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Frammenti di un’estate futura – Hanno lasciato il bambino da solo

Di Francesco Marangi

 

Frammento dopo frammento…


#Frammento8

In cerca di qualcosa in cui credere per tutta la vita, e perché no, magari oltre la vita, a gattoni lungo il perimetro blu delle galassie morte, dopo innumerevoli fallimenti, mi sono imbattuta nelle parole scritte, nelle leggende tramandate di padre in figlio. Ora provo a mettere in fila vocali e consonanti, lettera per lettera, uccido il padre soppianto il figlio, in cerca di una verità che nessuno vorrebbe conoscere. Intanto mi sudano le ascelle, mastico brandelli di antiche foto di famiglia, biscotti Gran Cereale al cacao, fiori di campo, margherite per lo più. Mi diverto con gli accordi e le dissonanze, il si bemolle. Spesso non credo a quello che suono, ho una bassa autostima. Chiedo sempre scusa, anche se non è mia la colpa, non dico mai di no, mi faccio convincere facilmente. Eppure accade, è raro, di riuscire a trovare, magari anche solo all’interno di una frase semplice, soggetto verbo complemento, delle tracce di un tempo futuro, un tempo che ancora nessuno ha vissuto, e che io posso ammirare, per pochi secondi, lungo i bordi taglienti delle Z delle K delle V, fra le costole delle G; un tempo che io posso respirare fra le labbra delle S.


Frammento9

L. mi è venuto a trovare a lavoro, io ero seduto sul trespolo, saranno state le due, c’era un sacco di casino, il mare si alzava; c’era una famiglia di arabi, non so se è corretto dire arabi, non so se è corretto specificare l’etnia di una famiglia, non so se dire arabi mi renda un bastardo razzista, eppure è la prima cosa che ho pensato guardandoli, quando sono arrivati in riva al mare, le donne col velo e gli uomini che si tuffavano, la lingua con cui si scambiavano battute mi è sembrata non so perché minacciosa, ero nervoso, avevano portato un bambino in acqua, non sapeva nuotare, era in una ciambella gonfiabile; madre e padre si sono allontanati, hanno lasciato il bambino da solo. Guardavo il bambino che faceva su e giù fra le onde, dentro la ciambella, probabilmente piangeva, mi sono alzato in piedi, ho guardato col binocolo, come immaginavo il bambino piangeva. Quando L. è arrivato io ero in piedi sul trespolo, stavo valutando se buttarmi o meno, se fischiare o meno; di solito è complicato, soprattutto quando ci sono di mezzo i figli, fargli notare che non era il caso di lasciare il bambino da solo, in mezzo al mare, con l’onda che da un momento all’altro poteva portarsi via lui e la ciambella gonfiabile. Alla fine non ho fischiato, non ho fatto nulla, il bambino certo ha rischiato, è difficile fare il bagnino, spesso ti tocca litigare, soprattutto quando usi il fischietto, la gente se la prende quando usi il fischietto, in particolare i padri e le madri, parlo per esperienza personale, non reagiscono bene quando intervieni col fischietto, per alcuni lasciare un bambino in mezzo al mare non è pericoloso, anche se il bambino non sa nuotare, forse hanno ragione, tanto prima o poi dovrà imparare a cavarsela, meglio cominciare da subito. L. mi ha chiesto se avevo fame, è andato a prendermi un panino con la cotoletta, c’è un chiosco su in passeggiata, non sono male i panini del chiosco, in ogni caso mi sarei mangiato anche un panino di merda, dalla fame che avevo. L. si è acceso una sigaretta. Abbiamo parlato della famiglia di arabi, mentre mangiavo, mi sono sfogato, niente di grave, il bambino è tornato a riva tutto intero, hanno avuto fortuna, bastava un’onda più alta, non ci mettono molto ad affogare i bambini, arabi o meno non fa differenza, bastano due boccate d’acqua, hanno i polmoni piccoli, io sarei finito in galera. Sarà che avevamo parlato di arabi, un concetto non ben definito, con L. quella sera ci siamo trovati a guardare un reel, c’era scritto Non mi sembra più fantascienza Hunger Games, e si vedevano immagini di star del cinema con vestiti firmati, truccati come pagliacci, alternate a immagini di Gaza, fumo nero dai palazzi, cadaveri mutilati, sangue e teste sfondate dalle macerie, qualcuno di quei corpi non aveva più di dieci anni. Poi L. ha scrollato, è partito un reel dei Griffin, non ricordo quale, L. è andato sulla pagina ufficiale griffin.italia, voleva cercare la scena dell’Aragosta Irachena, senza dubbio la scena migliore; l’abbiamo guardata, abbiamo riso; poi L. mi ha salutato, ci siamo stretti la mano e siamo andati a casa.

 


In copertina: Paul Klee, Magia di pesci, 1925


 

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