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La statua inesistenza: l’immaginato e il possibile secondo Serena Mansueto

Di Annachiara Atzei

 

Qualcosa accade dentro di noi e qualcosa accade al di fuori. Qualcosa accade in sogno. Ne La statua inesistenza (L’arcolaio), Serena Mansueto, muovendosi su linee narrative parallele, racconta la storia di un mutamento fisico, psicologico ed emotivo in cui entra in gioco la vita e il desiderio di essa, la perdita e la consapevolezza di dovervi fare drammaticamente i conti ormai senza una parte di sé. All’interno, un seme piccolissimo crea il suo nido nel nucleo della luce, mentre fuori trascorrono i pomeriggi, il vento si dispone con ordine sul prato e i marciapiedi sono animati dalle voci di chi passa. Il resto è l’immaginato o il possibile o, addirittura, il temuto: “credere è lanciare un sospetto, molte storie/che conosci/sono state tramandate”, scrive l’autrice. Ma al presagio si sostituisce una reale paura: un corpo si sottrae a un altro, un palpito si interrompe. Molto di quanto emerge in questi testi appartiene al non detto che ciascuno – prima di tutto la poeta, che riesce a tracciarne con grazia un contorno attraverso la parola – si porta dietro, ed è lungo questo delicato confine, fatto di vene e di placenta, di ambulatori e di fotogrammi, di terra, fichi d’india e ulivi, che chi scrive e chi legge trovano vicinanza.
È, in fondo, questa, una riflessione su ciò che ci attraversa senza lasciarci indenni, ma è anche un tentativo di dire all’esterno – usando i versi come soluzione restitutoria – quale sia la ragione che ci spinge a un futuro legittimo. Così, il mondo ci trasforma e noi, al contempo, trasformiamo il mondo. Talvolta, con sofferenza incalcolata e, apparentemente, irrimediabile se l’imprevisto è una bocca aperta.


 

Cinque poesie da La statua inesistenza (L’arcolaio, 2024)

Interiore n. 1

Piccolo, piccolissimo, il seme
ancorato come una goletta nella rada
crea il suo nido nel nucleo di luce.

Un messaggero scodinzola da vicino
sullo strato del vetrino, è la storia dei secoli
dei secondi fitti a ingrandire il mondo.

Uno solo insieme agli altri, un esercito
di foglie con i rami sguainati

e un frullo d’ali nella confusione di fedeli
abbacinati dalla goccia-uovo: come loro
segna una devozione

un respiro al futuro.

Esteriore n. 1

Abbiamo guardato i vostri volti, i sogni
dento ai chicchi di giugno. È stato
semplice sgranare ogni volontà andare
dentro la noce galleggiare nelle pozze

sotto la pelle. Hanno opposto resistenza
il fico d’india sul ciglione, la crepa issata
sul pane. La stagione stava per accadere

tutta dentro il tronco.

 

Sogno n. 1

È un maschio. La luce notturna posata
sui cuscini, tra le costole una camera di sudore

presagire sotto le coperte.

Ti scuoto innalzo un’onda fondo un piccolo

tormento di parole avulse dal sogno.
Ma ti giri dall’altro lato del sonno.
– – Solo storie misurabili, etichette al margine,
l’origine certa del materiale.

Credere è lanciare un sospetto, molte storie
che conosci

sono state tramandate.

Interiore-esteriore

Fase lunare accartocciata feroce
voce di trentadue giorni in tutto
Si contano con aghi di pino
tra le dita:

sentire un intero giorno forare
lento contro la faccia del vento.

Futuro superiore

Nuovo frammento
il tuo strillo
riga di cambiamento la fronte
al tuo fiume di sguardi
né la bocca o il mio sesso ti sfiori
né le mani ti proteggano dalla corte del vento.

Avvampa l’acquaio gravoso
esulta il volo il cordone

acceso dei lampi

e anche le Ilizie saranno sazie del
candore avvilito dei miei seni e – io –
nel tuo parto

tuonerò calma.


 

Serena Mansueto, pugliese, ha esordito nel 2020 con Travestimenti (Eretica Edizioni). È stata inclusa nella nuovissima antologia della poesia pugliese I cieli della Preistoria a cura di Antonio Bux. Una prima stesura de La statua inesistenza ha vinto il 3° premio come silloge inedita nella XXIX edizione del Premio Renato Giorgi.


In copertina: I Extend My Arms by Claude Cahun (1931 or 1932)

 

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