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Il demone dell’analogia #88: Treno

«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano».

Mario Praz

 

 


TRENO PER GRANADA IN ATTESA
Siamo arenati tra la frontiera del tramonto e la notte,
Risa e rotaie occhi della luna cieca.
Ormai Madrid è bohémien o sogno
La locomotrice è un animale malato
Pascolando rumori e fumo
L’oscurità trascina dieci vagoni nel silenzio
Finestre specchi di un sorriso di Goya
Seduti sulle ore dell’incertezza.
Dialogo di ore morte
tra nuvole a galoppare verso i monti.
La locomotrice agganciata a un verso di Lope de Vega
A lanciare cavalli morti
Come barricate della guerra civile.
Siamo passeggeri agganciati alla nebbia.
Granada è tra un treno e l’attesa
e un tramonto addormentato dall’attesa.

TREN A GRANADA EN LA ESPERA
Estamos estancados entre la frontera del atardecer y la noche,
Risas y rieles ojos de la luna ciega.
Madrid ya es bohemia o sueño
La locomotora es un animal enfermo
Pastando ruidos y humo
La oscuridad tira diez carros al silencio
Ventanas espejos de una risa de Goya
Sentados en las horas de la incertidumbre.
Diálogo de horas muertas
entre nubes galopando hacia los montes.
Locomotora enganchada a un verso de Lope de Vega
Tirando caballos muertos
Como barricadas de la guerra civil.
Somos pasajeros enganchados en la niebla.
Granada está entre un tren en la espera
y un atardecer dormido de esperar.

Juan Garrido, dal blog Poesia del nostro tempo, traduzione di Antonio Nazzaro

 

 

Che grigiore
Mi alzo
o forse rimbalzo
Salirei su di un treno
uno qualunque
pure scomodo e sporco
con fuori nebbiosi panorami
oppure gli indiani
Sistemerei – fingendo – il bagaglio
tra borse, pacchi e cappotti
Non m’interessa la meta
Milano il Far West chissenefrega
Via via sa di stantio questa tristezza
va abbandonata
in una valigia sfiancata
Salutarla partente
senza mestizia al marciapiede
E tornare tutto alla vita più viscerale
a brulicare a brulicare.

Inedito di Giuseppe Salvatore

 

I treni che mi portano da te
Sono veloci
Non c’è schema enigmistico che mi resista
Le poltrone sono morbide
Come le labbra delle donne
Che ripassano il rossetto
Sporchi vagoni mi riportano a casa
Putride latrine
Facce dure
Vetri luridi rigati
Il biglietto accartocciato
La luce oscena della nostalgia

Inedito di Roberta Lipparini

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