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Just dropped in – Intervista a Eduardo Savarese x Wojtek (a cura di Annachiara Atzei)

Una casa editrice è una mappa della realtà attraverso la quale il lettore si orienta. Ma è anche un soggetto giuridico che si muove in un mercato globalizzato e dalle evidenti distorsioni. Questi due elementi, che compongono una macchina complessa, trovano il loro punto di congiunzione nell’immaginazione, nel lavoro costante e in un ottimismo incrollabile. Ce lo racconta Eduardo Savarese, co-editore di Wojtek, realtà editoriale napoletana che dal 2018 pubblica testi di narrativa italiana e straniera – oltre alla collana Ostranenie, dedicata alla saggistica letteraria – con l’intento di intercettare nuove visioni e nuovi linguaggi. In questa intervista, Savarese ammette di non amare il termine “avanguardia” e va più a fondo: per lui, oggi, la letteratura ha bisogno di un “discorso veritiero”, che si misuri con la ricerca della forma adatta a dire quel che va detto. E solo se questa forma fa i conti con la verità che la muove può esprimere finalmente qualcosa di autentico e libero. Così, l’universo dei libri può crescere e arricchirsi: se è attento alle sollecitazioni di ciò che accade intorno. Con le scelte fatte, Wojtek si è dimostrata finora curiosa e visionaria. Cos’altro può “finirci dentro”? Teatro? Poesia? Di certo, tutto ciò che ha a che fare con la pura pazzia.

 

Artwork by Horacio Quiroz

 


Roberto Calasso scriveva che una casa editrice è un’opera letteraria in sé, appartenente a un genere specifico. Che ne pensi?

Come non essere d’accordo? Potrei aggiungere che si tratta di un’opera letteraria con vocazione enciclopedica, o di geografia universale, o una summa cartografica per orientare i lettori a mappare la realtà in cui gli capita di nascere, vivere e morire. Però una casa editrice è anche – o almeno, solitamente lo è, a meno che si voglia pensare a strutture nuove – una società di capitali che agisce in un’economia di mercato globalizzato, dove se il prezzo della carta schizza in alto sorgono problemi molto concreti di fattibilità e sostenibilità. Una casa editrice del XXI secolo che voglia ospitare opere letterarie, o principalmente se non esclusivamente testi che ambiscano a contribuire alla letteratura, deve affrontare una realtà economica dura e, specificamente in Italia, distorsioni del mercato rilevante pazzesche (sulle quali desidero ardentemente portare uno focus tecnico-legale molto specifico, magari entro quest’anno…). Tuttavia: come la grande letteratura c’insegna, si possono produrre opere letterarie splendide in condizioni di povertà, ristrettezza, necessità, mancanza di mezzi ecc. Se Calasso ha ragione, come credo abbia ragione, anche una casa editrice-opera letteraria può riuscirci. Ciò necessita di: grande immaginazione, ferma costanza e incrollabile ottimismo.

A proposito di grande immaginazione, ti chiedo quanto conti, nel fare editoria, insieme alla curiosità e all’essere un appassionato lettore. E cos’altro è fondamentale?

Oltre a rimandare il lettore alla risposta che precede, mi limito ad aggiungere una specificazione sulla curiosità: la premessa dell’essere curiosi è mantenere la propria coscienza libera, aperta verso le sollecitazioni del mondo. Non è il mio programma che voglio imporre al mondo, il mio programma nasce dall’ascolto della vita. Quindi direi questo: ci vuole molto rispetto, umile attenzione alla vita, ai processi dinamici della storia del mondo, alle attese meno pronunciabili del cuore umano.

Wojtek è attenta ai nuovi linguaggi e alle nuove storie. Cos’è davvero avanguardia, oggi? E quali sono le narrazioni capaci di decodificare autenticamente e liberamente la realtà o quelle addirittura capaci di anticiparla?

Il termine avanguardia non incontra la mia particolare simpatia. Ad ogni modo, se vogliamo intendere con esso la capacità di elaborare uno sguardo e un linguaggio innovativi, credo che ve ne siano esempi continui, in Italia e nel mondo. Se penso ai romanzi Wojtek di Palomba, Mazzanti, Branca (citati in ordine cronologico d’uscita), so che posso brandirne la prova provata. Ma tu adoperi nella tua bella domanda due aggettivi per me molto significativi: autenticamente e liberamente. Il che mi rimanda alla necessità di ciò che all’ultima edizione del FLIP (Festival della letteratura indipendente di Pomigliano d’Arco) abbiamo convenuto di denominare ‘discorso veritiero’. Il discorso letterario veritiero ha immancabilmente a che fare con la ricerca della forma giusta e necessaria a dire quel che va detto, a enunciare l’enunciato che l’Autore vuole comunicare a lui stesso e agli Altri. Ora questa forma, per dire qualcosa di autentico e di libero, dunque di perfettamente, rigorosamente, inesorabilmente ‘circostanziato’, deve sempre fronteggiare l’istanza di verità (che questa sia soggettiva, relativa, cangiante, incoerente non rileva…) che la muove. Noi, intendo noi occidentali e in special modo noi europei ed italiani, abbiamo molto bisogno di tutto questo, per arginare la totale rovina di un’unità spirituale ed etica da cui proveniamo e che ha dato al mondo la consolazione della bellezza.

“Caro signore, ricevendo noi molte proposte, abbiamo dovuto sviluppare un sesto senso, e così fiutare l’ingegno e le capacità di uno scrittore dal suo tono epistolare. Il suo ci pare non prometta nulla di buono. Per ciò non dia corso all’invio dei manoscritti”: di certo, Pavese, durante la sua collaborazione con Einaudi, non si poneva scrupoli a rifiutare le richieste di pubblicazione. Quante proposte veramente interessanti riceve Wojtek? E ci sono fucine di talenti alle quali attingete? Penso, ad esempio, alle riviste letterarie online…

Di proposte interessanti, in proporzione al numero del nostro catalogo (che annualmente si attesta sulle dieci-dodici pubblicazioni, comprensive di testi tanto italiani quanto stranieri e, talvolta, come nel caso della collana Ostranenie, di – superna – saggistica letteraria), non ne arrivano poche. Intanto occorre sempre avere la fortuna di leggerle per tempo, e questo non sempre accade. Quanto alle fucine, non abbiamo canali privilegiati: certo, autori e autrici possono esserci noti perché scrivono su riviste letterarie online o comunque partecipano ai dibattiti in corso. Poi c’è anche il confronto con le librerie indipendenti che talvolta conoscono lettori-autori di inediti che reputano interessanti per il nostro catalogo. Ci sono poi le scuole di scrittura che talvolta segnalano manoscritti come pure le agenzie letterarie. Insomma, i canali sono i più vari. Direi che una strada interessante che mi piacerebbe sottoporre all’attenzione dei miei co-editori in Wojtek è quella dell’opera su commissione: che siamo noi a proporre opere specifiche a determinati autori. Sto imparando a credere molto nelle occasioni della commissione (a partire da certe esperienze di scrittura personali). Credo che un nuovo patto tra certi editori e certi autori possa nascere anche attorno a questo.

Il titolo di questa rubrica è Just dropped in: a proposito dell’essere visionari, chiudo domandandoti quali altri scenari pensi possano aprirsi per Wojtek. Cosa ancora può “finirci dentro”?

Personalmente, sarei felice che un giorno venissero ad entrarci testi teatrali e testi poetici. In generale, testi sempre più ‘pazzi’. Tu sai che sono un amatore appassionato di teatro lirico: a proposito di una sua opera rivoluzionaria sotto molti aspetti (Salome, 1905), Richard Strauss nelle sue memorie racconta: ‘Cosima Wagner insistette una volta a Berlino che le suonassi singoli brani; dopo la scena finale osservò: «Questa è pura pazzia! Lei è per l’esotico, Siegfried per il popolare!». Bum’. Ecco: vorrei che anno in anno, nel leggere le pubblicazioni di Wojtek, qualche Cosima Wagner esclamasse: ‘Questa è pura pazzia’. Addirittura potremmo fondare una collana PP (Pura Pazzia). Lo proporrò, e grazie per questa intervista che mi ha fatto venire l’idea.

Just dropped in
Intervista a cura di Annachiara Atzei

 


In copertina: Eduardo Savarese fotografato da Riccardo Piccirillo


 

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