabriele non ha intenzione di scegliere. In questo senso mi sono sentita capita: vivo lontano dalla mia famiglia da dieci anni e, ogni volta, tornare da loro vuol dire ritrovare i vestiti che indossavo a diciott’anni, i libri che leggevo, incontrare le stesse persone in quei posti rimasti sempre uguali (o peggiorati). Tutto questo scatena in me nostalgia, senso di inadeguatezza, lo stesso desiderio di scappare che mi ha portata via anni fa.
L’infanzia sembra, quando un adulto si volge all’indietro a rimirarla, un tempo infinito, lungo secoli, e invece sono pochi anni. In tutto dodici, al massimo tredici. Poi esplode la pubertà, l’adolescenza, i sensi fioriscono e si diventa altro.
Gabriele ha intenzione di restare a Roma solo per un giorno, ma un imprevisto scombina i piani:
Cristiano, uno dei suoi amici d’infanzia, lo invita al quarantesimo compleanno che si terrà di lì a qualche giorno.
Fino alla fine del romanzo Gabriele non fa che riflettere sulla dualità dell’esistenza. Sente di essersi emancipato trasferendosi a Milano ma di non essersi realmente integrato. Lui è certo del fatto che se fosse rimasto a Roma avrebbe condotto una vita più felice ma non avrebbe mai realizzato il suo sogno. Allo stesso tempo i suoi amici lo trattano come un traditore, un infedele che si è lasciato tutti alle spalle per i soldi. Grazie al successo raggiunto a Milano, Gabriele può permettersi uno stile di vita diverso dai suoi familiari e dai suoi amici, per i quali arrivare a fine mese è un’eterna sfida, ma al tempo stesso continua a sentirsi un intruso tra le persone dell’élite milanese. Al di là dei cliché nord vs sud, se dovessimo fare una fotografia di Gabriele potremmo dire che non è felice per niente.
Io v’ho solo raccontato la mia esperienza personale. Niente di più e niente di meno. C’è chi parte dal presupposto che se ha fallito lui devono falli’ tutti e che se uno ha successo è soltanto perché è disposto a gioca’ sporco. Io v’ho semplicemente detto che non è oro tutto quello che luccica. Voi non ve ne rendete conto, ma avete tante cose che per altri so’ miraggi, come la vostra amicizia, un quartiere che è casa vostra. Nun potete immagina’ la solitudine che se vive dentro certe vite, per
carità, di grande successo, ma fredde come er ghiaccio, come ‘n tavolo operatorio.
Tornare a Roma per Gabriele significa riaprire la porta di un mondo che si è fermato nel passato, dove le giornate scorrono sempre identiche: la mamma che gli prepara il caffè al mattino, la partita a calcetto o alla play, gli spritz dal sor Antonio mentre si scherza e si litiga con Lello, Francesco, Cristiano e Vanessa, invecchiati, eppure sempre gli stessi, vittime di frustrazioni, rinunce e psicofarmaci. La ritualità della vita romana gli fa capire che è andato avanti, eppure si sente come sospeso. Combattuto tra la nostalgia di un passato che non esiste più e i tanti “grazie” che non smetterà mai di dire: alla sua famiglia che gli ha permesso di realizzare il suo sogno, al quartiere che gli ha regalato un’infanzia spensierata, a Milano che lo ha reso libero. Ma libero da cosa? Ne è valsa la pena? La verità è che nessuno dei personaggi può definirsi totalmente soddisfatto di se stesso: la morte, il destino, la mancanza, il tempo… sono cose con cui fanno i conti tutti i giorni. Il dualismo del romanzo non è solo esistenziale, ma riassume la nostra epoca smarrita, disintegrata, in una serie di stereotipi – sogni/realtà, nord/sud, destra/sinistra, progresso/rabbia – insolubili.
Ciò che brucia è appunto l’origine, l’infanzia, come un dente che duole e non vuole cadere. O forse
non vogliamo levarlo. Tante volte ci diciamo “Da adesso in poi sarò migliore” e allo stesso modo
Gabriele si dice che cercherà di trovare un equilibrio tra i due mondi, ma è un pensiero duro da attuare, da mettere in pratica. Serve forse tutta una vita per farlo. Dopotutto, sapere che esiste una casa in cui nulla può cambiare è una dolorosa, comoda certezza.
E forse va bene così.
Daniele Mencarelli, poeta e narratore, nasce a Roma nel 1974. La sua più recente opera poetica è Degli amanti, non degli eroi (Mondadori, 2024). Del 2018 è il suo romanzo d’esordio, La casa degli sguardi, Mondadori (premio Volponi, premio Severino Cesari opera prima, premio John Fante opera prima). Nel 2020 esce Tutto chiede salvezza, Mondadori (finalista al premio Strega, vincitore del premio Strega Giovani, del premio Segafredo Zanetti-un libro un film, e del premio Anima per il sociale). Da questo romanzo è stata tratta per Netflix la serie omonima, con regia di Francesco Bruni. Sempre tornare(Mondadori, 2021, premio Flaiano) chiude la sua ideale trilogia autobiografica. Nel 2023, sempre per Mondadori, è uscito Fame d’aria (premio Clara Sereni). Collabora, scrivendo di cultura e società, con quotidiani e riviste.
In copertina: Stripes by Kenny Harris

